Lupi: Una legge moribonda
Raccogliendo l’invito di Salzano alla discussione propongo le mie riflessioni sul ddl siciliano “Norme per il governo del territorio” approvato dalla Giunta di Governo nei primi di agosto, tenendo conto del dibattito fin qui svoltosi.
Desidero però prima condividere le mie impressioni sul ddl Lupi e dintorni, avendo partecipato ai lavori del Seminario INU del 15 settembre u. s. “Un nuovo passo per la riforma urbanistica”. L’occasione mi ha consentito di fare mente locale sul testo Lupi approvato dalla Camera, di ascoltare alcuni politici presenti coinvolti nella vicenda del ddl (Mantini, Specchia, Giovannelli), la dirigenza nazionale dell’INU, rappresentanti delle Sezioni regionali ed esperti di diritto urbanistico
Francamente aspetto ancora che qualcuno mi spieghi l’utilità dell’entrata in vigore del ddl Lupi, perché dall’andamento del dibattito non è mai emerso con chiarezza; anzi alcuni commentatori hanno sottolineato il contrario.
Mi ha colpito il fatto che, trattandosi di una legge di “principi” non ci sia traccia di principi, degni di questo nome, chiaramente elencati, come ha sottolineato Paolo Urbani e altri che sono intervenuti. Né mi convince che la “perequazione” debba essere considerata un principio fondamentale, come suggeriva Barbieri.
Sono inoltre sbalordita dalla polarizzazione dell’interesse sui diritti edificatori della proprietà immobiliare e sulla loro commerciabilità, come se questo fosse l’aspetto più importante del governo del territorio e della gestione delle trasformazioni urbane.
Mi è stato di conforto verificare che all’interno di molte sezioni dell’INU ci sono forti perplessità sulla qualità e sull’utilità del ddl Lupi e sarà il caso di approfondire le ragioni delle divergenze, anche in relazione alle molte leggi approvate dalle regioni dopo la modifica del titolo V della Costituzione.
Poiché da parte di tutti, anche dai politici presenti è emersa la convinzione che sarebbe necessario comunque introdurre ulteriori emendamenti, dopo i quali il testo dovrebbe ritornare alla Camera, è plausibile che il ddl non venga approvato prima della fine della legislatura.
Il che potrebbe costituire l’occasione per ricominciare daccapo in maniera più convincente.
Sicilia: Una legge velleitaria
Passo ora a trattare del ddl siciliano. Una buona legge (ammesso che il ddl siciliano lo sia) non garantisce di raggiungere automaticamente gli obiettivi che la stessa legge si propone.
A riprova di ciò cito una nota legge speciale siciliana: la n. 70 del 1976 finalizzata al recupero dei centri storici di Siracusa e Agrigento che, a parità di norme, di procedure e di contributi finanziari, ha prodotto a Siracusa, anche se con molta fatica, un buon piano particolareggiato e ha contribuito ad avviare il recupero dell’isola di Ortigia, mentre ad Agrigento non ha prodotto alcun risultato.
Evidentemente la differenza di risultato dipende dal contesto e da una serie di concause che hanno condizionato l’applicazione della legge.
Il problema posto da De Lucia e ripreso da Salzano sul rapporto tra proposta di legge e contesto mi sembra quindi centrale e utile per esaminare correttamente la questione della qualità e dell’efficacia del ddl siciliano.
Salzano si domanda se, per analogia, si può definire buono un progetto di architettura a prescindere dal contesto. Io ritengo di no, pensando proprio ad alcuni progetti “firmati”, calati come meteoriti in realtà precarie e degradate, con le quali non sono riusciti a intessere alcun rapporto positivo in grado di aumentare la qualità urbana e ambientale. Per colpa di chi? Del progetto? Delle amministrazioni? Delle modalità di attuazione? Ho in mente i progetti di Gregotti per Palermo: lo ZEN e i Dipartimenti Universitari a Parco d’Orléans. Nel migliore dei casi si tratta di esperienze a dir poco deludenti.
Uscendo dalla metafora e tornando nello specifico, anche se la proposta di legge come dice Salzano è “migliore di tante altre che sono state approvate di recente dalle regioni o che stanno per esserlo”, purtroppo risulta velleitaria e poco credibile per alcune semplici ragioni che cercherò di riassumere.
Il Governo e il Parlamento regionale, dal dopoguerra a oggi non hanno preso mai alcun minimo provvedimento tendente ad agevolare concretamente la pianificazione urbanistica; anzi, con l’accordo di tutte le forze politiche, sono state approvate norme che consentono tuttora di realizzare edilizia convenzionata e agevolata nel verde agricolo, in deroga alla previsioni dei PRG, tramite commissari che l’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente invia presso i Comuni che volessero ostacolare tali richieste.
Ancora: quando si mette mano a fare un piano regolatore, si scatena nei Comuni una frenetica attività edilizia: vengono richieste valanghe di concessioni e autorizzazioni per lottizzazioni (queste ultime, approvate sollecitamente dall’Assessorato Regionale) che trasformano radicalmente il territorio mentre si disegna il piano; quest’ultimo può al massimo limitarsi a inseguire la realtà, venendone fortemente condizionato (in peggio). Né il Governo, né il Parlamento, né qualche forza politica hanno mai pensato di contrastare efficacemente questo andazzo.
