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L’eterno ritorno dell’Ammazzaparchi Lombardo
24 Luglio 2011
Padania
Servizio su la Repubblica ed. Milano 24 luglio 2011: assalto dei soliti noti appassionati di sviluppo locale a colpi di metri cubi inutili e parcheggi vuoti (f.b.)

Torna lo scontro in Regione sulla legge ammazza-parchi

di Andrea Montanari

Torna in consiglio regionale la battaglia sulla nuova legge sui parchi dell’assessore regionale pidiellino Alessandro Colucci. A nemmeno un mese dall’ultimo scivolone del centrodestra quando, a sorpresa, undici franchi tiratori (tra leghisti e pidiellini) avevano rinviato il testo in commissione, la maggioranza che governa il Pirellone ci riprova. Anzi, giovedì ripresenterà in aula la stessa legge nonostante le proteste degli ambientalisti che temono l’arrivo di una nuova colata di cemento sui parchi lombardi. «Non nego che anche al nostro interno ci siano stati dei mal di pancia - ammette il capogruppo del Pdl in Regione Paolo Valentini - ma ora sono superati. Non è assolutamente vero che questa legge non tutela i parchi.

Le opere di interesse pubblico come le autostrade si potevano costruire nel verde anche prima. Se non passa questa volta, tutti i parchi saranno commissariati dalla Regione. Se qualcuno ha intenzione di farla saltare si dovrà assumere anche questa responsabilità». Un provvedimento inserito dal ministro per la Semplificazione leghista Roberto Calderoli nel decreto Milleproroghe, infatti, prevede l’abolizione degli attuali consorzi che governano i parchi. Senza un nuovo testo, saranno tutti commissariati dal Pirellone.

L’opposizione di centrosinistra non ci sta. Annuncia che scenderà in piazza e presenterà centinaia di emendamenti. «È un pasticcio - attacca il consigliere regionale del Pd Agostino Alloni - abbiamo bisogno di una riforma che rilanci i parchi, non di una legge che crea ancora più confusione. C’è tutto il tempo nei prossimi mesi per approvare una riforma vera per mettere ordine. Invece, si vuole fare in fretta solo perché la Regione vuole avere il controllo per poter costruire nei parchi. È vero che le opere di interesse pubblico come le autostrade sono già consentite, ma attraverso un percorso di confronto. Se passa la legge, deciderà solo la giunta del Pirellone».

Il progetto prevede non solo la trasformazione dei consorzi dei parchi lombardi in enti di diritto pubblico ma anche la semplificazione delle procedure per la pianificazione delle aree protette; la ridefinizione dei confini dei parchi, escludendo le zone limitrofe ai centri abitati che sono già state parzialmente edificate; la designazione di un componente della Regione nei nuovi comitati di gestione dei parchi che prima erano eletti solo dai comuni; la possibilità di realizzare infrastrutture come strade e autostrade nei parchi «se previsti negli strumenti di programmazione regionale».

Si tratta delle cosiddette deroghe, che erano ancora più esplicite nel testo della legge che fu bloccato al termine della scorsa legislatura. All’epoca in cui l’assessore regionale al Territorio era il leghista Davide Boni, oggi presidente del consiglio regionale.

Proprio dai banchi del Carroccio questa volta erano arrivate le perplessità sul nuovo testo. «La legge ci vuole, ma non vogliamo nuove cadreghe» aveva tuonato Renzo Bossi, figlio del Senatùr. «Non vogliamo una legge per lottizzare nuove poltrone. Siamo grati a chi ha bloccato una legge antifederalista» ha scritto sul suo blog il consigliere regionale leghista Giacomo Longoni.

Il capogruppo del Carroccio in Regione, Stefano Galli, ammette che si tratta solo «di una legge tampone», ma in vista del nuovo passaggio in aula non ha dubbi: «Il gruppo voterà compatto. Spero che lo abbiano capito anche loro. Abbiamo avuto il via libera anche del segretario nazionale Giancarlo Giorgetti. Il testo è stato profondamente modificato. Domani incontrerò l’assessore Colucci per un ultimo chiarimento, ma c’è tutto il tempo per fare la riforma».

