Alcuni bilanci economici parziali sugli effetti dell'evento Expo, letti da una certa prospettiva confermano un positivo orientamento dei visitatori, e un errore di impostazione, a dir poco molto conservatrice. La Repubblica Milano, 23 ottobre 2015, postilla (f.b.)
Nove Expo-turisti su dieci promuovono Milano. Lo dice un’indagine della Camera di commercio e del Comune su un campione di mille visitatori, che hanno ammesso di essere venuti in città proprio per l’Esposizione universale. Ma se il turista appare soddisfatto, lo sono meno i commercianti e i ristoratori che a poco più di una settimana dalla chiusura dei padiglioni lamentano l’assenza di un impatto da grande evento sui loro incassi.
I turisti dell’Expo venuti a settembre apprezzano non solo il Duomo, Brera e i Navigli, ma anche l’aperitivo, i servizi della città e in qualche modo lo stile di Milano. Il 55 per cento è italiano, gli altri vengono da Europa, Cina, Giappone e America.
Ma i ristoratori tutti questi turisti sostengono di non averli “sentiti”. Già durante l’estate locali e ristoranti avevano denunciato che la movida dell’Expo, con il biglietto d’ingresso a 5 euro alla sera, “rubava” clienti alla città. Oggi, a Esposizione quasi conclusa, confermano. «Ormai è finita e accenderemo un cero — si spinge addirittura a dire Giuseppe Gissi, vicepresidente vicario di Epam, l’associazione che raccoglie i pubblici esercizi — . Se togliamo piazza Duomo e la Galleria, le altre zone non hanno risentito di alcun beneficio, anzi sono andate giù. Non ce l’abbiamo con l’Expo, chiariamolo, ma con la movida serale che ci ha uccisi».
Anche i negozianti non fanno i salti di gioia: «I dati delle transazioni delle carte di credito dimostrano che tra luglio e agosto c’è stato un più 30 per cento riferito solo agli stranieri e nelle zone del Quadrilatero — dice Renato Borghi, presidente di Federmoda — mentre nessun aumento da parte degli italiani. Quindi l’effetto Expo c’è stato solo in pieno centro, mentre il commerciante medio come in corso Vercelli non ha avuto benefici. Ma sono convinto comunque — dice Borghi — che sia cresciuta la reputazione di Milano: gli effetti si raccoglieranno più avanti». In corso Buenos Aires è Gabriele Meghnagi di Ascobaires a dire che «gli incassi sono meno delle aspettative ma comunque viva Expo, è un investimento per il futuro».
L’assessore al Commercio e turismo, Franco d’Alfonso, soddisfatto invece dei riscontri sulla città, insiste che per non disperdere il patrimonio conquistato si lavora con gli operatori su pacchetti weekend per i turisti. E assicura: «Basta guardarsi in giro e l’effetto si vede, gli alberghi sono pieni. Le periferie magari non hanno avuto benefici, ma non sono mai il primo posto dove si va quando si visita un luogo nuovo. In città girano 350mila persone in più al giorno di media: Milano ha svoltato, è una città ormai stabilmente entrata tra le prime dieci mete turistiche d’Europa ».
postilla
In realtà, leggendo queste (prevedibili, scontate) lamentele dei bottegai del centro e meno del centro sul mancato «indotto Expo», non possono non tornare in mente le arroganti battute dei conservatori culturalmente destrorsi a suo tempo, ben riassunte da quella definitiva del rappresentante BIE: «un orto di melanzane non interessa a nessuno». Battuta che, anche al netto dei toni, liquidando l'autentico progetto originario coerente col tema Nutrire il Pianeta, prefigurava una serie di tradizionalissime scelte, espositive e organizzative: il baraccone del sito sul modello parco tematico suburbano, aspirapolvere di folle e interessi, e più in generale l'impostazione antiquata, assai diversa dal genere di pubblico che un tema come quello alimentare ed ecologico avrebbe potuto attirare. Ecco, questa quasi finale «delusione degli operatori» per il mancato innesco di certe vetuste economie turistiche pare indirettamente bocciare proprio quel taglio da Expo ottocentesca, e da turismo consumistico acchiappatutto un po' da boom economico. Potrebbe, anche questo aspetto, diventare oggetto di riflessione non contingente, sia sul futuro funzionale e strategico delle aree, sia su quello più generale del turismo urbano negli anni a venire (f.b.)