«». La Repubblica, 19 dicembre 2016 (c.m.c.)
L’immigrazione è un capitolo centrale dello “spettacolo della vita”, che scorre sugli schermi e sulle pagine dei media. Ogni giorno, senza soluzione di continuità. Riflesso di un’emergenza infinita, visto che i flussi di migranti non finiscono mai. Mentre gli sbarchi proseguono. E il fondo del mare intorno a noi si è trasformato in un cimitero sommerso. Gli immigrati e l’immigrazione hanno “invaso” anche i media. Lo conferma il IV Rapporto curato da “Carta di Roma”.
Visto che la frequenza degli articoli e dei titoli sull’argomento, nel 2016, è aumentata di oltre il 10%, rispetto al 2015. Quando si era osservata la crescita più significativa dall’avvio di questo Osservatorio. Nell’ultimo anno, i servizi dedicati all’argomento nei telegiornali risultano 2954, con una media di quasi 10 notizie al giorno. Insomma, gli immigrati sono divenuti un tema dominante di cronaca e dibattito pubblico. Uno spazio fisso nelle prime pagine dei giornali e nei titoli di apertura dei tg nazionali di prima serata. Quasi una “rubrica”. Hanno occupato anche la comunicazione sui social media.
Intanto, la paura degli “altri” non accenna a declinare. Nel mese di aprile 2016, in Italia, l’indice di preoccupazione verso gli immigrati è salito al 41% (Sondaggio Demos): 10 punti di più rispetto all’aprile 2010.
Tuttavia, la frequenza degli articoli e dei titoli non si riflette sulla drammatizzazione “narrativa” dell’argomento. Gli sbarchi continui degli immigrati, infatti, sui media non fanno più grande rumore. Non sono sottolineati con enfasi e toni particolarmente ostili. Fatte salve, ovviamente, le differenze di testata. L’invasione degli immigrati sui media, nell’ultimo anno, si presenta e viene presentata, invece, come un fenomeno (quasi) “normale”, nella sua costante crescita.
Anche se le polemiche e l’allarme sui migranti non sono cessati. Non si sono spenti. Ma vengono espressi e amplificati non tanto dai media e dai “mediatori”, cioè, i giornalisti. Come mostra Il Rapporto redatto da “Carta di Roma”, sono, invece, usati (spesso strumentalmente) dagli esponenti politici e di partito. In oltre metà dei casi, peraltro, il tema dell’immigrazione è affrontato in chiave politica europea. Meglio, di polemica (anti)europea. Così, l’allarme e la tensione verso gli immigrati, sui media, nell’ultimo periodo si sono stemperati.
Perché l’immigrazione appare “un’emergenza normale”. E gli immigrati, “un popolo senza volto”. Inoltre, perché le voci dei politici che ne parlano sono ancor più “impopolari”. E intercettano il risentimento “popolare”.
Tuttavia, diversi media producono diversi messaggi, anche quando il contenuto è lo stesso. La distinzione più importante, al proposito, riguarda - e divide - i media tradizionali e nuovi. Perché si traduce nella distinzione fra comunicazione “mediata” - espressa dai media e dai mediatori - e “immediata”, orizzontale — espressa direttamente dalle persone. Sui social media, senza filtri. È qui che la comunicazione rischia di diventare - e spesso diventa - più violenta, quando si parla di migranti e di immigrazione. E qui, proprio per questo, è necessario esercitare maggiore sorveglianza. Sorvegliando i sorveglianti. Visto che i social media e la rete sono considerati canali di “sorveglianza” nei confronti del potere. Ma non sempre esercitano il medesimo auto- controllo. Su loro stessi.
Per questo, in futuro, occorrerà analizzare in modo più attento la presenza degli immigrati sui media. Sui diversi canali di informazione. Per evitare la scissione, sempre più evidente, fra la normalizzazione del fenomeno sui media tradizionali e la drammatizzazione che subisce sui media nuovi e immediati. Per tenere sotto controllo la paura, ma anche la pietà. Perché la pietà può essere, a sua volta, “feroce”, quando diventa spettacolo. Come avviene, sempre più spesso, nel caso dell’immigrazione. Che l’informazione ha normalizzato. Fin quasi a nasconderla. Nell’ombra dell’indifferenza. Con il rischio di nascondere - e dissimulare - anche l’intolleranza. Un sentimento tutt’altro che “normalizzato”.
Meglio, però, non fingere. E se è impossibile azzerare il razzismo e neutralizzare i razzisti, conviene renderli evidenti. Poi, a ciascuno il compito di agire e di reagire di conseguenza.