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Paola Bonora
L’urbanistica dopo Làbas
20 Agosto 2017
Bologna
Dopo lo sgombero dei centri sociali dagli edifici ex militari bolognesi è il momento di riaprire una discussione seria sulla utilizzazione più ragionevole di questa ampia categoria di spazi pubblici inutilizzati.

Dopo lo sgombero dei centri sociali dagli edifici ex militari bolognesi è il momento di riaprire una discussione seria sulla utilizzazione più ragionevole di questa ampia categoria di spazi pubblici inutilizzati. La Repubblica, ed. Bologna, 20 agosto 2017


LE discussioni accese che hanno seguito losgombero agostano di Làbas, non quelle corali di indignazione per l’azionepoliziesca, ma quelle dei giorni successivi sulla Staveco come possibiledestinazione del centro sociale, nella loro asprezza e inconciliabilità,portano a ragionare sulla strana sorte toccata a Bologna alle ex aree militari.Comparti preziosi per la vivibilità urbana, su cui da anni si discute e sispendono progetti ma continuano a restare dominio dei ratti.

Nel 2015 il Comune ha approvato un Poc (Pianooperativo comunale, l’ultimo stadio della pianificazione) che ha un titolosornione “Rigenerazione di patrimoni pubblici”. Un documento in cui siindividuano una serie di aree afferenti a proprietari pubblici: Agenzia delDemanio, Cassa Depositi e Prestiti Investimenti Sgr, Invimit Sgr, Ferroviedello Stato; c’è anche l’Università di Bologna ma lì sappiamo come,saggiamente, è andata a finire. La ritirata dell’Università, proprio dall’areaStaveco da cui siamo partiti, la dice lunga.
Un'idea dalle gambe corte, o addiritturamonche, sbocciata sul finire di due mandati, uno da rinnovare, l’altro daglorificare.
La questione però è seria, ci si ubriaca di parolema nulla mai cambia. Neppure i costruttori, che avrebbero tutto l’interesse afarlo, protestano. Il Poc prevede infatti una bella quantità di edifici a variadestinazione d’uso in tutte le aree identificate: ai Prati di Caprara larealizzazione di residenze (da 800 a 1200), centri direzionali e commerciali,parcheggi; al Ravone di residenze se ne prevedono tra 750 e 790; alla casermaSani 340 ma non mancano centri commerciali e direzionali; alla caserma Masini,quella occupata da Làbas, un albergo, una trentina di alloggi, attivitàcommerciali e ristorative.
Una previsione esorbitante, poco assennata con isupermercati che falliscono e il tanto residenziale invenduto (pensiamo anchesoltanto al mostro Trilogia Navile).
Ma tanto quella programmazione non ha piùvalore delle chiacchiere, nei fatti si procede per deroghe. Com’è successo peril campus nell’ex-Telecom, sgomberato per consentire un business tutto privato,in deroga al Poc che prevede invece uno studentato nell’area ferroviaria exOMA, retrostante Borgo Masini.
Rinunciando insomma a dirottare investimenti supatrimoni pubblici. Ma in quel tripudio di esuberante progettualità non mancanoscuole, housing sociale e parchi. Che meraviglia, hanno pensato a tutti!Macché, come nei più crudeli giochi dell’oca sempre si torna alla casellainiziale. Ogni volta tutto daccapo a discutere e infervorarsi per poi nondecidere nulla — come per l’annosa questione della cittadella della giustizia,sballottata tra Staveco e Stamoto come in un ping pong.
Ma vuoi che sia per favorire interessi privati oper una sorta di pulizia preludio della gentrificazione, le uniche decisioniprese sono quelle di sgombero. Avvenute, ohibò, all’insaputadell’amministrazione!
Dunque persino su operazioni di questo pesosociale le potestà politiche dell’amministrazione non si sono esercitate.Allarmante. E chi decide allora le sorti della città, tra annunci roboanti poidisattesi, bisticci e inerzie?
E i cittadini? Forse amareggiati per larepressione della creatività giovanile, preoccupati della qualità della vitaurbana e dell’inutile degrado di aree che potrebbero costituire dei regolatoriambientali essenziali, comunque incerti sul destino economico di una città cheha sposato il turismo come unica vocazione e non sa prendere decisioni di piùampio respiro, si chiedono quale sia il disegno che l’amministrazione ha inmente. L’urbanistica è sempre una buona lente con cui guardare la realtà, laconfusione e l’afasia attuali dicono molto intorno alla crisi delladecisionalità e al vuoto di idee di cui la politica soffre. Un problema nonsolo bolognese ma che qui si presenta paralizzante.

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