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Antonietta Mazzette
L’Italia che frana, l’Italia che resiste
18 Febbraio 2010
Scritti ricevuti
Una riflessione sull’Italia di oggi, ovviamente amara, ma aperta alla speranza. Scritto per eddyburg

San Fratello, un paese nella provincia di Messina, sta letteralmente franando. Un’intera piccola comunità (1.500 anime, si sarebbe detto un tempo) è stata costretta in fretta e in furia a raccogliere poche masserizie e ad andare via in modo fortunoso: chi da parenti e chi in albergo o chissà dove. Anche la Calabria si sta ‘disfacendo’: Maierato, Pizzo Calabro, Gimignano, la piana dell’Alli, Acri, Castiglione Cosentino stanno inesorabilmente scivolando giù. Ma questi sono solo gli ultimi esempi in ordine di tempo, mentre l’elenco sarebbe lungo e attraverserebbe l’Italia intera, compresa la Sardegna.

Come è corta la memoria degli amministratori e, forse, anche la nostra. A parte le popolazioni coinvolte e i famigliari, chi si ricorda dei morti dell’alluvione di Capoterra dell’anno scorso?

Quali le cause? Sempre la stesse: una cattiva politica e la speculazione edilizia. Non sembri strano, ma le due cose sono sempre andate di pari passo.

Stando alle accuse dei magistrati di Firenze Bertolaso non sembra più il super-eroe, è ridotto a un essere comune con molte (forse troppe) debolezze, circondato da una corte variegata di rapaci: cosiddetti uomini di affari, con una spiccata capacità a fare i propri interessi; parentado vario (cognati, mogli e chissà che altro), sempre utile alla bisogna; politici sempre pronti a prendere e distribuire ‘favori’; donne che del corpo hanno fatto il loro territorio di guadagno. Troppi rapaci e troppi soldi, distribuiti al di fuori di ogni ritegno e delle regole minime di democrazia.

Povero quel popolo che ha bisogno di eroi, avrebbe detto il Nostro. E povera Italia che negli ultimi anni di eroi sembra averne avuto bisogno. Ora, basita, assiste al franare del super-eroe e assiste disperata alle frane dei suoi territori.

Da settimane gli operai di Termini Imerese chiedono a gran voce di poter conservare il posto di lavoro. Il loro è stato un carnevale poco allegro, se non per aver indossato la maschera di Marchionne con i denti aguzzi del vampiro. Anche gli operai dell’Alcoa di Portovesme e della Vinyls di Porto Torres chiedono di poter continuare a lavorare 8 ore al giorno e assicurare, così, cibo e alloggio alle loro famiglie.

Questi operai sono abituati a lavorare e non si sottraggono alla fatica neppure per difendere il loro posto, incatenandosi al deposito di carburanti del porto, esponendosi da giorni ai forti venti di maestrale in cima alla torre aragonese, incontrando con determinazione dirigenti locali e nazionali, parlando con chiunque esprima la volontà di ascoltarli.

Come è lontana l’Italia di questi operai da quella espressa dai cosiddetti imprenditori. D’altronde, come è lontano il modello sociale e imprenditoriale di Adriano Olivetti – di cui si celebra il centenario – da quello di quanti acquisiscono le imprese per smontarle e rottamarle con l’unico intento di fare affari. Per costoro ogni occasione è buona per fare denaro, persino un terremoto è ragione di brindisi e di serate piacevoli.

L’agenzia regionale per il lavoro ci comunica che si allungheranno i tempi dell’istruttoria delle domande di Master and Back, “in considerazione dell’elevatissimo numero delle domande pervenute in risposta agli avvisi pubblici relativi ai Percorsi di rientro ed ai Tirocini”. Ciò significa che ci sono migliaia di giovani sardi laureati e istruiti che sono andati fuori per migliorare il loro bagaglio culturale e tentano di resistere alle difficoltà che incontrano in questa Italia così avara con loro. Ritornano esprimendo la volontà di costruire un mondo che abbia un senso non solo per sé.

C’è un’Italia che frana, materialmente e moralmente, e c’è un’Italia che resiste alle intemperie e a questa brutta politica. Quale Italia avrà la meglio? Il quesito per il momento resta aperto.

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