Per alleviare la pressione demografica di Pechino si progetta una nuova citta', si prospettano speculazioni immobiliari, sfratti e dismissione delle attività' agricole, Internazionale, 30 Giugno 2017, (i.b.)
Il vecchio Yuantou non aveva mai visto tanti forestieri a Dawang, la cittadina della contea di Anxin, nello Hebei, dove vive. Era il 4 aprile: in città è arrivata una ila di automobili targate “Pechino, Tianjin, Shandong, Gansu... era la prima volta che ne vedevo tante”. Passando, hanno messo in agitazione il migliaio di anatre che Yuantou alleva nel cortile.
La costruzione del nuovo distretto di Xiongan, nello Hebei, che unisce le contee di Xiaxiong, Rong cheng e Anxin: “Insieme alla zona economica speciale di Shenzhen e al distretto di Pudong a Shanghai, Xiongan rappresenta un importante passo in avanti per tutto il paese”. Nei tre giorni successivi all’annuncio, la contea di Anxin è stata invasa da decine di migliaia di persone in cerca di nuove possibilità di investimento nella zona. Da un lato Yuantou è contento perché se da giovane, quand’era lontano da casa, per spiegare da dove veniva doveva dire “vicino al lago Baiyang”, ora basta che risponda “il nuovo distretto di Xiongan”. Dall’altro, però, Yuantou è preoccupato per le sue anatre, che alleva da 33 anni. Tra gli abitanti della cittadina è quello che lo fa da più tempo. Stando alle stime del 2014, il 12 per cento della produzione nazionale di uova d’anatra proviene dallo Hebei, e più del 60 per cento di quelle salate che si mangiano a Pechino è prodotto nella contea di Anxin. Ogni anno le anatre di Yuantou producono decine di migliaia di uova, che da Anxin si vendono in tutta la Cina.
Lavoro concreto
Yuantou vive in una casupola di fango e mattoni di neanche trenta metri quadrati, che ha costruito con le sue mani. L’ingresso dà sul recinto delle anatre, costruito con i mattoni e grande un centinaio di metri quadrati. Il terreno è di proprietà dell’ufficio per la gestione delle risorse idriche, ma ormai sono molti anni che Yuantou vive lì in affitto.
Ogni giorno l’uomo si carica sulle spalle quaranta chili di mangime da distribuire “con calma” ai volatili, mentre di notte si alza alle due per raccogliere le uova appena deposte: alleva più di un migliaio di anatre e raccoglie le uova a mano, una per una, prima dell’alba, per poi tornare a letto. Quelle che alleva Yuantou sono anatre da riproduzione, le loro uova non sono destinate al settore alimentare. Agli occhi dei più, Yuantou fa un lavoro logorante, e molto spesso i nipoti si lamentano dell’“odore di anatra” che lui ha addosso. A Yuantou però piace fare il contadino: “È un lavoro molto concreto, ti dà soddisfazioni ogni giorno ripagandoti di tutta la fatica che fai”. Poco prima dell’annuncio della costruzione del nuovo distretto, l’uomo ha ricevuto la visita dei delegati del comune: “A breve cominceranno i lavori, tutte le costruzioni della zona saranno demolite. Devi trovare una soluzione per queste anatre al più presto”. Yuantou è stato preso alla sprovvista: “Se rinunciassi alla mia parte di risarcimento, potrei ricevere in cambio un pezzo di terra dove continuare ad allevarle?”. I delegati lo hanno guardato stupiti: “Tutto questo diventerà parte della nuova zona economica speciale, e tu vorresti continuare ad allevare anatre?”
Una carpa al giorno
Le associazioni di lavoratori della zona si sono riunite nella contea di Rongcheng in un’assemblea informale per discutere la questione delle demolizioni e dell’assegnazione di nuovi alloggi. Anche se non era stato ancora difuso alcun piano uiciale, a Daiwang le voci di trasferimenti imminenti erano sulla bocca di tutti. Da dove venissero queste voci non era chiaro, eppure sembrava che tutti sapessero di cosa stavano parlando. Alcuni dicevano che gli abitanti della zona sarebbero stati trasferiti in questo o quell’altro villaggio; altri che tutte le abitazioni sarebbero state lottizzate; altri ancora che avrebbero costruito delle palazzine dove trasferire gli abitanti dei vari paesi e città.
Il vecchio Yuantou, e come lui anche gli altri allevatori di anatre della zona, era preoccupato: “E una volta trasferiti nelle palazzine, come faremo con le nostre anatre?”. Anche se la prospettiva di trasferirsi in case moderne, “con l’acqua corrente, l’elettricità e il riscaldamento” era allettante, l’idea di non poter continuare ad allevare le anatre per il resto della vita li affliggeva. “E cosa faremo ogni giorno? Finirà che moriremo di noia”. In mezzo al cortile delle anatre, Yuantou ha messo una grande giara di ceramica alta più di un metro, l’ha riempita con l’acqua del pozzo e ci ha messo delle carpe. Ogni tanto, quando è dell’umore giusto, ne pesca una col retino, l’arrostisce sul fuoco e la mangia. Quando si mette a cucinare il pesce, il suo coinquilino, un gatto di quindici anni, si unisce a lui. Yuantou mangia pesce sempre più spesso, quasi ogni giorno: “Dato che non so ancora per quanto tempo mi lasceranno vivere qui, ho paura che non mi rimarranno ancora molte occasioni per farlo”.
