Tra il dire e il fare, in urbanistica, spesso c'è di mezzo una norma transitoria che consente di rinviare obblighi e proposte. Come per il nuovo piano della Lombardia. Dal sito millennio urbano. (m.b.)
In Lombardia sono ancora pochi i comuni virtuosi che hanno volontariamente deciso di ridurre il consumo di suolo. Sono invece ancora molti quelli che hanno una rilevante, o anche rilevantissima, dimensione di aree edificabili nello strumento di piano (che rappresentano un incremento anche del 30% – 50% rispetto all’edificato esistente), e non intendono ridurle. In molti casi i proprietari delle aree in questione si avvantaggiano di un plusvalore economico creato dai meccanismi attivati dalla legge regionale (LR) 31/2014, paradossalmente pensata per limitare il consumo di suolo. Premono pertanto in diversi modi (anche intentando lunghe battaglie legali) affinché anche le previsioni mai attuate vengano mantenute.
Nella seduta del 19 dicembre 2018 il Consiglio Regionale della Lombardia ha approvato la variante del Piano Territoriale Regionale (PTR) che dettaglia le disposizioni contenute nella LR 31/2014. Questa variante impone, almeno sulla carta, una riduzione drastica del consumo di suolo nei piani comunali. Come evidenziato in precedenti contributi, bisognerà vedere se e come questo si tradurrà nella pratica operativa (1).
La norma regionale prevede che Province e Città metropolitana adeguino entro due anni i propri strumenti di pianificazione (rispettivamente PTCP e PTM) ai criteri del PTR, dettagliandoli e articolandoli secondo le caratteristiche dei diversi contesti di area vasta. Quindi in cascata i comuni ne daranno attuazione attraverso i PGT.
L’adeguamento dei piani provinciali e metropolitani potrebbe essere occasione per integrare i criteri del PTR, che in molti casi sono generici e talvolta anche tra loro contradditori. Ma l’impresa non è semplice, per la carenza di risorse economiche e di personale degli enti intermedi, per la scarsa rappresentanza politica degli amministratori ad elezione indiretta, e anche per il molto complesso percorso di attuazione disegnato dalla legge stessa, in particolare nell’art 5 “norma transitoria”. Essa prevede che i comuni possano continuare a variare i loro PGT nel periodo di transizione tra approvazione del PTR e adeguamenti dei PTCP e PTM scegliendo tra due opzioni alternative: con la prima i comuni devono rispettare i criteri qualitativi del PTR, ma non sono obbligati a ridurre il consumo di suolo, dovendo solo evitare di incrementarlo; con la seconda recepiscono il PTR in toto, anche per la percentuale di riduzione del consumo di suolo da esso prevista, senza attendere le indicazioni del PTCP (3).
Una terza possibilità consentita dalla legge, all’art 5 comma 5, consiste nel prorogare con delibera di consiglio comunale, prima della pubblicazione sul BURL del PTR, la durata del Documento di Piano (il documento strategico del PGT) fino a 12 mesi successivi all’approvazione della variante del PTCP o PTM.
Per i comuni che non intendono ridurre le previsioni la prima opzione è apparentemente più conveniente e sperano che venga mantenuta in vita il più possibile, magari ritardando l’adeguamento di PTCP e PTM, anche molto oltre i due anni previsti dalla legge.
Tenuto conto che negli organi degli enti intermedi siedono gli Amministratori comunali il rischio è concreto. Almeno fino a quando la dotazione di aree programmate non si sia esaurita, anche attendendo se necessario la creazione di condizioni più favorevoli nel mercato immobiliare.
Se questa ipotesi si avverasse si assisterebbe all’esito paradossale che la LR 31/2014, a causa dei suoi meccanismi attuativi, finirebbe per mancare il suo obiettivo principale, che è quello di ridurre il consumo di suolo secondo le soglie previste dal PTR.
Questo pericolo va scongiurato, mettendo in salvaguardia l’obiettivo principale del PTR ed evitando ritardi nell’approvazione dei PTCP e PTM. Si deve fare in modo che per i comuni la seconda opzione diventi più attraente e conveniente della prima. A tale fine si possono adottare diverse strategie, tenendo conto che la legge regionale assegna a Province e Città metropolitana il compito di verificare la coerenza dei PGT con i criteri del PTR nell’ambito del parere di compatibilità sul PGT adottato. E tenendo anche conto che la legge e il PTR assegnano agli enti intermedi un’ampia discrezionalità nell’interpretare e articolare le soglie del PTR, a condizione che la soglia regionale sia rispettata sul complesso della Provincia o Città metropolitana.
Per rendere la seconda opzione (adeguamento da subito al complesso dei criteri del PTR) più favorevole possono essere applicate modalità più convenienti o più flessibili di attuazione dei criteri regionali, quali a mero titolo di esempio: garanzia che la soglia di riduzione del PTR non venga incrementata dal PTCP o PTM; deroga per i comuni che già nel PGT vigente hanno assunto un comportamento virtuoso adottando previsioni insediative molto contenute; la possibilità di derogare alle soglie regionali perequandole con altri comuni limitrofi nell’ambito dello sviluppo di PGT associati.
Importante è muoversi tempestivamente, ora che la variante del PTR è stata approvata, per garantire omogeneità di trattamento a tutti i comuni che procederanno nei prossimi mesi ad aggiornare il proprio PGT.