L’alleanza tra sindaci e costruttori per il cemento con vista sul verde

di Franco Vanni

Mentre decine di Comuni seguono con apprensione l’evoluzione della legge sui parchi, c’è chi stappa champagne. Letteralmente. «Il parco è una prigione, qui per fare una veranda in cortile aspetti vent’anni, adesso basta», dice un imprenditore di Gambolò, provincia di Pavia. E a Gambolò, come nelle vicine Bereguardo e Gropello, l’amministrazione spinge per il cemento. «Con la nuova norma – dice un sindaco della zona – diventeremo un posto normale». E ha ragione: il parco del Ticino fino a oggi non è stato mai un posto normale.

Il parco del Ticino non è un posto normale per volere di 30mila abitanti che nel 1974 firmarono perché lungo il fiume fosse creata la prima zona a tutela regionale d’Italia. L’eccezionalità del parco, che ospita 4.932 specie viventi in 91.410 ettari di terreno, è riconosciuta dall’Unesco: è l’unica area protetta regionale che ingloba l’intero territorio dei 58 Comuni che la compongono, comprese abitazioni, chiese, parcheggi e capannoni. E per questo rischia più di tutti. «La previsione della legge per cui i confini del parco potranno essere rivisti - dice Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano - è cucita sul nostro caso. Se ogni sindaco decide dove si può costruire, è la fine».

E la nuova norma, nonostante le smussature chieste da Pd e Lega, dice proprio questo. Rimarrebbe inviolabile la porzione di 22.249 ettari (meno di un quarto del totale) di Parco naturale: le sponde e poco altro. Ed è proprio la labilità dei confini fra parco e "aree di iniziativa comunale", disciplinate dai piani regolatori dei Comuni, a spaventare gli ambientalisti.

Oltre al parco del Ticino, un altro contesto che sarebbe stravolto dalla «ridefinizione dei confini di area» è il parco delle Groane, ente fragile, già al centro di inchieste giudiziarie. Bollate e Garbagnate spingono per costruire abitazioni "vista verde" sul terreno tutelato, ma l’opposizione dell’ente parco - formato dai Comuni e dalle Province del territorio - frena.

«Alle Groane è successo un miracolo - dice Paola Brambilla, presidente del Wwf lombardo - nonostante la fame di terreni edificabili, la zona tutelata si è estesa verso Senago. Ora il rischio è che si scateni la gara a fare marcia indietro». E a minacciare il verde non sono solo le abitazioni.

Il secondo allarme per chi sostiene l’integrità dei parchi è l’introduzione delle deroghe ai vincoli ambientali e paesaggistici per costruire opere di «interesse pubblico», non per forza di interesse nazionale. E cambia tutto. L’esempio è l’impatto che la strada Pedemontana potrebbe avere sulla Pineta di Appiano Gentile, nel Comasco. Se la strada è ritenuta di interesse nazionale - e si sarebbe fatta comunque - lo stesso non vale per gli svincoli che dovrebbero affiancarsi alle strade locali esistenti. «Gli svincoli sarebbero potuti essere fermati dai Comuni - spiega Brambilla - ma essendo nel Piano territoriale regionale guadagneranno quell’interesse pubblico che permetterà di asfaltare le aree protette».

Stessa storia al parco Adda Nord, 34 Comuni in quattro province, interessato dalla Bre-Be-Mi: «All’opera si potrebbero aggiungere bretelle di collegamento, previste dalla Regione, e non ci potremmo fare nulla», dice il presidente del parco, Agostino Agostinelli. La Provincia di Milano, grazie al "bollino" regionale, potrebbe tirare fuori dal cassetto il progetto della tangenziale Ovest nel parco agricolo Sud, bocciato dai Comuni. Ma anche sulle deroghe la partita vera si gioca nel parco del Ticino. E riguarda la terza pista all’aeroporto di Malpensa.

