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Enrico Arosio
Milano 2030: la città oltre l'Expo
17 Luglio 2009
Milano
Una sintetica ma efficace rassegna degli aspetti positivi del nuovo PgT, ahimè già messi in forse dall’approvato Piano Casa regionale. L’Espresso, 16 luglio 2009 (f.b.)

Un Comune cresciuto di 300 mila abitanti, fino a 1,6 milioni, senza ulteriore consumo di suolo. Non più tre, non più cinque, ma ben dieci linee di metropolitana. Un sistema di otto Raggi verdi ciclopedonali per raggiungere l'anello dei parchi periurbani. Venticinque diverse aree in trasformazione, tra spazi residuali, ex fabbriche, ex caserme, ex stazioni ferroviarie. Concentrazione di tribù creative e giovanili tra Porta Genova e i Navigli. Il ritorno dell'attività agricola dentro ai confini comunali, visione adattata al XXI secolo di un romanticismo alla Carlo Porta, quando nei salotti si parlava dei bachi da seta oltre che degli austriaci da cacciare. Un libro dei sogni per Milano?

Detto così, non è difficile far dell'ironia: la città oggi è dinamica, benestante, colta ma inquinata, trafficata, insalubre, punitiva per giovani e poveri, sempre meno ospitale verso gli stranieri e gestita da una giunta Moratti politicamente poco compatta e claudicante tra i ritardi e i black out informativi sull'Expo 2015, la presunta panacea di tutti i mali. No, gli esempi anzidetti non riguardano la città di oggi. Riguardano la Milano del 2030. Sono alcune delle linee strategiche contenute nel nuovo Pgt, il Piano di governo del territorio. Uno strumento urbanistico lungamente atteso (era dal 1980, 29 anni fa, che la città non varava un Piano regolatore, e a dirla tutta quello era una "variante generale" al Piano del 1953) e non ancora noto all'opinione pubblica. Perché ne parliamo su "L'espresso"? Per tre motivi: perché Milano interessa tutti noi, essendo il principale collante tra l'Italia e l'Europa (nel dubbio attaccarsi alle Alpi, raccomandava Ugo La Malfa), con una massa critica economica, creativa e di ricerca tuttora senza pari nel Paese; perché la giunta Moratti, dopo il primo confronto, si appresta a lanciare (previo dibattito consiliare e un'auspicata discussione pubblica) un documento d'indirizzo che individua le linee di sviluppo di Milano nei prossimi vent'anni; perché, infine, abbiamo avuto modo di conoscere la parte progettuale del Pgt, il cosiddetto documento di piano, prima della presentazione ufficiale.

Anche se di questo si è iniziato a discutere in un paio d'occasioni: a giugno all'Urban Center, su Milano e Parigi a confronto, e ai primi di luglio in un incontro che ha visto insieme, in spirito dialogante, la Fondazione per la sussidiarietà e la Fondazione Italianieuropei, l'assessore allo Sviluppo del territorio Carlo Masseroli, l'onorevole Maurizio Lupi per il governo e il democratico Carlo Cerami per l'opposizione. Il documento di piano è stato realizzato, su input dell'assessorato, da un gruppo di professionisti giovani e di esperienza internazionale, lo studio Metrogramma (architetti Andrea Boschetti e Alberto Francini) in coordinamento con l'Ufficio del Piano del Comune.

CRESCITA SOTTO CONTROLLO

Di quale Milano parliamo? Della città amministrativa: oggi 1,3 milioni di abitanti. Non ancora della città metropolitana, o Grande Milano, che a seconda degli studi comprende da 3,5 a 6 milioni di persone. La Milano di oggi è una città di pendolari e city users, in cui ogni mattina entrano 650 mila automobili. Ha una densità di oltre 7 mila abitanti al chilometro quadrato, tre volte e mezzo quella di Roma (ma la metà di Barcellona). Ospita 180 mila stranieri residenti (30 mila i soli filippini), ma nello scorso decennio ben 230 mila abitanti se ne sono andati nell'hinterland o altrove, la gran parte giovani e persone nel pieno dell'età produttiva.

