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Corrado Stajano
L'Italia s'è rotta
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Ancora un articolo che racconta la distanza che c'è tra paese e palazzo. Qualcuno la ridurrà?Da l'Unità del 28 gennaio 2005

Bisogna ricucire l’Italia come una tovaglia strappata. Bisogna rimettere in sesto questo Paese che si è rotto, lo si può vedere ogni giorno nei fatti piccoli e grandi. Per riuscirci sarà necessario tenere i nervi saldi, usare la pazienza e, soprattutto, riconquistare la passione persa per strada, tra delusioni, sconfitte, errori, scelte suicide e sì, stramberie, strampalerie.

E personalismi, fiere della vanità, che interessano soltanto qualche migliaio di persone tra piazza Colonna, Montecitorio, palazzo Madama, i ministeri sparsi nel centro storico di Roma e i simboli corrispondenti della politica nelle regioni e nelle province. Quelli che, in buona parte, scorrono le rassegne stampa e nient’altro e se gli chiedi qual è l’ultimo libro letto ti guardano allarmati come un perdigiorno. Qualcuno di loro, non pochi, non sa che la vita è anche altrove, persino fuori dai palazzi incantati.

Capiscano gli uomini della dirigenza del centrosinistra quanto le discussioni di queste settimane, le primarie, le candidature, le lotte di fazione che fanno certamente parte dell’essenza stessa della politica, appaiono repellenti alla gran parte dei cittadini, sia quelli iscritti ai partiti sia quelli che non lo sono, sempre dimenticati, ma che rappresentano il fulcro della grande alleanza democratica. I quali, nonostante si rendano ben conto della gravità della situazione di un paese alla ventura, sono tentati dal non volerne più sapere, presi da una crisi di rigetto. Terrorizzati dai giochi dell’egemonia, dalle dichiarazioni che sembrano fatte dagli uffici propaganda dell’avversario, dalle resistenze di chi non vuol perdere il ruolo e la famosa visibilità. Sperano che sia sul finire questo tragicomico regime berlusconiano, ma non vogliono sentirsi soli nella speranza.

I segni alterni della caduta non sono pochi, a cominciare dalle tornate elettorali vinte dal centrosinistra, dal 2001 in avanti. Ininfluenti, affermano i consiglieri del premier, per la non elevata partecipazione al voto. Ma a stare a casa sono soprattuto gli elettori delusi della Cdl che devono avere capito com’erano ingannevoli le promesse del loro Cavaliere.

Gli elettori del centrosinistra credono profondamente nell’unità, l’hanno dimostrato in queste «ininfluenti» elezioni politiche e amministrative. Ma vogliono sapere che cosa faranno in futuro gli uomini e le donne da loro eletti alle regionali e poi alle politiche. Desiderano conoscere il programma che non è un’astrazione, ma è il piano, il conto politico ed economico che riguarda ideali e interessi comuni. Quali sono le proposte? Quelle sì devono essere discusse: i grandi temi e le questioni della vita quotidiana, l’economia, la borsa della spesa, il risparmio, la giustizia, la scuola, la salute, il lavoro, la sicurezza, il destino dei figli.

Come si comporterà la maggioranza vincente di centrosinistra? In che modo rimedierà ai guasti di governanti incapaci, del tutto subalterni a un premier attento soltanto alla tutela dei propri beni e di quelli degli amici e a risparmiare loro e se stesso dalle sanzioni della giustizia? Che cosa faranno della legge sul conflitto di interesse che, così com’è stata fatta, non serve a nulla, che cosa faranno della legge sull’ordinamento giudiziario respinta da Ciampi al Parlamento, con un magro destino, che cosa faranno della legge sulla Rai e delle altre leggi sulla scuola, sull’università, sulle rogatorie, sul falso in bilancio, sui condoni, sull’organizzazione dei beni culturali? Come agiranno a proposito della rovinosa riforma di 34 articoli della seconda parte della Costituzione che forse l’anno venturo sarà andata in porto?

C’è il rischio che non vogliano toccare nulla o quasi per non turbare gli elettori del centro che non possono essere lasciati alla controparte? Ma i dubbi camminano, quegli uomini di idee moderate hanno forse compreso che quel modo di legiferare li danneggia, come danneggia l’immagine dell’Italia nel mondo. Se ha fiducia in se stessa, una sinistra pulita può fare con maggiore autorità quell’opera di convincimento che non riuscirà a cincischiati personaggi usi a tutte le bandiere.

