A fronte dei disastri dell'urbanizzazione scema, uno dei tanti motivi per cui non costruire ovunque è un nuovo modello socioeconomico, oggi. La Repubblica Milano, 14 novembre 2012 (f.b.)
Il CHILOMETRO zero funziona. Cresce il fatturato, sale l’occupazione e aumenta anche la percezione di un fenomeno in grado di rilanciare il settore agroalimentare. Nonostante la crisi, in Lombardia il 56 per cento delle aziende aderenti al progetto Campagna Amica della Coldiretti dichiara un fatturato in crescita, il 39 per cento è stabile e solo il 5 per cento perde soldi. Un miracolo, in tempi come questi, a cui se ne aggiunge un altro: la crescita dell’occupazione. I lavoratori impiegati in questo settore nel 2010 erano 505, nel 2011 sono saliti a 894 e a ottobre di quest’anno sono arrivati a quota 1.100.
Vendere direttamente al consumatore — bypassando la filiera della distribuzione che comporta prima di tutto un aumento del prezzo per il cliente finale — sembra essere un affare. E chi lavora bene la crisi non la sente. Dal 2008 le aperture di farmer’s market aderenti alla rete sono in crescita costante e i nuovi punti vendita saltano fuori come funghi: dal 2010 al 2011 sono cresciuti del 77 per cento, mentre dal 2011 al 2012 del 32 per cento.
Questi dati sono ancora più significativi se messi a confronto con altri settori. Secondo i dati della Coldiretti, dal 2009 il commercio è in grande sofferenza, con una punta negativa fra il 2011 e il 2012 quando ha fatto registrare un calo complessivo del fatturato intorno al 24 per cento. Per questo l’agroalimentare a chilometro zero con i suoi grafici in salita si candida a essere uno dei settori trainanti dell’economia locale. Ettore Prandini, presidente della Coldiretti Lombardia, lo spiega con un aneddoto: «Qualche giorno fa ho incontrato uno studente della Bocconi vicino alla laurea. Mi ha raccontato che dopo aver discusso la tesi, sarebbe andato in Val Brembana per aprire un agriturismo e un allevamento con un punto vendita di prodotti alimentari. Ecco, una cosa del genere fino a qualche anno fa era impensabile: oggi è un’idea vincente». Se un giovane bocconiano decide di investire tempo e conoscenze economiche in questo modo significa che è un settore di successo. Ma probabilmente c’entra anche la crisi. «Il disastro che ha colpito l’economia mondiale — aggiunge Prandini — ci ha fatto riscoprire i valori del lavoro agricolo. Forse tutto questo potrà esserci di ispirazione per cambiare le nostre abitudini ed essere una guida per le nuove generazioni».