Titolo originale: Sprawl Has Different Causes Than Chicago Author Suggests – Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini
[Recensione: Sprawl: A Compact History (Chicago 2005), di Robert Bruegmann]
Fra le cose per cui Chicago è famosa, come i grattacieli del XIX secolo o i panorami sulla riva del lago, c’è quell’oggetto di culto dell’economia noto come “Scuola di Chicago”. I suoi adepti predicano che un dio onnivedente e onniscente chiamato “Mercato” ci guiderà fino alla Terra Promessa se lasciato libero di agire.
L’Università di Chicago l’anno scorso ha pubblicato un libro di Robert Bruegmann, storico dell’arte della windy city, intitolato Sprawl: A Compact History. Appena uscito in edizione economica, si nota come il libro sia permeato dalla Scuola di Chicago nello stesso modo in cui le curve delle strade disegnano le lottizzazioni.
Secondo Bruegmann, lo sprawl ha messo a disposizione del ceto medio il tipo di abitazioni di cui un tempo poteva godere soltanto l’aristocrazia. Effetti collaterali, come la perdita di spazi aperti o la congestione da traffico sono messi da parte, e i critici dello sprawl bollati come culturalmente elitari. Cantando le lodi dello sprawl come trionfo popolare, Bruegmann evita altre spiegazioni del fenomeno, come i prestiti federali a tasso ribassato, o le autostrade costruite coi fondi pubblici.
Dal mio punto di vista è soprattutto la spesa pubblica nelle reti di trasporto – locale, statale, federale – a portare la responsabilità maggiore per l’insediamento sparso a bassa densità che caratterizza lo sprawl degli ultimi tre quarti di secolo, sia a livello nazionale che nella nostra regione dei Tre-Stati. Lottizzazioni, centri commerciali e direzionali, semplicemente non potrebbero esistere senza le strade, superstrade ad accesso limitato e relativi svincoli e articolazioni, realizzate dal governo.
Nello stesso modo in cui all’inizio del XIX secolo i canali hanno prodotto delle città organizzate attorno ad essi; come un secolo fa linee ferroviarie e tranviarie hanno determinato i cosiddetti streetcar suburbi, coi centri urbani attorno alle stazioni; così strade e freeways nel XX secolo hanno determinato lo sprawl. Sono sempre i trasporti ad aver costruito il tipo di insediamento, ed è il governo ad aver condizionato le modalità dei trasporti. Una tendenza che inizia con l’antica Roma, quando si costruiscono le vie attraverso l’Europa, o con lo Stato di New York che realizza il canale Erie nel 1817, fino alle amministrazioni che oggi costruiscono strade e aeroporti. Potrei scommettere, che il livello di diffusione insediativa di un paese oggi possa essere previsto guardando al bilancio generale degli investimenti per i trasporti, alle percentuali destinate a modalità addensanti come quelli collettivi, o decentratici come le strade.
Bruegmann cerca di evitare il rapporto fra sprawl e una determinate modalità di trasporto, affermando che le città “si diffondono da tempi immemorabili”. Anche i ricchi antichi romani, nota Bruegmann, amavano le ville in campagna. Ma si tratta solo di una falsa analogia. Certo, c’era qualche abitazione o fattoria all’esterno delle città medievali, ma stare appena fuori dalle mura della Barcellona medievale nell’ Anno Domini 1200 non è esattamente la stessa cosa che abitare a ottanta chilometri di Interstate I-10 da Houston, oggi.
Ad un certo punto, Bruegmann afferma: “non è davvero logico dare la colpa dello sprawl nel dopoguerra alle freeways … non ci sono motive particolari per ritenere che il decentramento causato dalle strade sia stato in qualche modo diverso da quello causato dalle ferrovie”.
Ma davvero? Le ferrovie un secolo e mezzo fa hanno determinato un’estensione in città come New York, ma non è la stessa cosa della dispersione. Le densità generali erano più elevate, nelle città, con le ferrovie e le metropolitane, di quanto non avvenisse prima della loro introduzione, il che è molto diverso da quanto accaduto dopo le autostrade. É un problema di fisica. Posto semplicemente, è impossibile stipare più di tante case e attività attorno ad una strada perché tutte le auto utilizzate da abitanti e lavoratori devono essere depositate da qualche parte. Le stazioni ferroviarie e della metropolitana non hanno questo problema. Inoltre, sono necessarie molte più corsie stradali per far muovere il medesimo numero di persone, rispetto ai binari.
Ciò non significa che Sprawl sia del tutto un brutto libro. Lo storico dell’arte è un meraviglioso osservatore, e si è sobbarcato molti e frequenti viaggi da frequent flier attorno al globo per documentare le varie tipologie insediative del XX secolo. Le sue descrizioni di questi territori in nazioni da noi meno conosciute come Germania, Italia, India o Thailandia, accompagnate da foto dell’autore, sono magnifiche. Ha anche ragione quando afferma che la tendenza in questi paesi è verso lo sprawl, non ad allontanarsene.
Ma come sa chiunque abbia mai posseduto un’azione, le differenze nei decimali contano. É certo che l’Europa occidentale tenda allo sprawl. L’ho descritto nel mio articolo del 1995 “ Eurosprawl”. Ma il sistema dell’urbanizzazione è ancora molto più compatto, ad esempio in Francia, solo per citare uno degli esempi chiave. Le persone abitano case più piccole, ma hanno più accessibilità alla campagna, camminano e vanno in bicicletta di più, passano meno tempo bloccati nel traffico. Gran parte degli americani non hanno queste possibilità, anche se molti abitanti della regione dei Tre-Stati le hanno. Ma Bruegmann non sa o non vuole vedere tutto questo, e continua a presentare lo sprawl come fonte di più occasioni, anziché di meno.
Per le stroncature a Bruegmann si veda su Mall quella di Josh Stephens per Planetizen (oltre a quella del sottoscritto linkata sopra); qui sono stati pubblicati anche vari testi dello stesso Bruegmann, reperibili attraverso il motore di ricerca (f.b.)