In realtà prima ancora che gli impiegati dell’ufficio per la gestione delle risorse idriche venissero a reclamare il terreno, lui aveva già notato dei cambiamenti. A febbraio era arrivato l’ordine di fermare ogni nuova costruzione nel villaggio. Poco dopo, nel capoluogo della contea di Anxin, diversi edifici avevano cambiato proprietà, e a un certo punto il catasto era stato congelato. A Daiwang gli ingressi agli appartamenti di una nuova palazzina di tre piani che si affacciava sulla strada principale del centro da un giorno all’altro erano stati murati. Il proprietario dell’edificio, tale signor Zhang, si era trovato di punto in bianco senza un posto dove stare ed era stato costretto a chiedere ospitalità al fratello. Le strade di Daiwang erano state ripavimentate l’anno prima sulla base di un piano di rinnovamento della città e molti ne avevano approffittato per riammodernare le abitazioni. Tra questi, anche il fratello di Zhang, che “ha sborsato 800mila yuan per tirar su una casa nuova”. Oggi tutte le località di cui è stata programmata la demolizione sono sorvegliate da sentinelle che devono impedire agli abitanti di costruire nuove case bloccando l’ingresso in città di nuovi materiali da costruzione. Non si possono nemmeno più piantare alberi.
Dall’alto in basso
Quando ha cominciato a circolare la voce sulle demolizioni e i trasferimenti, Li Fei, un compaesano di Yuantou, ha pensato di piantare alberi da frutto sul suo terreno così da far aumentare il suo valore. Ma i coltivatori della zona gli hanno consigliato di lasciar perdere: “Non pensarci nemmeno, tempo fa abbiamo aiutato una famiglia a fare lo stesso e il giorno dopo, le piante sono state sradicate”. Gli abitanti preoccupati devono trovare altri modi per cavarsela. Quando hanno sentito che gli indennizzi sarebbero stati assegnati su base individuale, due abitanti di Santai, un villaggio vicino a Daiwang, hanno chiamato i figli: “Sbrigatevi a fare un bambino, non si sa quanto tempo rimane ancora!”. Altrove si è sparsa la notizia che anche i condizionatori e gli scaldabagno alimentati a energia solare sarebbero stati rimborsati, e una famiglia, che aveva già installato un impianto, è corsa a comprarne un altro. Da un po’ Yuantou trascorre più tempo nel cortile o seduto alla finestra a guardare le anatre razzolare. I tanti anni passati all’aperto s’intuiscono dalla sua pelle color rame, come quella dei pescatori. Ormai è anziano, e sapeva che prima o poi sarebbe arrivato il momento di lasciare la sua casa, ma non pensava che sarebbe successo così all’improvviso.
Gli abitanti del villaggio più giovani, invece, sembrano aver accolto il cambiamento improvviso con un atteggiamento molto diverso. Quando nelle contee di Xiaxiong, Rongcheng e Anxin ne discutono, si sentono già dei “cittadini di Xiongan”. Si tratta per lo più di persone che si sono trasferite ad Anxin e nelle zone limitrofe dopo gli anni novanta. Quando è stata annunciata la costruzione del nuovo distretto, hanno creato chat di gruppo per discuterne.
La frase più ricorrente è “ora i pechinesi non si permetteranno più di guardarci dall’alto in basso”. Passano il tempo a scambiarsi messaggi sui rimborsi, i trasferimenti, le esperienze passate e le incertezze per il futuro. Uno del gruppo condivide una foto del suo appartamento, 136 metri quadrati nella piccola area residenziale di Mingzhu, nella contea di Anxin, provocando l’invidia degli altri: “Quel posto varrà più di tre milioni di yuan!”, scrive qualcuno. Un altro risponde postando un video in cui Wang Jianlin, il fondatore del Dalian Wanda Group e re dell’edilizia cinese, annuncia che, dopo aver ispezionato il nuovo distretto, ha deciso di costruirci un Wanda Plaza. A uno sguardo più attento si scopre che il video non parla di Xiongan, bensì di Tianjin, ma questo non sembra scoraggiare i giovani entusiasti: “Che Wang sia davvero venuto da queste parti o meno, poco importa”, dice uno. “È vero”, aggiunge un altro, “di personaggi come lui ce ne sono tanti”.
