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Massimo Minnella
Milano avrà il suo porto ecco il progetto "Mi Nova" una sola città con Genova
6 Dicembre 2010
Padania
Guai all’orizzonte per il fronte orientale del mitico triangolo territoriale di sviluppo GeMiTo? La Repubblica, 6 dicembre 2010 dà più di qualche indizio; con postilla (f.b.)

GENOVA - Si chiama "Mi Nova" e anche se sembra rimandare al nome di una stella è il più terrestre dei progetti. Il suo obiettivo è rivoluzionare il Nord ovest del Paese sfruttando le peculiarità geografiche dei territori coinvolti, il mare di Genova e la pianura padana che ha in Milano il suo baricentro, unite da un collegamento ferroviario ad alta velocità per far correre merci e passeggeri. "Mi Nova", infatti, è il prodotto della fusione fra Milano e Genova. Fusione non solo lessicale, ma economica e commerciale, e, in ultima ipotesi, anche amministrativa, se gli enti locali ne condivideranno l’operazione. A firmare il progetto Mi Nova è il presidente dell’autorità portuale di Genova, Luigi Merlo, a capo del primo scalo d’Italia (e secondo del Mediterraneo).

«Sono un uomo delle istituzioni, valuto con molta attenzione le implicazioni che possono arrivare da un’operazione di questo tipo - spiega Merlo a "Repubblica" - Ma ritengo che oggi ci siano tutte le condizioni per arrivare a una vera integrazione fra le due città, Milano e Genova, unite da interessi comuni e in grado di rappresentare, insieme, una grande realtà fatta di eccellenze e di peculiarità. Da tempo verifico con gli amministratori e i rappresentanti economici della Lombardia una sintonia sempre più forte sui progetti infrastrutturali e logistici che coinvolgono il porto di Genova. A questo punto ritengo che ci siano tutte le condizioni per fare un salto di qualità».

Il modello delle aggregazioni in chiave portuale si sta ormai affermando a livello internazionale. Non a caso, la Francia sta ipotizzando la "trasformazione" di Parigi in città portuale attraverso la creazione di un canale navigabile fino al porto di Le Havre, sul Mare del Nord. Mi Nova si muoverebbe sulla stessa scia, con un obiettivo temporale molto ravvicinato, vale a dire l’Expò 2015 di Milano. Le basi per un’integrazione sempre più spinta fra Genova e Milano, comunque, ci sono già. Basti pensare che gran parte della merce che ogni anno lascia la "Regione Logistica Milanese" (Milano e il suo hinterland) per l’estero utilizza il mare come suo mezzo di trasporto. Su 48 milioni di tonnellate di export di merce "milanese", 38 prendono la rotta del mare e 33 scelgono il porto di Genova. Da Genova a Milano, e ritorno, si spostano oltre un milione di container ogni anno. È come se il capoluogo lombardo, ogni giorno, producesse merce per riempire dodici grandi navi portacontainer. Oggi il porto viaggia al di sotto dei due milioni di container. Cifra che potrebbe triplicare, o quadruplicare con nuove infrastrutture (6-8 milioni).

La chiave di volta dell’operazione è infatti rappresentato dal collegamento ad alta velocità del "Terzo Valico dei Giovi", atteso da più di vent’anni e che, per la prima volta nelle scorse settimane, ha ricevuto il via libera dal Cipe con un finanziamento di oltre 700 milioni di euro. L’opera costa oltre sei miliardi di euro, ma l’impegno di questo governo, e di quelli che dovrebbero succedergli, è di sostenerne la realizzazione fino alla fine, prevista fra otto anni e quattro mesi. In parallelo dovrebbero proseguire i progetti di crescita infrastrutturale del porto di Genova, costo tre miliardi. Così, solo dal fronte mare, Mi Nova potrebbe muovere dieci miliardi di euro.

«È necessario creare le condizioni perché Genova e Milano diano vita a una vera e propria macrocittà, unita da un collegamento ferroviario veloce che è poi il primo anello della tratta internazionale Genova-Rotterdam - precisa Merlo - Mi Nova sarebbe la macrocittà del mare del Nord Italia». Una potenza economica e finanziaria che già oggi vale un fatturato di due miliardi e mezzo di euro (generati dai movimenti in entrata e in uscita dalla merce milanese nel porto di Genova) e che anche in chiave federalista rappresenterebbe una risposta alla voglia di affermazione dei territori. Non sfugge, infatti, al presidente Merlo, ex assessore ai Trasporti della Regione Liguria e uomo del Pd, che un progetto di questo tipo può anche avere una forte connotazione politica. «Più che di rottamatori, questo Paese avrebbe bisogno di ricostruttori - chiude il presidente dell’authority genovese - Credo che anche da un progetto come questo ci possano essere le condizioni per dare centralità, in chiave internazionale, all’economia del Nord del Paese».

postilla

anche se non ci si adegua al vecchio adagio andreottiano, del pensare male per indovinare, basta scorrere l’articolo per intuire che qualcosa proprio non va. La fascia meridionale della megalopoli padana è davvero una selvaggia prateria da occupare militarmente, col cavallo d’acciaio, i Buffalo Bill per sbrigare sbrigativamente le faccenduole locali, e dulcis in fundo un bel progetto autoritario di riorganizzazione amministrativa modellato su infrastrutture e flussi di merci?

Non basta il recente disastro sull’asse A4/TAV di alta e media pianura, con le costellazioni di scatoloni nati vuoti, di svincoli e cavalcavia a servizio esclusivo di arrancanti trattori più qualche disperata in abitino fluorescente?

Avevano ragione, quei grossi papaveri della stronzaggine nazionale, a liquidare a cavallo fra gli anni ’60 e ’70 come Libro dei Sogni il tentativo di programmare in qualche modo i grandi sviluppi territoriali! Loro si regolano perfettamente da soli, altro che grandi progetti, politica, democrazia, piani territoriali. Al massimo, quelli vengono dopo, magari cooptando qualche accademico carrierista di bocca buona. Per i superstiti, naturalmente (f.b.)

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