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Giuseppe D?Avanzo
Messaggio all'Italia. Nessuno è al sicuro
17 Agosto 2005
Articoli del 2004
"Una buona, prima iniziativa" definisce l'autore (su la Repubblica dell'8 settembre 2004) la maggiore coesione tra maggioranza e opposizione. Si, aggiungo, se la decisione è andarsene dall'Iraq.

GEORGE W. Bush pensa che quel che accade oggi in Iraq sia il frutto di «un catastrofico successo». Chi lo ha visto alla Nbc sa che il presidente Usa ammette di «non credere che questa guerra contro il terrorismo possa essere vinta». Chi ha letto ieri, su queste pagine, Paul Krugman sa che i più seri analisti che si occupano di sicurezza hanno iniziato ad ammettere che «l´obiettivo di un Iraq democratico è ormai fuori portata» perché bisogna prendere in considerazione la possibilità che «potrebbe non esserci soluzione alcuna per il problema iracheno», a meno che (e «sarebbe un successo al 50%») non si faccia salire sul carro del nuovo Iraq il vecchio Iraq saddamita del Baath, i religiosi dalla linea dura, i movimenti etnici e le rancorose sette...

Se si stringe l´obiettivo soltanto sul sequestro di Simona Torretta e Simona Pari e non si allarga lo sguardo a quel paese e a quel popolo che, con coraggio e generosità, le due volontarie di "Un ponte per..." volevano aiutare, non si può comprendere che cosa è accaduto e perché. Soprattutto non si potranno, da oggi, muovere le cose per interrompere l´incubo in cui le due "cooperanti" sono state precipitate.

Del sequestro si sa poco o nulla. Né le modalità della cattura aiutano, per il momento, a capire. Dieci o dodici uomini, camuffati - pare - con uniformi dell´esercito regolare. Negli uffici dell´ong entrano in cinque. Azione rapida e mirata: i rapitori sapevano dove andare e chi aggredire. Chiedono i nomi dei presenti. Discutono tra loro. Scelgono le vittime. Chi ha organizzato il sequestro le conosce. Il luogo del sequestro «non dice nulla». E´ il centro di Bagdad, piazza Andalus, non il territorio di questa o quella fazione religiosa, di questo o quel gruppo terroristico. Con questi elementi, nessuno - in Italia - azzarda al momento una risposta alla domanda: è un azione del terrorismo politico o l´impresa di predoni a caccia di soldi facili? Allo stato delle cose - ti spiegano - può essere l´una o l´altra cosa e anche, insieme, l´una e l´altra. I predoni possono aver sequestrato obiettivi indifesi per venderli al miglior offerente, sia esso ambasciata o un gruppo terroristico.

Fonti arabe, pur con cautela, temono invece il peggio. Perché - ragionano - non ti imbatti per caso in donne che lavorano per un´organizzazione non governativa presente a Bagdad da dieci anni. Se vai a rapirle, hai un piano lucido. L´obiettivo è naturalmente il governo italiano, "anello debole" della coalizione anglo-americana. Ma, con l´Italia, anche il popolo iracheno e il capo del governo provvisorio Iyad Allawi, che le squadre del terrore islamico vogliono isolato, sempre più nelle braccia degli Stati Uniti, quindi del "nemico".

Il ragionamento è chiaro, anche se orribile: i terroristi, sequestrando "cooperanti" conosciuti e apprezzati a Bagdad, vogliono dire agli iracheni che nessun occidentale - nessuno, anche il migliore e più antico amico del popolo iracheno - sarà risparmiato dalla minaccia di una furia assassina. Chi collabora a qualsiasi titolo per il nuovo Iraq, per la sua ricostruzione - sia camionista, imprenditore, giornalista, cameriere, volontario in un impegno umanitario - rischia la morte. È questo il terribile messaggio del sequestro di Simona Torretta e Simona Pari. E´ un messaggio che già si poteva leggere nell´esecuzione dei dodici, umilissimi lavoratori nepalesi uccisi alla fine di un sequestro che non ha registrato nessuna richiesta, nessun proclama, nessun abbozzo di trattativa. Nulla. Morte e basta. Orrore e basta.

E´ con questo cieco, feroce, caotico, assoluto terrorismo che dobbiamo fare i conti. Qualcuno in Italia se ne meraviglia, a uso delle mediocri chiacchiere del cortile nazionale. Sono gli stessi che hanno voluto e appoggiato l´intervento italiano per combattere il terrorismo. Ora scoprono che in Iraq c´è il terrorismo e noi ne possiamo essere vittime. Urlano dunque di sdegno dimenticando di aver sostenuto che, se il terrorismo era il problema, l´invasione dell´Iraq sarebbe stata la soluzione.

Purtroppo, il calcolo era sbagliato e l´Iraq è oggi un problema che potenzia e incrudelisce, ogni oltre cupa previsione, il problema che si voleva risolvere per sempre. Se si sottrae il sequestro di Simona Torretta e Simona Pari dalla cornice in cui è avvenuto non si comprende il loro dramma, non ci si prepara a risolverlo, non ci si attrezza per evitare che quel che accade oggi a loro - e ieri a Quattrocchi, Stefio, Cupertino, Agliana e Baldoni - si ripeta.

Oggi l´Iraq, come sempre accade negli "Stati falliti", è un buco nero che si allarga attraversato da terroristi, trafficanti, criminali, mercenari, predoni che vi trovano quel che serve. Armi, basi operative, reclute, occasioni di arricchimento, opportunità di azione e visibilità politica. Bush lo ha ammesso al termine di una guerra sbagliata e irragionevole: non ho pianificato a dovere la pacificazione. Nessuno può rimediare facilmente a questo catastrofico errore senza mutare radicalmente uomini e strategie. Purtroppo, non c´è nessun segno concreto e volontà credibile di un´azione che possa far fronte al fallimento dell´Iraq. L´idea stessa di una ricostruzione del Paese è macerie. Sono fallite le operazioni per creare condizioni di sicurezza necessarie a negoziare la risoluzione del conflitto (funzione militare). Non si soccorre la popolazione (funzione umanitaria). Non si promuove la riconciliazione nazionale (funzione sociale). Appare destinata sempre più al fallimento la nascita di un governo legittimo in grado di funzionare (funzione politica). Sotto queste macerie sono finite ieri Simona Torretta e Simona Pari. Per estrarle incolumi da laggiù, bisognerà chiedersi per quale ragione noi italiani siamo in Iraq. La convocazione dell´opposizione a Palazzo Chigi, quindi una maggiore coesione del quadro politico nazionale, inedita fino a oggi e quasi fotografia di quel che è accaduto in una Francia incupita dal sequestro dei suoi giornalisti, sembra una buona, prima iniziativa.

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