Un pezzo di cuore
Al vecchio Yuantou queste discussioni non importano molto, dato che il suo argomento di conversazione preferito rimangono le sue anatre. Fino ai primi anni duemila nella contea di Anxin c’erano molti piccoli criminali che andavano di casa in casa a chiedere soldi in cambio di “protezione”. Se uno si riiutava di pagare, veniva picchiato. Un giorno bussarono a casa di Yuantou, chiedendo denaro. Yuantou rispose, con voce dimessa, che non ne aveva. “Se non paghi”, si fece avanti uno con tono minaccioso, “entro e ti prendo le anatre”. E poi scavalcò il recinto. Yuantou andò su tutte le furie, afferrò una vanga e lo rincorse cacciandolo. Anni fa il suo allevamento fu colpito da una malattia, al punto che quasi ottocento anatre si ammalarono e smisero di mangiare. Yuantou si mise a nutrirle una a una con una siringa, salvandone seicento. Caricò le anatre morte sul triciclo a motore per seppellirle lontano dal centro abitato. “Dovetti scavare una buca profonda più di un metro, è stata una delle esperienze più dure della mia vita”. Sa ancora individuare il punto preciso. Dall’interno della sua casetta di mattoni e terra, Yuantou si volta verso la finestrella che dà sul cortile. Fuori, più di mille anatre mangiano, nuotano, riposano e starnazzano. Il chiasso del cortile è un suono rilassante per le sue orecchie. “Quando non lo sentirò più”, dice aspirando una sigaretta, “mi mancherà un pezzo di cuore”.
Da sapere: I limiti della metropoli
A cura della redazione dell’Internazionale
All’inizio di aprile il governo cinese ha annunciato a sorpresa il piano per la creazione di Xiongan, un’enorme area urbana a circa cento chilometri da Pechino. I dettagli del progetto non sono ancor noti ma si sa che coprirà una superficie tre volte più grande di New York e che accoglierà università, sedi istituzionali e una parte della popolazione della capitale. L’area farà parte di Jingjinji, una megaregione urbana da 110 milioni di abitanti dove sono già stati trasferiti molti poli manifatturieri. Jingjinji è un cosiddetto cluster urbano: un’aggregazione, dentro un’area urbana che riunisce città di varie dimensioni, imprese e altri soggetti che fanno parte dello stesso settore produttivo.
Il piano nazionale per l’urbanizzazione 2014-2020 prevede il finanziamento di undici cluster urbani per alleviare la pressione demografica in città come Pechino e Shanghai, in modo da non fargli superare rispettivamente i 23 e i 25 milioni di abitanti. Ma secondo gli esperti, scrive il Guardian, mettendo un limite alla popolazione di Pechino si colpirebbero soprattutto gli immigranti dalle campagne, che sono i più poveri. Più di trecento mercati all’ingrosso della capitale sono già stati spostati nel nuovo distretto per attirare i lavoratori.
Ci sono dubbi anche sull’efficienza e sulle “credenziali verdi” delle nuove politiche di urbanizzazione del governo cinese, soprattutto perché alcune ricerche dimostrano che le città densamente popolate sono le più ecologiche. Il New York Times riporta che subito dopo l’annuncio del piano per Xiongan gli speculatori sono entrati in azione puntando sul mercato immobiliare e facendo rincarare le azioni delle imprese di costruzione. I prezzi sono saliti alle stelle e il caos generato è stato tale che le autorità locali hanno dovuto congelare gli acquisti e chiudere temporaneamente le agenzie immobiliari, assediate dai potenziali investitori.
Ogni pianificazione territoriale, registrazione di residenza, transazione immobiliare e costruzione è stata bloccata e i villaggi sono presidiati da guardiani che non fanno entrare materiali edili. Il 18 aprile la Liangjiang Huanbao, una ONG dello Hebei, ha pubblicato un rapporto secondo cui nella regione ci sarebbero circa venti enormi stagni tossici: un’area totale equivalente a 42 campi da calcio piena di acque di scarico non trattate. Poco dopo, il ministero per la protezione ambientale ha confermato la notizia, dicendo che gli stagni erano stati creati dagli scavi fatti in passato e si erano contaminati nel 2013 dopo lo sversamento illegale di acido solforico. Le autorità locali conoscevano da anni la situazione e diversi funzionari di basso livello sono stati puniti. Ma, dicono gli esperti, bonificare gli stagni costerebbe troppo denaro e troppo tempo. Lo scandalo, continua The Diplomat, è solo un nuovo episodio di un vecchio problema. Lo Hebei soffre da molti anni di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. È una delle regioni cinesi dove si respira peggio: secondo il ministero della protezione ambientale, nel primo trimestre del 2017 contava sei delle dieci città con i valori di inquinamento dell’aria più alti del paese. Anche l’inquinamento dell’acqua è un problema di lunga data. Nel 2006 un’inchiesta del settimanale Caixin rivelò che il lago Baiyang, al centro della nuova area urbana, è un lago morto, incapace di autopurificarsi. Nel 2014 un servizio della tv di stato CCTV denunciava che le falde acquifere della zona erano gravemente inquinate e che gli abitanti non avevano acqua potabile a disposizione. Quanto all’inquinamento del suolo, i piani lanciati dalla regione nel 2011 e nel 2017 per far fronte all’inquinamento da metalli pesanti non hanno avuto nessun effetto.