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Umberto De Giovannangeli
Massimo Livi Bacci: «Lotta alla povertà. I Grandi senza ricette anche a casa propria»
27 Giugno 2010
Articoli del 2010
Un’intervista al grande demografo rivela un altro dei miserabili volti della governance globale. L’Unità , 27 giugno 2010

«Dietro l’avarizia dei Paesi ricchi c’è l’incapacità di eliminare le diseguaglianze sociali al loro interno. L’altro scoglio sono gli Stati destinatari degli aiuti, spesso in preda a instabilità politica e corruzione»

Le promesse mancate, gli impegni inevasi dai Grandi della Terra. E ancora: una governance mondiale da reinventare. E una Italia che arranca agli ultimi posti in Europa per ciò che concerne gli Aiuti per lo Sviluppo. L’Unità ne discute con Massimo Livi Bacci. «L’aiuto allo sviluppo - annota Livi Bacci - dopo gli ulteriori tagli proposti dalla manovra in Parlamento, è oramai un serbatoio pieno di promesse, ma quasi vuoto di soldi...». In discussione è anche la formula a G variabile. Quello che sicuramente è ormai anacronistico, riflette Livi Bacci«è il G8, i cui Paesi rappresentano, oramai, una quota minoritaria del PIL mondiale. Ma non ci può essere governo mondiale senza volontà politica...». Questione di risorse finanziarie ma non solo: «Credo - rimarca Livi Bacci - che esistano degli interventi in settori specifici che sono assolutamente prioritari. Mi riferisco – soprattutto – a quegli interventi che potenziano il “capitale umano” delle popolazioni povere: sopravvivenza e salute, in primo luogo, istruzione e conoscenza in secondo ...».

Dalle promesse non mantenute del G8 de L'Aquila a i fondi promessi, e comunque ritenuti insufficienti dalle più autorevoli Ong internazionali, del G8 di Toronto. Professor Livi Bacci, cosa c'è alla base di questa “avarizia” dei Grandi della Terra nel definire una strategia di lotta alla povertà?

«Tutti sono d’accordo – a parole – sulla necessità di ridurre la povertà nel mondo, e le dichiarazioni solenni dei Consessi Internazionali potrebbero riempire interi scaffali. Ma ci sono problemi di fondo che impediscono una efficace azione internazionale. Ne cito due. In primo luogo non c’è accordo su quali siano le migliori strategie per ottenere buoni risultati. E questo non deve stupire, dal momento che i Paesi ricchi non sono in grado (in certi casi non si provano nemmeno) di ridurre le disuguaglianze al loro interno – disuguaglianze che negli ultimi decenni sono rimaste più o meno invariate e in alcuni casi si sono addirittura accresciute. Come potrebbero esportare strategie che essi non adottano, o non conoscono, o non praticano efficientemente in casa loro? In secondo luogo, anche un’azione molto generosa di risorse si scontra con un problema fondamentale: l’uscita dalla povertà avviene, per lo più, con forze endogene a ciascun Paese, che l’azione esterna può sostenere o coadiuvare ma solo con forti limiti. L’instabilità politica, i conflitti, la debolezza istituzionale, la corruzione sono ostacoli spesso insuperabili: e queste situazioni sono spesso provocate dai Paesi più ricchi e più potenti».

Giustamente si pone l'accento sulla scarsità delle risorse finanziarie che i leader del G8 destinano agli Aiuti per lo Sviluppo. Ma è solo un problema quantitativo o occorre anche orientarne la «qualità»?

«Credo che esistano degli interventi in settori specifici che sono assolutamente prioritari. Mi riferisco – soprattutto – a quegli interventi che potenziano il “capitale umano” delle popolazioni povere: sopravvivenza e salute, in primo luogo, istruzione e conoscenza in secondo. Non c’è sviluppo senza sufficiente alimentazione, se non ci sono condizioni ambientali (e disponibilità di acqua) accettabili e quindi salute decente; se manca quel minimo di conoscenze che permetta di orientarsi in un mondo sempre più complesso ed urbanizzato»

Al G8 de L'Aquila Silvio Berlusconi aveva promesso un adeguamento dell'Italia agli obiettivi della Campagna del millennio delle Nazioni Unite. Ma un anno dopo L'Aquila, l'Italia è ancora maglia nera, o comunque ai gradini più bassi in Europa, per ciò che concerne l'Aiuto per lo Sviluppo. Come leggere politicamente questa desolante realtà?

«L’aiuto allo sviluppo, dopo gli ulteriori tagli proposti dalla manovra in Parlamento, è oramai un serbatoio pieno di promesse, ma quasi vuoto di soldi. Il Governo Prodi lo aveva rifornito, nonostante le ristrettezze di bilancio. Nella precedente legislatura si era arrivati a definire una buona proposta di legge per la riforma della Cooperazione che su molti aspetti aveva l’accordo dell’allora opposizione che – divenuta maggioranza – ha riposto il progetto in un cassetto. L’aiuto allo sviluppo è prioritario solo nelle dichiarazioni ufficiali rese da Berlusconi nelle conferenze stampa dei vari G-qualcosa. Promesse al vento, come sanno bene i leader degli altri Paesi. In molti Paesi l’aiuto allo sviluppo – pur con i limiti posti dalle scarse risorse e da altre difficoltà oggettive – rappresenta uno strumento importante della politica estera. Va constatato amaramente che da noi così non è». G8,G20...Masonoquestele sedi diuna nuova, più efficace e democratica governance mondiale? «Sicuramentenon più il G8, i cui Paesi rappresentano, oramai, una quota minoritaria del PIL mondiale. Ma non ci può essere governo mondiale senza volontà politica. Questa esiste in alcuni settori, per esempio per quanto riguarda il commercio internazionale, dove l’Organizzazione Mondiale del Commercio svolge importanti funzioni sopranazionali. Ma è completamente assente in altri. Faccio un esempio: nessun Paese è disposto a cedere anche una minima frazione della propria sovranità ad una Istituzione che regoli le migrazioni internazionali – almeno qualche aspetto di queste – lasciate per lo più in un duro gioco nei quali cozzano gli interessi dei paesi di origine e di quelli di destinazione, a scapito dei protagonisti, donne e uomini.

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