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Giorgio Bocca
Ma io dico no all'Alta velocità
23 Maggio 2006
Articoli del 2005
Bocca prova - senza speranza - a usare un argomento: "guardate". La Repubblica, 8 novembre 2005 (f.b.)

Gli abitanti della Val Susa che si oppongono alla costruzione del mega tunnel per l´alta velocità ferroviaria hanno ragione sia in linea teorica che pratica ma temiamo che saranno sconfitti perché le follie e le illusioni dello sviluppo sono irresistibili. Da Rutelli a Fassino la sinistra che dovrebbe difendere gli uomini dalla rincorsa cieca e autolesionista allo sviluppo dissennato, ha già alzato bandiera bianca. Il governo della ragione può aspettare, quello dei sogni e delle illusioni disastrose deve continuare. Che il mito dell´alta velocità si risolva in pratica nel suo contrario se ignora la ragione e segue solo gli interessi di chi ci guadagna sopra, è sotto gli occhi di tutti: nelle grandi città traffico e trasporti sono più lenti oggi che un secolo fa, si passa più tempo nelle code automobilistiche che quando si andava a piedi o in carrozza. Gli abitanti della valle di Susa marciano con bandiere e cartelli per dire no all´alta velocità ferroviaria che per cominciare rovinerebbe la qualità della vita nella valle per almeno quindici anni, lavori in corso con frastuoni, inquinamenti, avvelenamenti. Ma temiamo che dovranno cedere, rassegnarsi, l´opinione pubblica vincente è quella che applaude il Celentano, che celebra il rock scattante, veloce contro il retrogrado lento. È tornato il futurismo, compagno di strada del fascismo.

Ha scritto Hanna Arendt: «Sembra che fra le principali caratteristiche di questo tempo ci sia la mancanza di pensiero. Quello che io propongo è molto semplice, niente di più che pensare a quello che facciamo».

Ma chi ti lascia il tempo per pensare, come puoi pensare se la regola di vita dominante nel capitalismo come nel comunismo è quella di fare ciò che vogliono le élites al potere? La pianura padana da Torino a Novara è stata squarciata, devastata, cementata dalla linea ferroviaria dell´alta velocità.

Non l´abbiamo pensata perché le aziende delle costruzioni e del cemento non avevano alcun interesse a discuterne con gli italiani, e ora in moltissimi siamo di fronte al fatto compiuto, la linea ad alta velocità è quasi pronta.

Per risparmiare un quarto d´ora di viaggio si è piantata nella più fertile e bella pianura d´Italia una gigantesca linea Maginot. La più indecente delle speculazioni, milioni di metri cubi di cemento per sovrappassi faraonici, viadotti giganteschi che si torcono, si intrecciano fra cielo e terra senza alcuna utilità come serpenti creati dall´uomo per soffocare la sua specie maledetta, cacciata dall´Eden. Il ministro della devastazione Lunardi ha già percorso la linea su un treno speciale che fra Torino e Novara ci ha messo dieci minuti in meno. Ci sono dei retrogradi che si chiedono se non sarebbe meglio per i cittadini metterci dieci minuti in più ma in carrozze più comode e senza le cimici e magari avere una rete più sicura, ponti che non cadono ad ogni alluvione, treni riscaldati per gli operai, vetture letti e ristoranti decenti.

L´alta velocità della Val Susa, i cinquantadue chilometri in galleria che ne cambieranno gli equilibri hanno il consenso di tutti i rock italiani.

Mussolini queste cose le aveva capite da bravo populista, offrì agli italiani il primato aereo di velocità di un prototipo e poi mandò migliaia di aviatori alla morte su aerei vecchi e mal costruiti. Imitato oggi dai berlusconiani delle grandi opere che scavano una galleria di settanta chilometri sotto gli Appennini da Modena a Firenze per guadagnare venti minuti ma non hanno speso una lira per dare acqua alle regioni assetate del sud. E naturalmente si sono messi sotto accusa per aiutare il finto progresso i politici «lenti», come Sergio Vallero, presidente del Consiglio provinciale di Torino o i sindaci di Condovea e di Chianocco perseguiti per «resistenza a pubblico ufficiale e blocco stradale». Ma non sono di buon senso le cose dette da Sergio Vallero, «Ci hanno messo di fronte a uno scontro istituzionale nocivo mentre noi abbiamo sempre cercato il dialogo e la mediazione»? Bisogna stare attenti con il decisionismo berlusconiano in una valle come quella di Susa delle poche in Piemonte ad essere una valle «urbana», non una società montanara addormentata nella tradizione ma industrializzata, passata per le lotte operaie e per la resistenza che ha conosciuto anche il movimentismo feroce di Prima linea. Non abbiamo alcun rimpianto per i disperati alla Sergio Segio o alla Fabrizio Giai che si autonominarono avanguardia degli sfruttati e seminarono morte nella valle come nei sobborghi torinesi ma un consiglio alla prudenza ci sembra opportuno, la resistenza degli abitanti della Val Susa va affrontata con sapienza politica, con rispetto degli altri, di quelli che per i decisionisti non contano. C´è sempre un ceto di proprietari che pensa in grande alle spalle degli altri, che fa sacrificare gli altri per le sorti progressive dell´umanità, che in pratica sono quasi sempre le sorti progressive del loro potere e dei loro redditi. Forse è arrivata l´ora che il decisionismo assuma la sua responsabilità e fronteggi i suoi rischi. Le rivolte delle periferie parigine come, in piccolo, la resistenza della Val Susa all´alta velocità, dicono che bisogna anche occuparsi del consenso. Ma il buon senso conta nella storia umana?

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