Qualche migliaio di manifestanti, rigorosamente a piedi nudi, hanno attraversato il Lido: tante donne, ragazzi e ragazze, tra loro decine di migranti. Soprattutto dall’Africa: Nigeria, Gambia, Senegal. Si vedono anche bandiere del sindacato: spiccano quelle verdi della Cisl, ma ci sono pure iscritti della Uil, e una nutrita rappresentanza della Cgil, con in testa la segretaria Susanna Camusso.
Folto anche il drappello di politici, ma se si eccettua il vignettista Staino dell’Unità, della galassia renziana non si vede nessuno. In qualche modo, si tratta di “ex”: l’ex segretario di Sel Nichi Vendola, la ex ministra Livia Turco, gli ex piddini Stefano Fassina e Pippo Civati. Avvistato anche l’ex sindaco di Padova ed ex ministro Flavio Zanonato. A riassumere la piattaforma della manifestazione è Giulio Marcon, di Sel, che con il regista Andrea Segre, altri attori e artisti, un vasto arco di associazioni, ha organizzato in pochi giorni le marce in tutta Italia: «La prima urgenza — spiega — è quella di allestire corridoi umanitari sicuri e protetti, a livello europeo. Si dovrebbe poter fare già nei paesi di origine, o a pochi chilometri dalle coste, intercettando i barconi per salvare chi fugge. E accogliere tutti, innanzitutto, calibrando poi l’intervento a seconda che si tratti di rifugiati o di migranti economici”.
Il tema mainstream, quello che nella versione Merkel, o in quella di Salvini, impone una netta distinzione tra chi accogliere e chi rimandare a casa, qui non sembra porre dubbi: tutti concordano sulla necessità di non discriminare. Lo spiegano Rita e Filomena, due giovani sorelle della Congregazione Charles de Foucauld di Fermo, casa di accoglienza per migranti: «Gli uomini sono tutti uguali, e non puoi selezionare. Poi anche chi fugge dalla fame, chi tenta di sopravvivere con i propri figli, è come se venisse da una guerra. Noi cerchiamo di far integrare le persone che stanno da noi: adesso alcuni di loro stanno creando una cooperativa con diversi mestieri».
«Da Venezia a Kobane, da Budapest a Bruxelles: #apiediscalzi #refugeeswelcome». «Io non sono un pericolo, io sono in pericolo». «Abbiamo bisogno di documenti». Tanti gli slogan portati sui cartelli dai migranti, mentre i centri sociali del Nordest — tra loro Luca Casarini — scandiscono «La nostra Europa non ha confini, siamo tutti clandestini», con la doppia versione finale: «siamo tutti cittadini». A metà strada vengono messe a disposizione diverse bacinelle di tempere colorate: chi vuole può bagnarsi i piedi e lasciare le proprie orme sul vialone che porta al Casinò.
Sankung, un ragazzo del Gambia, spiega di essere ospite con altri 50 immigrati in un albergo di Chioggia: le procedure per vagliare le loro richieste di asilo sono lentissime, così c’è chi è da oltre un anno in attesa. E visto che non hanno documenti, per il momento non possono neanche cercarsi un lavoro regolare. Il gruppo è accompagnato da Elena Favaretto, dell’associazione di volontariato Migrantes: spiega che la commissione di Padova, che ha in carico le loro richieste, concede gli asili con il contagocce. Gianluca Schiavon, del Prc, spiega che il suo partito sta sperimentando l’accoglienza nelle sedi locali in diverse città.
Tra i bonghi e i canti dei migranti e le musiche diffuse dal camioncino dell’organizzazione, risuonano le parole dell’appello letto dall’attrice Ottavia Piccolo: «Noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi. Di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere. E’ difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo. Ma la migrazione assoluta richiede esattamente questo: spogliarsi completamente della propria identità per poter sperare di trovarne un’altra. Abbandonare tutto, mettere il proprio corpo e quello dei tuoi figli dentro ad una barca, ad un tir, ad un tunnel e sperare che arrivi integro al di là, in un ignoto che ti respinge, ma di cui tu hai bisogno». In attesa del vertice Ue di lunedì, gli italiani e i migranti che hanno marciato oggi in tutto il Paese sperano che si apra uno spiraglio per una politica comune dell’asilo e l’istituzione immediata di corridoi umanitari.