Le persone di buona volontà comprendono, sono umiliate, qualsiasi idea politica abbiano. Il senso dello Stato sembra relativo, di questi tempi, altro che richiamarsi alla Destra storica. Il premier è arrivato in ritardo alla Camera e non ha votato la Costituzione europea - tre mesi dopo la firma in Campidoglio, non il giorno dopo come aveva promesso - ed era assente al funerale del maresciallo Cola morto in Iraq nella missione di pace che uccide e che viola ogni giorno di più l’articolo 11 della Costituzione della Repubblica. La forma, in casi come questi, è sostanza. Gravosa sostanza. Come è sostanza la caduta non soltanto di stile che mette in un cantone la funzione istituzionale delle più alte cariche dello Stato. Il presidente della Camera che esprime con una telefonata la sua solidarietà al senatore Dell’Utri imputato a Palermo per concorso in associazione mafiosa (condannato a nove anni) e ci tiene a farlo sapere con un comunicato mentre la Corte si è appena ritirata in camera di consiglio e che l’altro giorno definisce «incredibile» la sentenza del giudice di Milano, il gup Clementina Forleo che ha giudicato la cellula islamica e l’ha assolta. Mentre il presidente del Senato parla della legge sulla procreazione assistita e sentenzia che «l’embrione non è una muffa». Le istituzioni di garanzia vengono così a perdere neutralità e autorevolezza. Quel che fanno e dicono i ministri del centrodestra, poi, fa capire qual è il livello della politica governativa. Il ministro Castelli non fa quasi più notizia. Deve credersi il presidente della vera Corte suprema e giudica le sentenze anche nel merito. Ha trasformato i suoi ispettori ministeriali in pony express e li ha inviati subito a Milano per avviare un’inchiesta sulla dottoressa Forleo.

I disastri sono davanti a tutti. Dai treni che tardano, deragliano, si fermano per ore nella pianura gelata o sotto i monti, alla camorra dei quartieri allo sbalordimento di chi ha avuto la busta paga immiserita. Le detrazioni riguardano una persona su quattro. Chi guadagna di più risparmia di più, chi guadagna di meno non risparmia niente. Il 75 per cento dei pensionati non gode di alcun vantaggio.

C’è nell’aria una sorta di impazzimento. Si sa di una tassa sui cellulari. No, niente tassa sui cellulari. Il ministro Sirchia dichiara guerra alla pancia. 102 centimetri per gli uomini, 88 centimetri per le donne, massimo consentito. Arriverà nelle case una cintura. No, non è vero niente. Pancia libera. Sempre il ministro della Salute promette di diminuire il prezzo del latte in polvere. Un chilo, marca Humana, costa in farmacia 34 euro e 10 centesimi. Il calo del prezzo promesso è minimo. Su Internet, invece, quattro pacchi da 900 grammi l’uno costano 35 euro e 95 centesimo in tutto. In Germania il latte della stessa marca costa due terzi in meno.

Secondo il modello del Bush vincente occorre recuperare i valori, la famiglia, la fede. La Chiesa gongola. I cardinali che abitano in Vaticano, nei palazzi di via di Porta Angelica, guardano i programmi scollacciati e volgari di Mediaset e della Rai e non fanno obiezioni. Chissà poi come s’indignano, in privato. Il Corriere fa uno scoop metafisico. Ha potuto esaminare in anteprima un dossier sulla Madonna di Civitavecchia che piange. Il quotidiano da «Le prove del miracolo».

Poi le notizie più serie. Le pubblica Il Sole 24 Ore (17 gennaio): in sei grandi città italiane, secondo un’indagine del giornale, lo Stato taglia, gli enti locali tolgono, chi ci rimette è il cittadino. E poi, secondo un sondaggio pubblicato sempre dal Sole (25 gennaio), gli italiani - il sondaggio è di Globe-Scan/Eurisko - sono tra i più pessimisti sull’andamento dell’economia mondiale nostrana. Vedono più nero soltanto i sudcoreani e i libanesi.

Resta il gioco del lotto con il numero 53 che da 178 estrazioni non esce sulla dispettosa ruota di Venezia, a tener su la speranza. Ma gira già una leggenda metropolitana. Il governo ha fatto sparire la pallina del 53 per sanare un po’ le sue finanze marcite.

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