Dunque il Financial Times alla pattuglia di deputati laburisti che si sono riuniti fuori da Westminster a cantare "Bandiera rossa" per dire: vogliamo un partito più di sinistra, manda a dire che è inutile che si affannino perché «i partiti stanno diventando tutti eguali». Da noi vi è chi afferma – la sostanza è la stessa – che i buoni politici non possono che essere riformisti senza aggettivi, i soli in grado di porsi e risolvere – sono espressioni di Massimo Cacciari - "problemi concreti" con "progetti concreti", tal che parlare di destra, sinistra e anche centro non ha più senso alcuno
Questo è il credo dei novatori della politica, decisi a seppellire le vecchie ideologie e le relative contrapposizioni. Mi sembra che, se davvero destra, sinistra e centro non hanno più senso, allora quel che ne consegue è un amalgama politico e che le diversità dei programmi e delle soluzioni concretamente proposte e attuate si riducono a differenze di natura tecnica, da sciogliere alla luce di una razionalità non di parte ma rispondente ad un interesse valevole per tutte le componenti sociali.
I fautori dell´amalgama si presentano come novatori. Credono di esserlo, ma non lo sono. Nella storia moderna essi hanno fatto ripetutamente la loro comparsa come teorici della pacificazione e della concretezza. Il regime orleanista – di cui fu grande esponente Guizot, il quale argomentò che la politica utile era quella capace di riconoscersi nel "giusto mezzo", l´unico in grado di produrre risultati fattivi – costituì un esempio di questo approccio; su una linea analoga si pose in Italia Depretis, il quale invitò il partito liberale ad abbandonare la divisione tra Destra e Sinistra, lasciando al di fuori le dannose estreme di opposto segno; sull´appello a convergere, ridotte le opposizioni al nulla, su una politica capace di risolvere i problemi concreti con soluzioni concrete al riparo di obsoleti scontri di parte, si basò anche la politica sociale ed economica dei regimi totalitari. Ora non siamo più nel XIX e nel XX secolo, ma il Leitmotiv ritorna nelle vesti della politica "democratica" che proclama defunte le distinzioni tra destra e sinistra e che, riducendo tutto a centro, annulla lo stesso centro.
Il paradosso di questa posizione è che essa viene fatta oggi valere proprio mentre, come ricorda opportunamente Giddens, «le società industrializzate hanno raggiunto un livello di diseguaglianza, un gap tra ricchi e poveri, troppo grande». Insomma, mentre tutti i partiti, secondo il Financial Times, starebbero per diventare eguali, gli uomini diventano sempre più diseguali. Ma, se le cose stanno così – e così stanno – (il governatore della Banca d´Italia ci ha recentemente comunicato che nel nostro paese il 10 per cento possiede il 45 per cento del reddito, ed è da vedersi ulteriormente quali siano le proporzioni all´interno di questo 45 per cento), possiamo concludere che vengano meno le ragioni della sinistra e di una lotta politicamente organizzata per contrastare una simile tendenza al fine di raggiungere una più equa distribuzione della ricchezza? possiamo ignorare che vi è un sistema di potere che ha operato e opera per conseguire e mantenere quel gap di ricchezza che spacca in relazione ai livelli di benessere e malessere il corpo sociale a tutela di interessi che non sono certo quelli di coloro ne sono le vittime? possiamo non vedere che il mercato così come funzionante non agisce in maniera neutra, ma è dominato da potentati finanziari e industriali il cui obiettivo è di convogliare le risorse a loro prevalente beneficio con la conseguenza di dividere le persone tra chi dorme sonni più che tranquilli e chi invece sonni agitati perché non sa come campare? Le soluzioni dei problemi che vanno bene per gli uni non vanno affatto bene per gli altri.
I potentati economici non si limitano a operare per mantenere e accrescere i loro soldi. Sanno che per poterlo fare devono essere in grado di ottenere il maggior consenso possibile a partire dal processo elettorale. Sono essi che posseggono e controllano la maggior parte dei mass media, in primo luogo la televisione, che li utilizzano per sostenere che non vi è contrasto di interessi, che si dà un unico interesse, che il solo modo per le masse dei lavoratori dipendenti di migliorare la loro condizione non è di contrastare i meccanismi causa di abissali diseguaglianze, ma di produrre di più, di non continuare a far valere vecchi diritti sociali e a chiedere un posto stabile, di accettare ogni richiesta in tema di flessibilità e di precarietà, in quanto rispondente agli interessi oggettivi delle imprese e quindi comuni ai datori di lavoro e ai lavoratori. Lo spettro delle vacche magre viene sempre agitato agli occhi dei lavoratori per indurli a non "pretendere" irresponsabilmente oggi quel miglioramento che viene affidato al domani.
Orbene, chi non accetta un simile stato di cose è di sinistra e chi lo promuove non lo è. Si guardi inoltre ai «temi eticamente sensibili», ai modi di intendere la laicità, ai modi di affrontare le questioni poste dall´immigrazione e dall´integrazione, e si vedrà se anche qui i partiti sono ormai tutti la stessa cosa. Lo si vada dire agli spagnoli che andranno al voto domenica prossima che il partito di Zapatero e quello del suo antagonista non hanno se non un´immagine confondibile nello specchio.
Ma, detto questo, la sinistra ha un problema, e un grosso problema. Le sue ragioni persistono, e forti, poiché, in un mondo segnato da abissi di diseguaglianza nella disponibilità delle risorse che danno agli individui una vita dignitosa, non vengono meno. Ma la sua capacità di azione è debole. Essa è in una condizione di frustrazione di fronte all´iniziativa dei suoi avversari, le sue risposte in termini di efficacia politica e sociale sono maldefinite, incerte, rispecchiano un complesso di inferiorità. Se non saprà reagire, tornare ad essere protagonista della scena politica e sociale, ciò non significherà che la distinzione tra sinistra e destra non abbia più motivo di essere: significherà piuttosto che la sinistra avrà perso la partita e che la non sinistra avrà vinto. Se poi per sempre o meno, si vedrà.