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Marco Patucchi
Metropoli senza auto
21 Dicembre 2010
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Qualunque questione si affronti, emerge il ritardo dell’Italia rispetto al resto dell’Europa nel generalizzare le innovazioni positive per il benessere dei cittadini- La Repubblica, 20 dicembre 2010

In Europa nascono interi quartieri dove la macchina è vietata. Ma le città italiane segnano il passo, 30 anni dopo la prima isola pedonale



A ricordarlo o raccontarlo oggi c´è da non crederci. Eppure era così. Piazza Navona a Roma, Piazza del Duomo a Milano, Piazza del Plebiscito a Napoli... Trent´anni fa chi si fosse affacciato dalla finestra su una di queste icone del nostro Paese, avrebbe "ammirato" un tappeto di automobili in movimento o parcheggiate. Uno sfregio di lamiera a scenografie antiche, medievali, rinascimentali, barocche, che si ripeteva immutabile nei centri storici di ogni città italiana. Piccola o grande che fosse.

Poi, il 30 dicembre del 1980, la svolta. La giunta comunale di Roma guidata dal sindaco Luigi Petroselli, approvò la norma che avrebbe cambiato profilo al volto urbano del nostro Paese: il nuovo assetto dei Fori Imperiali con il divieto di circolazione delle auto a ridosso del Colosseo. "Partiamo in questa operazione da una situazione di emergenza dovuta ai gas di scarico degli automezzi e alle vibrazioni causate dal traffico", spiegò Petroselli con parole che ancora calzerebbero a pennello per un sindaco dei nostri giorni. Era la prima isola pedonale nella storia d´Italia e da quel giorno, anche se a gran fatica per l´iniziale opposizione delle lobby dei commercianti, la cultura delle aree libere dal traffico si sarebbe diffusa nel resto del Paese. Ultimo tassello in ordine di tempo, la pedonalizzazione nell´ottobre dello scorso anno di Piazza Duomo a Firenze. Un quadro confortante ma che, come vedremo, ci vede in abbondante ritardo sul resto d´Europa, dove ormai non si parla più di isole pedonali ma direttamente di interi quartieri "carfree". Una rivoluzione culturale impensabile per un Paese, come il nostro, dove il 30,8% degli spostamenti motorizzati avviene su tragitti inferiori a due chilometri.

Oggi in Italia - secondo i dati di "La città ai nostri piedi", un rapporto realizzato da Legambiente e Aci (Automobile club d´Italia) in occasione, appunto, del trentennale della prima isola pedonale - ogni 100 abitanti ci sono una media di 34 metri quadrati di zone interdette al traffico motorizzato (Venezia, naturalmente, insieme a Verbania, Cremona e Terni sono i centri in testa alla graduatoria con più di 100 metri quadrati ogni 100 abitanti, mentre in coda troviamo un drappello di città - da Agrigento a Ascoli Piceno, da Caserta a Rovigo - dove le isole pedonali non esistono). Nel complesso, i capoluoghi di provincia che adottano le isole pedonali sono 93, con effetti positivi ormai indiscutibili: riduzione del livello di smog e rumore, aumento degli utenti del trasporto pubblico, migliori tutela dei monumenti e valorizzazione turistica, aumento della vivibilità e della sicurezza sia stradale che generale, rivalutazione del mercato immobiliare. E, soprattutto considerando le iniziali perplessità dei negozianti, l´innalzamento del volume d´affari delle attività commerciali non inferiore al 20%.

Ma i trent´anni di isole pedonali in Italia impallidiscono davanti ai quasi sessanta dell´Olanda, apripista europea con la chiusura al traffico nel 1953 di Lijnbaan, principale distretto commerciale di Rotterdam. Oltre mezzo secolo di cultura del pedone che da qualche anno si è trasformata in qualcosa di diverso e di più ambizioso: la creazione di interi quartieri completamente liberi dal traffico dei mezzi motorizzati.

Come a Vienna, dove c´è l´esperienza consolidata dell´Autofrei Siedlung di Nordmanngasse, un´area residenziale a circa 8 chilometri dal centro servita in modo perfetto dai mezzi pubblici: le circa 600 famiglie che abitano lì, al momento della firma del contratto si sono impegnate a non possedere un´auto propria, scegliendo così per gli spostamenti quotidiani i mezzi pubblici, la bicicletta o i piedi. "Il denaro e lo spazio risparmiato grazie alla mancata costruzione dei parcheggi sottolinea il rapporto di Legambiente possono essere investiti in migliore qualità residenziale, spazi verdi, servizi collettivi". E dopo Nordmanngasse è già in progettazione una replica, Bike City, con 3.400 persone che hanno già prenotato un appartamento. Tornando in Olanda, anche Amsterdam ha il suo quartiere carfree: GWL Terrein, realizzato negli anni Novanta su un´area di 6 ettari che in precedenza era occupata da un grande impianto di trattamento dell´acqua. A GWL Terrain vivono circa mille persone e tra un edificio e l´altro ci sono soltanto sentieri, piste ciclabili e prati. L´accesso è consentito esclusivamente ai mezzi d´emergenza, mentre per disincentivare l´uso dell´auto i parcheggi edificati a ridosso del quartiere possono contenere non più di 135 mezzi. E´ attivo un servizio di car sharing (auto in multiproprietà) utilizzato dal 10% degli abitanti e gli altri preferiscono la vasta rete di piste ciclabili e le linee tramviarie intorno al quartiere.