Né le numerose leggi di sanatoria approvate dalla Regione hanno mai risolto il problema dell’abusivismo edilizio dilagante.
Invece, l’unica preoccupazione del governo Cuffaro, esplicitata nel suo programma elettorale, è stata quella di tentare di trovare una soluzione ai problemi dell’abusivismo costiero che ha prodotto insediamenti mostruosi lungo tutte le coste siciliane. Questo obbiettivo ha dato luogo alla formulazione di alcuni disegni di legge, abortiti per strada, che comunque cozzavano sempre con l’esistenza di una norma contenuta nella l. r. 76 del 78: l’inedificabilità assoluta della fascia costiera. entro i 150 metri dalla battigia. Norma che il ddl presentato propone di abrogare.
Vorrei aggiungere qualche altra considerazione che contribuisce a minare la credibilità dell’iniziativa. L’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente non dialoga con l’assessorato Regionale ai BB.CC.AA.AA. che ha competenza sulla pianificazione paesaggistica (la quale per altro è molto indietro). All’interno dell’Assessorato al Territorio e Ambiente vi sono due Direzioni Regionali (Urbanistica e Ambiente) che non dialogano fra loro, considerando (incredibilmente) l’urbanistica e l’ambiente materie rigidamente separate.
L’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente risulta sempre più sguarnito di funzionari competenti: i pochi che sono rimasti si occupano quasi esclusivamente di esaminare e approvare “programmi complessi” e iniziative di programmazione negoziata in deroga agli strumenti urbanistici e non esaminano i piani regolatori inviati in Assessorato, che a un certo punto entrano in vigore attraverso una forma di silienzio-assenso. Questo è accaduto di recente anche per il prg di un capoluogo di provincia come Caltanissetta.
L’Ufficio che dovrebbe fare il Piano Territoriale Regionale non esiste e il SITR di cui si parla nel ddl è solo in fase di impianto. Così come non esistono tutte la “Strutture tecniche per il governo del territorio” elencate nel Titolo III del ddl e chissà quando mai potranno esistere.
Inoltre nel ddl si rinvia all’emanazione di una serie di importanti regolamenti attuativi, in assenza dei quali, il ddl risulta inapplicabile: sono circa una decina e si va da quello relativo all’applicazione della VAS, a quello relativo alle “dotazioni territoriali e standard di qualità urbana e ambientale”. Non risulta per altro che siano in corso da qualche parte studi e ricerche per elaborare tali regolamenti.
L’unica iniziativa di pianificazione che si può avviare in assenza di ulteriori adempimenti riguarda i PTRA (piani territoriali regionali d’area, Art. 26 e Art. 27), (che avevo segnalato a Salzano e a De Lucia) e che sembrano proprio finalizzati ad affrontare i problemi degli insediamenti abusivi costieri.
Infine pare che la Regione non abbia inviato il testo né alle Province né ai Comuni; né che abbia intenzione di farlo; dimostrandosi quindi poco interessata alla consultazione e ai pareri dei soggetti istituzionali destinatari e protagonisti dell’attuazione del ddl.
Entrando ulteriormente nel merito, non è chiaro come si perviene alla redazione Piano Territoriale Regionale che si prevede debba essere approvato solo dalla Giunta di Governo e non dall’Assemblea Regionale.
Ricordiamo inoltre che la legislatura è in scadenza perché in Sicilia si andrà a votare prima delle elezioni nazionali e manca il tempo sia per un serio confronto politico, sia per i necessari approfondimenti tecnici e culturali. Evidentemente un Governo e un Parlamento in scadenza non possono prendere nessun impegno sulle misure necessarie da attivare successivamente per rendere applicabile la legge: costituzione di uffici, coordinamento interassesoriale, regolamenti attuativi, etc…
Che fare dunque? Ipotizzando che il ddl possa compiere il percorso parlamentare entro la fine della legislatura, per dare maggiore credibilità alla proposta, bisognerebbe modificare sostanziosamente le norme di salvaguardia (Art. 60), dicendo, per esempio, che la legge entra in vigore solo quando saranno emanati tutti i regolamenti di attuazione.
Per quanto riguarda le abrogazioni, su cui ci sarebbe ancora da discutere, per dare un segnale di serietà dovrebbero essere abrogate subito le norme che consentono di realizzare programmi costruttivi e quant’altro nel verde agricolo. Pur accettando la logica del testo proposto, non mancano varie formulazioni che sarebbe necessario emendare e precisare a partire, per esempio, dal tema dei centri storici, che vengono evocati solo come “zone A degli strumenti urbanistici”. Come se non sapessimo che la perimetrazione della zona A non coincide quasi mai con il vero centro storico.
La materia meriterebbe comunque un dibattito politico molto ampio e approfondito e l’apporto del maggior numero dei soggetti coinvolti; circostanza che non può essere assicurata nello scorcio di legislatura disponibile.
Sarebbe quindi più saggio che la riforma urbanistica facesse parte del programma elettorale delle forze politiche che andranno a breve a confrontarsi e che ci si potesse lavorare con maggiore serenità e con minore improvvisazione.
Roma 18 settembre 2005