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Ermete Realacci
L’«economia a misura d’uomo» parla italiano
20 Giugno 2015
Invertire la rotta
Incredibile. L'autore di questo articolo, ospitato con evidenza dal "quotidiano comunista", è tra quelli che hanno votato lo "sblocca Italia", uno dei peggiori delitti contro la "casa comune" che il governo pieddino di Matteo Renzi abbia compiuto. Vedi i riferimenti in calce.

Incredibile. L'autore di questo articolo, ospitato con evidenza dal "quotidiano comunista", è tra quelli che hanno votato lo "sblocca Italia", uno dei peggiori delitti contro la "casa comune" che il governo pieddino di Matteo Renzi abbia compiuto. Vedi i riferimenti in calce. Il manifesto, 19 giugno 2015

Molti hanno sot­to­li­neato la forza e l’importanza della scossa che viene dall’enciclica «Lau­dato si’» di Papa Fran­ce­sco sui temi dell’ambiente e dei muta­menti cli­ma­tici e, più in gene­rale, sullo svi­luppo umano. Una visione e una capa­cità di con­net­tere temi e cul­ture che sem­bra, fran­ca­mente, man­care alla poli­tica. A me inte­ressa sot­to­li­neare che que­sta idea di eco­no­mia a misura d’uomo, che sta in campo usando meno ener­gia e meno mate­rie prime, senza lasciare indie­tro nes­suno — senza lo «scarto» — può par­lare, come in parte già parla, ita­liano. Se guar­diamo l’Italia con occhi meno pigri e distanti da quelli delle agen­zie di rating, privi di lenti ideo­lo­gi­che aprioristiche.

Men­tre la crisi sem­bra final­mente allen­tare la sua presa sul Paese, è ancora più impor­tante avere un’idea di futuro. Non se ne può uscire allo stesso modo in cui siamo entrati. Alle spalle abbiamo i mali sto­rici dell’Italia: il debito pub­blico, le disu­gua­glianze sociali, la disoc­cu­pa­zione, l’illegalità, una buro­cra­zia spesso oppri­mente, il Sud che perde contatto.

Se guar­diamo avanti, invece, vediamo i nostri punti di forza: la bel­lezza, la qua­lità dei pro­dotti, i ter­ri­tori, la green eco­nomy, la cul­tura, la crea­ti­vità. Que­sti ele­menti, parte inte­grante del Dna del nostro Paese, si evol­vono in valore e nuova occu­pa­zione soprat­tutto quando incon­trano tes­suti sociali coesi e soli­dali. L’identità, le rela­zioni e i saperi delle nostre comu­nità danno vita­lità all’economia «green» che ruota attorno alla valo­riz­za­zione e all’innovazione delle risorse ter­ri­to­riali. Lo stesso vale al con­tra­rio: que­ste filiere, a loro volta, sti­mo­lano coe­sione sociale e dinamicità.

La green eco­nomy, quindi, con­tri­bui­sce a cam­biare il modello di svi­luppo in chiave soste­ni­bile, difen­dendo al con­tempo ambiente e diritti, con­su­mando sem­pre meno mate­rie prime e meno ener­gia e orien­tan­dosi verso modelli di eco­no­mia cir­co­lare e sha­ring eco­nomy. È l’unica via per uscire dalla crisi e ci sem­bra la stessa strada trac­ciata da Papa Fran­ce­sco con la sua enci­clica che segna un punto di svolta epo­cale nella con­ce­zione del rap­porto fra uomo, natura ed economia.

Non è pen­sa­bile far ripar­tire il Paese inse­guendo i bassi salari e azze­rando le tutele sociali. I numeri dicono esat­ta­mente il contrario.

Sono quei set­tori dove c’è qua­lità, di pro­du­zione e di pro­dotto, che mostrano segni di ripresa. Nel solo 2014 in Ita­lia si sono avute 234mila assun­zioni nei green jobs. Tra il 2011 e il 2014 la richie­sta dei pro­dotti made in Italy è aumen­tata del 22% nel mondo. Siamo il quinto paese per sur­plus mani­fat­tu­riero die­tro a giganti come Ger­ma­nia, Cina, Giap­pone e Corea. Il sistema cul­tu­rale «ci dà da man­giare», come dicono i dati del rap­porto «Io Sono cul­tura» di Sym­bola e Union­ca­mere, con 84 miliardi di euro, il 5,8% dell’economia nazio­nale, che arri­vano a 226,9 miliardi con­si­de­rando l’intera filiera culturale.

Chi ha inve­stito in crea­ti­vità ha visto il pro­prio fat­tu­rato salire del 3,2% in un anno.

Pos­siamo dire che nei nostri pae­saggi, tra i ter­ri­tori, nelle rela­zioni sociali, esi­ste una matrice di bel­lezza che feconda tutte le atti­vità, dall’arte all’artigianato, alla mani­fat­tura evo­luta. Ma non è una risorsa garan­tita per sem­pre, è un capi­tale umano e sociale su cui pun­tare per affron­tare le sfide del futuro con pro­po­ste con­crete e poli­ti­che attive.

Il nostro paese, forte anche del mes­sag­gio di Papa Ber­go­glio che parla della neces­sità di un «nuovo pro­getto comune» per l’uomo e per il pia­neta, può gio­care un ruolo da pro­ta­go­ni­sta anche in vista della con­fe­renza COP21 che si terrà a Parigi in autunno.

Con­tro la crisi ce la pos­siamo fare, ma l’Italia deve fare l’Italia.

Riferimenti

Vedi Sblocca Italia:Realacci, perché hai votato si?; nonché i numerosi articoli, riportati su eddyburg, dedicati alla legge Realacci sul consumo di suolo. Tra i quali, sul manifesto, quello di Paolo Maddalena e, su Repubblica, quello di Salvatore Settis.
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