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Fabrizio Bottini
Mall Cinese Mezzo Gaudio
27 Luglio 2013
Milano
Per quanto possa essere interessante l'offerta di prodotti di discreta qualità a basso costo, l'evoluzione urbanistico-commerciale della Chinatown milanese presenta ben altri spunti, sicuramente utili per tante altre città italiane alle prese coi medesimi problemi

Per quanto possa essere interessante l'offerta di prodotti di discreta qualità a basso costo, l'evoluzione urbanistico-commerciale della Chinatown milanese presenta ben altri spunti, sicuramente utili per tante altre città italiane alle prese coi medesimi problemi

Deve essere venuto un mezzo colpo apoplettico a quelli della Lega Nord qualche anno fa, quando in risposta ad una delle loro mosse sbrigative per affrontare ogni diversità, o che tale sembra, è sceso in campo il Console della Repubblica Popolare Cinese, seguito da una dichiarazione ufficiale del governo di Pechino. Forse i lettori si ricorderanno: c'era un quartiere di Milano con problemi di traffico e convivenza fra attività piuttosto ingombranti, commercio all'ingrosso e al dettaglio, e l'amministrazione di centrodestra era partita col piede sbagliato, usando con la comunità cinese certi metodi che di solito passano purtroppo inosservati quando interessano altre minoranze. Il fatto è che non solo il governo cinese tiene molto ai suoi connazionali all'estero, e li tutela con decisione se necessario, ma quel quartiere, quella comunità, sta lì probabilmente da prima che arrivassero in città dalla pedemontania brianzola o orobica tanti lumbard del giorno d'oggi. Dopo Rossi, il secondo cognome più diffuso di Milano è Hu, tanto per dire. Ergo andateci piano.

Porta Volta (Cesare Beruto 1880)
La stampa è sempre a caccia di curiosità, specie d'estate, e così sono stati in molti sui giornali in questi giorni a raccontare con toni assai esotici dell'iniziativa commerciale dei gemelli bocconiani Hu, l'Oriental Mall in via Paolo Sarpi, ovvero l'asse centrale della zona in cui l'ex amministrazione di centrodestra aveva fatto quella figuraccia. Certo il formato del grande magazzino è abbastanza innovativo da giustificare qualche interesse, ma forse non sufficiente per mettere in ombra l'altra novità: il progetto di costruzione di una galleria a coprire via Paolo Sarpi, il vero passeggio, il vero mall, del quartiere, oggi prevalentemente pedonalizzato. Che in questo modo verrebbe ad assomigliare un pochino di più ai suoi lontani cugini della grande distribuzione suburbana a indirizzo automobilistico, se non altro nelle forme esteriori. Ma non è giusta neppure questa definizione, e vediamo perché.

L'area terziaria di Porta Nuova
Veduta (in giallo via Sarpi)
La galleria coperta è soltanto uno degli aspetti, di un processo abbastanza lungo e per nulla lineare, di trasformazione di un'ampia zona urbana. L'asse di via Sarpi è la spina portante di una zona che collega trasversalmente due direttrici già ben individuate nel piano ottocentesco di Cesare Beruto, il corso Sempione e l'uscita dal centro storico verso il Cimitero Monumentale. In più, come si intuisce osservando una veduta aerea della zona, anche l'asse di via Sarpi non esaurisce la questione, proseguendo idealmente anche oltre il casello di Porta Volta (progettato tra l'altro da Beruto dieci anni prima del piano) lungo la linea degli ex bastioni, fino a raggiungere un altro importante polo commerciale: il grande Eataly che si insedierà in Piazza XXV Aprile. Zona questa ancora a tessuto tradizionale, ma in diretto contatto con le espansioni terziarie dette Quartiere Porta Nuova, ormai note in tutto il paese per via dei voluminosi e pubblicizzati grattacieli, meta di veri e propri pellegrinaggi turistici e di un curioso flusso di movida serale giovanile.

L'ingresso del grande magazzino
Spazi della nuova movida giovanile
Facendo le debite proporzioni, il percorso coperto di via Sarpi, con la sua offerta commerciale mista, etnica e non, con la coesistenza ben governata di mobilità dolce, carico-scarico merci, residenza e servizi, si potrebbe anche configurare come una specie di “Galleria Vittorio Emanuele del Terzo Millennio”. E non sono certo giustificati i timori che dietro la novità del nuovo formato Oriental Mall si possa nascondere quel tipo di colonizzazione urbana intravisto o sospettato con lo sbarco dei grandi marchi nel tessuto tradizionale, standard a parcheggi inclusi. Si tratta, del resto coerentemente col tipo di quartiere e di ragionevole accessibilità, di null'altro che di un grande magazzino, pur oltre la classica offerta di abbigliamento accessori casalinghi. E che quindi si rivolge a un pubblico non auto-munito, magari di tipo turistico, o direttamente agli abitanti del quartiere che apprezzano alcuni prodotti anche di consumo quotidiano.

E del resto la forte reattività sociale alle questioni del traffico, della congestione, del rischio di uno stravolgimento in negativo di questa parte consolidata di città, cuscinetto fra zone di profonda trasformazione, era già emersa nel caso delle attività all'ingrosso. Allora si era iniziato un processo, magari contraddittorio, di trasferimento delle ditte e marchi a maggiore impatto verso aree a destinazione industriale o logistica. Ora, avanzando gradualmente il formato dello urban mall all'aria aperta, rivolto prevalentemente alla mobilità dolce e pubblica, ci sarà probabilmente tempo sia per adattare gli esercizi esistenti al nuovo contesto e tipo di concorrenza, sia per eventuali interventi pubblici di tutela, promozione, controllo. Un processo che val la pena di seguire, e che può servire da modello (o monito, chissà) per tante altre aree semicentrali italiane alle prese con l'annosa questione dell'invadenza automobilistica, e della correlata, nel bene e nel male, vitalità commerciale.

Alcune descrizioni del piano per la galleria e dell'Oriental Mall qui su Eddyburg

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