Nel Pgt si conferma l'indirizzo della città attrattiva, che vuole riprendere a crescere dopo il calo demografico iniziato nel 1975, che è uno dei punti fermi della linea Moratti-Masseroli. Crescere, sì, ma come? Cementificare (come recita la vulgata d'opposizione) o densificare (come vuole il galateo dell'urbanistica internazionale)? Boschetti e Metrogramma ragionano su un'ipotesi di crescita consistente (seppure inferiore alla recente sparata dell'assessore Masseroli sui 700 mila abitanti in più grazie agli accresciuti indici di edificabilità): oggi i milanesi sono 1,3 milioni; l'obietivo è portarli a 1,6 in vent'anni. Alzando gli indici di edificabilità, ma senza ulteriore consumo di suolo: il consumo è oggi al 73 per cento del territorio; si vuole addidittura scendere, al 65. Può sembrare un paradosso: come si fa a ridurre il consumo di suolo se gli abitanti crescono? Vediamo.

SOTTO UN'ATTENTA REGIA

Il Pgt parla di riqualificazione. È come se la città fosse stata concettualmente divisa in una mappa di pieni e di vuoti, e si sia analizzato come dare nuovo senso ai vuoti (spazi residuali, aree in dismissione: industriali, ferroviarie, militari) senza costruire, allargandosi in orizzontale, come si è fatto finora. È chiaro che gli appetiti dei privati (a Milano i protagonisti sono noti e potenti: da Hines a Ligresti, da Cabassi alle Coop) spingono verso la deregulation.

Il Pgt è anche una camera di compensazione. Dà spazio ai privati, che hanno il capitale, ancorché risicato, ma mantiene una regia. Costruire non sarà solo, come vuole certa demagogia "di sinistra" o " di quartiere", l'arrembaggio del cemento, alias grattacieli e centri commerciali, argomento debole in tempi di perdurante recessione. L'intento è di riprogrammare Milano, come si esprime Boschetti, secondo una "dorsale continua e permeabile di città pubblica". In parole semplici, a Milano urge promuovere e riqualificare spazi civici, piazze, zone pedonali, parchi, boulevard alberati, piste ciclabili.

25 AREE STRATEGICHE

La Milano verso il 2030 si dovrebbe organizzare per aree di trasformazione urbana (la piantina è a pag. 57). Sono circa 25 aree, collegate da sei o sette cosiddetti epicentri che ne diffondano gli effetti in forma di servizi ai cittadini. La rinascita dello spazio pubblico in senso reticolare è un modello tipicamente europeo di questi anni: si pensi a Londra, Berlino, Barcellona, Lione, Rotterdam. L'esatto contrario, si può dire, del modello Dubai (che forse ispira alcuni dei grandi operatori immobiliari), basato su landmark architettonici, edifici simbolo di valenza promozionale. Di queste aree strategiche alcune sono già in trasformazione oggi ( Bovisa, Farini, Lambrate, Rogoredo) altre sono zone di sviluppo futuro, come l'Expo al confine con Rho, o San Siro, o le stazioni di Cadorna e Porta Genova.

Aree di trasformazione saranno le vecchie caserme (un solo esempio: nella caserma di via Mascheroni si trasferirà l'Accademia di Brera), ma anche il carcere di San Vittore. E chissà se traslocherà il Palazzo di Giustizia. Questo modello organizzato per reti di servizi potrebbe seguire anche vocazioni specifiche. Ricerca e università alla Bovisa; sport e spettacolo a San Siro; università a Città Studi-Lambrate; creatività giovanile a Porta Genova-Navigli.

Contemporaneamente il Piano ragiona in piccolo, sulla scala locale. Con i cosiddetti Nil, Nuclei di identità locale. C'è una mappa che mostra Milano come un tessuto maculato: 88 macchie, 88 quartieri da promuovere, arricchire di funzioni in una logica di prossimità. Perché si sa: c'è la città veloce, degli assi di attraversamento, e la città lenta, di piazze, quartieri storici, zone pedonali, dove ancora - è l'umanesimo italiano - ci si parla, ci si conosce, ci si aiuta.

