I prezzi del cibo vanno alle stelle, milioni sono affamati e altri milioni lo saranno in paesi dove il riso si vende a tazze e non più a sacchi, i ristoranti servono pasta perché costa meno, tutti i redditi se ne vanno in calorie. La crisi mondiale del cibo è una sciagura. Ma i titoli di grano e mais vanno alle stelle, miliardi si spostano dalla borsa valori alla borsa merci, si acquistano campi e fertilizzanti e mietitrebbie e persino rimorchi e cargo. La crisi mondiale del cibo è un'opportunità.
Toccherebbe capire le cause ma gli organismi di riferimento hanno altro da fare. Qualche governo ha messo tasse sull'export, prima mangiamo e poi vendiamo il resto: anatema dell'Organizzazione mondiale del commercio. Qualche altro critica i sussidi agli agricoltori ricchi: anatema della Banca mondiale. L'Onu dovrebbe mettere d'accordo affaristi e affamati ma non ce la fa perché è un fantasma e la sua moral suasion giace sepolta da qualche parte nel deserto dell'Iraq.
Eppure mezzo mondo ha fame dunque meno barriere doganali, più liberalizzazione e avanti con ogm, energia atomica, agrocarburi. E' la cosa più oscena: chi ha creato il problema (la fame) decide la soluzione (meno tasse, più ogm). Soprattutto deciderà il G8, che non è un'istituzione internazionale ma un abusivo oligopolio che si identifica per alto censo, pelle bianca e dotazione nucleare. Dovrebbe riunirsi clandestinamente come le organizzazioni malavitose, scrisse qualcuno, invece questo pianeta è suo. Ne custodisce gelosamente il disordine.