Dall´Olanda alla Scozia. L´insediamento di Slateford Green, a Edimburgo, è sorto su una zona precedentemente occupata dalla ferrovia: 251 appartamenti senza un solo posto auto privato. Anche in questo caso esistono servizi di trasporto pubblico efficientissimi, il car sharing e scuole facilmente raggiungibili a piedi. Risultato: solo il 12% delle famiglie possiede un´auto, parcheggiabile naturalmente soltanto fuori dal quartiere. Indicativo per l´intero fenomeno delle città carfree, uno studio condotto a Slateford Green dall´Università del Canada ha rivelato che la gran parte dei residenti ha rinunciato all´auto non tanto per una scelta ambientalista o di responsabilità civile, quanto piuttosto per convenienza economica e per necessità.

Rimanendo in Gran Bretagna, anche Londra ha il suo quartiere libero da auto. Si chiama BedZed (BedZed (Beddington Zero Energy Development) ed è autosufficiente dal punto di vista energetico e a bilancio zero in fatto di emissioni di anidrite carbonica. Un centinaio di case, 3000 metri quadrati di uffici, negozi e impianti sportivi, un centro medico-sociale e un asilo nido: per scoraggiare l´uso delle auto, è stato promosso lo shopping online e messo a disposizione degli abitanti un parco di mezzi gestito in car sharing e car pooling (utilizzo della vettura da parte di un minimo di tre persone). Disponibile, inoltre, una piccola flotta di scooter elettrici per gli spostamenti più brevi.

In Germania, a 3 chilometri da Friburgo (città che adottò le isole pedonali già negli anni Settanta), a partire dal 1998 si sta sviluppando quello che potrebbe diventare l´insediamento carfree più grande d´Europa, con circa 6000 abitanti e 2000 edifici. Piste ciclabili, spazio limitato per i posti auto, bus e ferrovia leggera efficienti: uno schema che a Vauban è partito dal basso, ovvero dall´associazione di cittadini "Forum Vauban" che ha partecipato a tutti i progetti di edificazione del quartiere. Tra le idee realizzate, il pagamento di una tassa a parte per chi sceglie di possedere un´auto, con il gettito destinato alla costruzione e alla gestione dei parcheggi. Una zona carfree che in Germania esiste anche a Kronsberg, nel distretto di Hannover, dove si è sfruttata l´occasione dell´Expo del 2000 per minimizzare il fabbisogno di mobilità motorizzata.

E in questo elenco non poteva mancare la Svezia. A Malmö, il nuovo quartiere residenziale di Augustenborg ha puntato esclusivamente su vie pedonali, piste ciclabili e mezzi pubblici. Così, solo il 20% delle famiglie possiede un´automobile, rispetto alla media comunque bassa dell´intera Malmö (35%); l´80% delle strade ha un limite di velocità fissato a 30 chilometri orari; il 40% degli spostamenti casa-lavoro avviene in bici; gli autobus sono alimentati a gas naturale o biogas; la rete dei tram è molto estesa; funziona un servizio di car sharing molto efficiente.

Una rassegna di chimere se si pensa alle città italiane nelle quali probabilmente non basteranno altri trent´anni per approdare ai quartieri carfree. Legambiente e Aci, in un´inedita alleanza tra ambientalisti e automobilisti, provano comunque a guardare avanti con una serie di proposte alle amministrazioni locali e al governo: un´authority nazionale che coordini programmazione e interventi sul territorio; una legge quadro che introduca criteri generali per la realizzazione dei nuovi quartieri nelle città; un´altra norma quadro che fissi criteri uniformi per i provvedimenti di ogni Comune in tema di limiti alla circolazione delle auto; l´introduzione del pedaggio per l´accesso nei centri urbani; investimenti per rendere più efficienti e meno inquinanti i trasporti pubblici locali; pagamento del bollo auto in rapporto ai livelli di emissione e alla dimensione; incentivi al car sharing e al car pooling.

La palla, dunque, passa a esecutivo, sindaci e governatori. Intanto le isole pedonali continueranno la loro lotta di resistenza quotidiana contro l´assedio dell´esercito motorizzato.

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