Alcune brevi considerazioni, dopo la lettura dei due disegni di legge:
1. Innanzitutto, c’è un problema di corrispondenza tra etichetta e contenuto, tra gli obiettivi dichiarati e quelli realmente perseguiti. Il ddl Realacci dedica al consumo di suolo meno di un terzo del testo dell’articolato. Il 70% del ddl è funzionale all’introduzione, con legge nazionale, degli istituti classici dell’urbanistica contrattata (perequazione, compensazione, trasferimento di diritti edificatori connaturati alla proprietà delle aree). Il consumo di suolo c’entra poco, lo scopo è quello di superare la 1150/42 e di mettere la mordacchia all’articolo 42 della Costituzione.
2. Il ddl governativo, invece, opera effettivamente entro il quadro del problema che si intende affrontare. La scelta è per il modello tedesco, basato sulla quantificazione di obiettivi quantitativi di consumo di suolo a scala nazionale e regionale. Gli obiettivi sono definiti e gestiti, con meccanismi co-decisionali contingentati, dal Governo e dalla Conferenza Stato-Regioni.
3. Il ddl Realacci simula un dispositivo in apparenza simile, declassandolo prudentemente però al rango di intese strategiche Stato-Regioni, su obiettivi generici di contenimento del consumo di suolo. Si tratta di fuffa allo stato puro.
4. Al posto degli obiettivi quantitativi stringenti proposti dal ddl governativo, il ddl Realacci punta tutto sui disincentivi economici: gli oneri di urbanizzazione triplicano nel caso di urbanizzazione di suoli forestali o a elevata naturalità, duplicano nel caso di suoli agricoli. E’ una scelta singolare nel panorama europeo, nel quale la leva economica è sempre complementare a quella regolativa, sia nel modello tedesco, sia in quello inglese, basato su obiettivi vincolanti di riuso di brownfields.
5. La maggiorazione degli oneri di urbanizzazione - misura di apparente concretezza -, finisce per avere in realtà un’effettività tutta simbolica, rispetto all’entità del plusvalore generato dalla trasformazione edilizia di suoli agorforestali.
6. C’è pure da osservare che le dinamiche di uso delle terre in Italia, con le formazioni forestali in fase di impetuosa espansione, e le aree agricole consumate al ritmo di 35.000 ettari l’anno (quattro volte la città di Napoli, i tre quarti nelle pianure fertili del Paese). non giustificano il maggior peso attribuito al naturale rispetto all’agricolo. Paradossalmente dovrebbe essere il contrario.
7. Il ddl Realacci prevede anche la possibilità, al posto del pagamento monetario, della cessione di aree verdi con funzioni di compensazione ecologica. In Germania queste cose si fanno, sulla base di procedure molto rigorose, e sempre come estrema ratio. Come introdotte dal ddl Realacci, di opzione percorribile in prima battuta, un simile istituto prefigura un doppio danno, con il consumo consentito di paesaggio rurale di qualità, in cambio di spazi banali, la cui gestione e destino futuri sono tutta un’incognita.
8. In conclusione: il ddl Realacci con il consumo di suolo e con la tutela delle aree agroforestali c’entra veramente poco: è una strana legge urbanistica camuffata. Il ddl governativo costituisce invece un’ottima base di discussione, per dare al Paese uno strumento efficace, del quale c’è assolutamente bisogno.