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Giuseppe De Marzo
L’ipocrisia della «green economy»
21 Giugno 2012
Invertire la rotta
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Benvenuti a Rio meno 20. Al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile vincono la burocrazia e la governance che ha prodotto la crisi. A perderci sono l’umanità e la democrazia, ostaggi degli interessi di banche e multinazionali. Il documento scaturito da quello che è ormai un circo itinerante non contiene assolutamente nulla di concreto per affrontare la realtà del disastro ecologico e della crisi sociale ed economica. Una visione economicista pregna un documento vago e privo di qualsiasi ambizioni. L’assenza dei capi di Stato dei principali Paesi responsabili della degradazione planetaria e delle politiche finanziarie che hanno collassato l’umanità, rende impossibile pensare di ottenere cambiamenti e impegni concreti nella due giornate finali del vertice. La green economy che emerge dal testo è indefinita e si affida al mercato, rivendicando libertà di azione e nessuna regola. Con buona pace di chi ha colpevolmente affidato le proprie speranze alle inesistenti virtù di quello che è ad oggi un palese tentativo di finanziarizzazione della crisi ecologica. Il documento elogia addirittura il ruolo positivo dei grandi organismi finanziari nel raggiungimento dello sviluppo sostenibile. Come dire che la centrale Enel a carbone di Porto Tolle è green economy e fa bene alla salute.

Molte delegazioni governative affermano che non si poteva fare di più. Ma perché non si poteva fare di più? Chi e cosa impedisce di prendere le decisioni di cui abbiamo bisogno per il nostro futuro? È questo il grande tema che interroga l’etica e la politica, più che la tecnica e la scienza. Il forum dei popoli oggi ha indetto la grande manifestazione per la Terra. «La speranza è nelle strade e nelle piazze che si riempiono di nuove soggettività impegnate a difendere ed affermare diritti, beni comuni, economie sostenibili, lavoro e democrazia. Le strade e le piazze sono gli unici luoghi rimasti pubblici dove si può fare politica. Dentro i palazzi della burocrazia non c’è più niente che possa aiutarci», il commento del sociologo portoghese Boaventura De Sousa. La sfida è quella di costruire nuovi paradigmi e modelli in grado di farci superare le crisi.

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