Milena Bertani, presidente del parco, si oppone all’ipotesi cara al Pirellone di dotare lo scalo varesino di un’altra pista: il Cda, nominato dagli enti locali, ha espresso all’unanimità parere negativo. Ora i 16 Comuni interessati dall’opera sperano in uno stop. In particolare, sperano gli abitanti di Lonate Pozzolo, che all’aeroporto dovrebbe cedere 400 ettari. Ma cosa succederebbe se nel Cda del Ticino sedesse uno uomo della Regione, come prevede la nuova legge? «È probabile che il consiglio si sarebbe diviso sul parere, perdendo forza», dice Bertani. Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, attacca: «Se la Regione entra nel Cda dovrebbe assicurare fondi, ma non sembra così». Per Carlo Borghetti, consigliere regionale del Pd, «Comuni e comunità montane passeranno in secondo piano».

Come nel parco delle Orobie bergamasche, dove i Comuni sono arrivati a fare combaciare esigenze di caccia, sci, tutela e urbanizzazione. Sono pronti a scrivere («in tempi lunghi, tribali», scherza un sindaco) il documento di pianificazione del parco, che manca. «Con il dirigente regionale e l’obbligo di votare uno statuto litigheremo - racconta il sindaco - saremo commissariati, perderemo la nostra identità e qui comanderà la gente di pianura».

L’allarme del Fai: così si rischia di massacrare il paesaggio lombardo

intervista aIlaria Borletti Buitoni, di Franco Vanni

Ilaria Borletti Buitoni, presidente del Fondo ambientale italiano, che cosa cambierà nella gestione dei parchi con la legge che la Regione si prepara a votare?

«Se sarà approvato il testo licenziato in commissione saranno ridotte le tutele per il patrimonio naturale e paesaggistico, nel malcontento degli enti locali. Non si capisce per quale necessità sia fatta una simile legge».

La Regione sostiene che sia il decreto Milleproroghe a prevedere il riordino degli enti che governano i parchi

«Lo sostiene, ma non è vero. I nostri legali hanno analizzato la materia e i parchi lombardi non rientrano fra gli enti di cui andava rivista la governance».

Avete intenzione di opporvi?

«Vedremo se sarà possibile rendere l’applicazione della legge difficile o impossibile, se necessario anche con azioni legali».

Significa che comincerete a fare ricorsi al Tar il giorno dopo l’approvazione?

«Il tribunale è l’ultima delle possibilità che prendiamo in considerazione. La speranza è che la politica riesca quantomeno a evitare il peggio».

E cos’è il peggio, in questo testo di riordino dei parchi?

«Un cambio radicale delle regole sarebbe dovuto essere sostenuto da investimenti. Così non è una riforma, ma un contenitore vuoto. E la possibilità di revisione dei confini dei parchi è quantomeno inopportuna».

Quale rischio immagina nella facoltà di restringere le aree di parco da parte dei Comuni?

«Il rischio è che i parchi vadano riducendo la propria estensione, e che a forza di deroghe nelle zone protette il paesaggio sia massacrato. Bisogna evitare che succeda altrove quello che già è accaduto in Brianza».

Che cosa è successo in Brianza?

«A forza di permessi ed eccezioni si è costruito senza freni. Stendhal definiva la Brianza come il giardino d’Europa, la meraviglia dell’intero continente. Oggi non penso userebbe le stesse parole».

Guardando al futuro, qual è l’area a maggior rischio di cementificazione in Lombardia?

«Un fronte aperto è quello del Parco agricolo Sud Milano, a cui teniamo molto. La sua dignità culturale dovrebbe essere tutelata, invece le costruzioni mangiano territorio. E nessuno si premura di dichiararlo parco regionale. Ma il problema è generale, in Lombardia è avvenuto il più ampio scempio paesaggistico in Italia».

Ha mai rappresentato le sue preoccupazioni a Formigoni, proponendo una collaborazione con il Fai?

«È stata una delle prime cose che ho fatto un anno fa, quando ho assunto la presidenza. Ma da allora non mi sembra che la Regione si sia occupata molto di paesaggio, anzi».

Non crede che entrando negli organi di gestione dei parchi la Regione voglia farsi carico del problema ambientale?

«Di per sé la presenza della Regione nel governo dei parchi non è negativa, ma il timore è che sia un’accelerazione verso una minor tutela, e allora l’ingerenza sarebbe insopportabile. Sono troppi i casi in cui il Pirellone spinge per grandi trasformazioni infrastrutturali. Sulla terza pista di Malpensa, cara alla Regione, abbiamo presentato ricorsi insieme con il Wwf».

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