COME MUOVERSI

Tema drammatico, per i milanesi. Oggi, oltre all'Ecopass (da migliorare), il Comune ha implementato gli ecobus e le tre linee di metrò, 75 chilometri attualmente, con indici di utilizzo crescenti (buona prova della gestione Moratti). Ma la nuova metropolitana M5 è a inizio cantiere, la M4 ai nastri di partenza ma solo in parte finanziata, la M6 persa nelle nebbie dell'Expo (cattiva prova). Lo scoop del Pgt è di quelli davvero onirici, in un Paese dal debito pubblico stellare: prevede sino a dieci linee di metrò in totale, le nuove in prevalenza radiali o tangenziali rispetto al centro. La seconda novità è la previsione di una rete ferroviaria circolare, una sorta di Circle line il cui tratto a ovest andrebbe chiuso con una metrotramvia, e una decina di nuove stazioni urbane. La terza, due nuovi assi attrezzati a sviluppo est-ovest: uno settentrionale, l'Interquartiere, dall'Expo all'ospedale San Raffaele; e uno meridionale, la Ronda del parco, da San Cristoforo a Santa Giulia-Rogoredo, tangente al Parco Sud.

FRA RAGGI E ANELLI VERDI

Se c'è una questione, diversamente da certi interventi di real estate pesante (vedi City Life), dove c'è maggior consenso tra maggioranza e opposizione, è il tema del verde. Sinistra e ambientalisti da tempo lanciano l'allarme sulle mire cementizie intorno al Parco Sud. Ma sull'idea di un Anello verde (i parchi periurbani) o sugli otto Raggi verdi, proposti da diversi soggetti, tra cui gli urbanisti del Politecnico e professionisti come Andreas Kipar o Stefano Boeri, il consenso è diffuso.

I Raggi verdi sono percorsi prevalentemente alberati per pedoni e ciclisti che dalla cerchia dei Bastioni si irradiano sino ai parchi di cintura. In tutto, il Pgt ipotizza sino a 250 chilometri di piste ciclabili, oggi un sogno, domani chissà. Nei quadranti sud e ovest il sistema dei parchi attende solo di essere sviluppato e collegato, altrove sarà lotta dura con proprietari e speculatori. Il Pgt, come peraltro lo schema individuato dal comitato di architetti dell'Expo, da Slow Food, dalle associazioni ambientaliste e agricole, vuole favorire il ritorno dell'attività agroalimentare nel Sud Milano. Il Comune e la Provincia, a prescindere dall'assai reclamizzata iniziativa a favore del verde di Claudio Abbado, hanno già iniziato a piantare decine di migliaia di alberi.

15 GRANDI PROGETTI PUBBLICI

Il Pgt è uno strumento nato da una legge regionale, la 12/2005 della Regione Lombardia. Ovviamente non contiene alcuna indicazione su chi debba costruire cosa. Tuttavia si ipotizzano 15 grandi progetti di interesse pubblico, indipendentemente dalle risorse finanziarie disponibili. Ne anticipiamo alcuni: la Passeggiata urbana dei Bastioni; la Circle line del ferro (citata sopra); il West park dell'intrattenimento tra Boscoincittà, Cave, Trenno e San Siro; il Filo rosso dei parchi periurbani, 72 chilometri ciclabili a sviluppo circolare collegati con i Raggi verdi. Oggi, anche soltanto un paio di queste idee ci sembrano, come si diceva, da libro dei sogni. Ma di qui al 2030, avendo a disposizione uno strumento forte, non ideologico, il più possibile condiviso tra diverse aree politiche, perché impedirci di sperare? La città di Ambrogio, con sette università e 180 mila studenti, è un laboratorio di idee assai vivace. Fatica a diventare politica e a tradursi in opere, è vero. Ma una Milano più europea può tornare a ispirare la parte moderna e viva dell'Italia.

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