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Sergio Brenna
Milano, città dei balocchi? Come a Firenze la ex Leopolda insegna…
20 Dicembre 2015
Milano
Ecco perché per Milano è stato meglio non approvare un progetto di ulteriore mercificazione e densificazione della città.

Ecco perché per Milano è stato meglio non approvare un progetto di ulteriore mercificazione e densificazione della città. La città invisibile rivista online, n. 33, 20 dicembre 2015
«Le aree ferroviarie sono un’occasione per la riconfigurazione delle città italiane e anche a Firenze c’è in questione il destino di un’area ferroviaria analoga a quella milanese, vicenda analizzata in questo contributo di Sergio Brenna: le ex Officine ferroviarie di Porta a Prato con la ex stazione Leopolda e il nuovo Teatro dell’Opera. Un corredo eccellente per i 54.000 mq che l’Amministrazione Comunale ha lasciato alla “Città dei Balocchi” per grandi ricchi, sottraendo alla città dei cittadini risorse essenziali rappresentate da quelle ex Officine. (rbg)»

La Giunta Pisapia la scorsa settimana ha subìto un imprevisto rovescio con la mancata ratifica in Consiglio comunale dell’Accordo di programma con FS sul riuso degli ex scali ferroviari milanesi, per il voto contrario, oltre quello prevedibile del centro-destra, dei due consiglieri di Sinistra per Pisapia, Rizzo e Sonego, del socialista Biscardini, presidente della commissione urbanistica, e a causa di altre assenze e astensioni persino di alcuni consiglieri PD.

I “renitenti” alla ratifica dell’Accordo nella forma in cui è stato sottoscritto con FS dal Sindaco con l’avallo della Dirigenza del settore Urbanistica sono stati subito bollati come autori di un gesto inconsulto, contrario all’interesse della città e quelli di maggioranza come traditori del programma politico-amministrativo e minacciati di “confino politico” nella prossima campagna elettorale.

Il nuovo assessore all’urbanistica, l’urbanista Balducci, sembra aver assunto un atteggiamento di distacco neutrale sui suoi contenuti, avendoli integralmente ereditati dalle trattative con FS condotte dal precedente assessore e vicesindaco, l’avvocato Lucia De Cesaris, dimessasi improvvisamente nel luglio scorso con motivazioni mai del tutto chiarite.

Il riutilizzo degli scali ferroviari è il primo grande piano di trasformazione urbana gestito direttamente dalla Giunta Pisapia e non ereditato dalle precedenti Giunte Albertini e Moratti, come quelli ex Fiera/Citylife ed ex Centro Direzionale/Porta Nuova. L’Accordo con FS, quindi, dovrebbe costituire il banco di prova della capacità dell’Amministrazione arancione di essere effettivamente in grado di avviare una stagione progettuale in cui il destino della città tutta venga finalmente posto al centro della strategia politica, fuori dall’orgia di vanagloria che, nel suo “piccolo”, ha saputo essere la stagione di Expo (poiché i problemi dell’alimentazione mondiale richiedono ben diverso e più duraturo impegno per essere avviati a soluzione).

Perché, dunque, è stato invece un bene per la città non aver ratificato in quella forma l’Accordo di Programma con FS e perché i consiglieri di maggioranza che vi si sono opposti andrebbero ringraziati?

Perché la ratifica di quell’Accordo così come sottoscritto dal Sindaco e avallato dalla Dirigenza dell’Ufficio Grandi Progetti Urbani (che – voglio ricordarlo – è la stessa che ha contribuito a definire gli sciagurati piani di riutilizzo di ex Fiera/Citylife e dell’ex Centro Direzionale/Porta Nuova) produrrebbe gli stessi effetti di densità abitativa di questi precedenti, così tenacemente voluti dalle Giunte Albertini/Lupi e Moratti/Masseroli e subìti nella loro attuazione da quella Pisapia/De Cesaris.

Attuazioni di cui oggi, tuttavia, la stessa Giunta Pisapia si fa vanto come modello di una Milano in rilancio grazie ad una “metrolife style” (shopping e happy hour in un ambiente di pareti specchiate, luci e colori, fontane zampillanti, piazze più che altro simili a studi televisivi, ecc.) di facile gradimento per stili di vita ritenuti emergenti e modello riproponibile per la Milano del futuro nelle ancor più ampie trasformazioni urbane quali gli ex scali ferroviari e le ex caserme.

Insomma, nemmeno più solo un quartiere dei divertimenti – come in uso in alcune metropoli occidentali – ma l’intera Milano come una Città dei Balocchi, magari sotto l’egida bi-partisan del “conducator” di Expo, Beppe Sala.

Ciascuno è libero di valutare se è questo è lo stile di vita che gradisce veder realizzato per la Milano futura, ma certo è bene poi assumersene la responsabilità.

Si possono risolvere queste incongruenze? Certamente! rimodulando le quantità edificabili e la ripartizione tra spazi pubblici territoriali e di quartiere o avviando meccanismi “perequativi” con altre grandi proprietà. Non sto a entrare nei dettagli tecnici che ho già esposto più ampiamente altrove: lo si può fare anche abbastanza celermente, soprattutto se le fasi progettuali successive non verranno “delegate” totalmente alle scelte della proprietà, ma tenute direttamente sotto controllo pubblico tramite una Società di Trasformazione Urbana, che sappia massimizzarne l’utilità collettiva (edilizia sociale e in affitto, spazi associativi ecc.) e la forma urbana voluta.

Invece, voler riproporre subito una nuova ratifica dell’accordo tal quale, come sta facendo la Giunta Pisapia, è un atto di protervia con cui si vuole precettare il Consiglio comunale. Quasi a voler dire: se l’hanno già firmato il Sindaco e la Dirigenza, come si permette il Consiglio comunale di intromettersi?

Non è davvero un bel clima per questa Giunta: mi pare ricordi troppo quello vissuto all’epoca di quelle Albertini e Moratti, che Pisapia col Movimento arancione aveva promesso di cancellare.

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