Con la pubblicazione delle ennesime, per ora ultime consistenti modifiche alla legge urbanistica regionale lombarda 12/2005, introdotte dalla legge regionale 4/2008 si è consumato un nuovo episodio del processo apparentemente inarrestabile di deregulation urbanistica.
L’attenzione del pubblico è stata richiamata, anche dall’opposizione, soltanto sul cosiddetto emendamento “ammazzaparchi” che consentiva alla giunta regionale di decidere in via definitiva sulle richieste dei comuni di modifica dei Piani territoriali di coordinamento dei parchi stessi. L’emendamento è stato alla fine ritirato dallo stesso assessore competente.
E’ invece stato approvato, nel silenzio generale, un altro emendamento, quello che introduce il comma 1 bis dell’art.103. Tale emendamento disapplica nella Regione il decreto 2 aprile 1968 n. 1444, tranne che per la distanza minima di dieci metri tra edifici.
Morte accertata per l’urbanistica riformista.
Chi conosce non solo il decreto, ma anche l’impianto e lo spirito della legge 12 non faticherà ad intuire quanto vaste e sconvolgenti possano essere sul territorio le conseguenze di questo articoletto di poche righe. Per tutte mi limito a qualche esempio.
Partiamo dalla questione degli standard urbanistici. L’articolo 9 della legge 12 continua a prevedere che, in quella porzione dello strumento urbanistico generale denominato “piano dei servizi”, sia rispettata la quantità minima di spazi pubblici pari a 18 mq per abitante. Si apre però una fila lunghissima di interrogativi, dei quali fornirò ancora una volta solo qualche esempio. Come si calcolano i mc per abitante? Non vi sono più obblighi di previsione degli standard, in misura quantitativamente definita, per gli insediamenti non residenziali? E gli standard di livello urbano dove sono andati a finire?. E cosa garantisce l’applicazione degli standard nella pianificazione attuativa?. Come sempre ormai, in Lombardia, terremoto e totale incertezza del diritto. O meglio, perdita di ogni omogeneità di comportamento, e facoltà per ciascuno dei 1546 comuni in cui è sminuzzato il territorio regionale di darsi o anche di non darsi regole e principi di comportamento civili e moderne.
Ma la disapplicazione dello storico decreto produce una serie di altri effetti di portata difficilmente calcolabile rispetto alla prassi urbanistica faticosamente conquistata negli ultimi quarant’anni. La definizione di centro storico sparisce dalla legislazione urbanistica e resta affidata al solo fragilissimo baluardo del piano paesistico regionale. I limiti massimi di densità edilizia e di altezza che ci avevano consentito di uscire faticosamente dall’incubo urbanistico degli anni 50 non esistono più; il nuovo incubo fa pensare ad una generalizzazione del modello Pudong.
E’ solo qualche esempio, ma sufficiente per capire dove ci stanno portando le istituzioni lombarde, circondate dal silenzio praticamente totale di associazioni, organismi culturali ed università. Orbene, la legge è appena entrata in vigore. Il governo, giunto al termine della propria vita, ed in particolare il Ministero dell’ambiente avranno la forza di reagire? Avrà la voglia di reagire la Provincia di Milano? Oppure a resistere saranno lasciati ancora una volta, da soli, i “comitati”?