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Vladimiro Polchi
"Le piazze non sono come gli stadi" i costituzionalisti bocciano il governo
19 Dicembre 2010
Spazio pubblico
Il diritto allo spazio pubblico, tutelato dalla nostra Cosstituzione, non può essere negato in nome della sicurezza

ROMA - «In nome della sicurezza non si possono espropriare i diritti fondamentali». I costituzionalisti lanciano l´allarme e bocciano l´estensione del Daspo alle manifestazioni di piazza: «Il rischio è di violare le libertà costituzionali». Il divieto di assistere a spettacoli sportivi è una misura restrittiva della libertà personale, disposta dall´autorità di pubblica sicurezza (il questore) nei confronti di una persona ritenuta pericolosa. È una misura di prevenzione - che prescinde cioè dalla commissione di un reato - giudicata legittima dalla Consulta con la sentenza 512 del 2002. Qual è allora il problema?

«Una cosa è comprimere il diritto di tifare Lazio, un´altra limitare il diritto di manifestare contro una riforma universitaria - risponde Michele Ainis, costituzionalista a Roma Tre - in questo secondo caso, infatti, c´è una tutela costituzionale rafforzata, perché esistono diritti funzionali ad altri». Tradotto: «La democrazia non si limita al voto e se prima delle elezioni non potessi manifestare la mia opinione, verrebbe aggredito un bene costituzionale di valore ben superiore al tifo calcistico». Per questo «i beni costituzionali vanno bilanciati e in nome della sicurezza, o della paranoia della sicurezza, non si possono certo espropriare i diritti».

Sulla stessa linea, il ragionamento di Stefano Merlini, costituzionalista a Firenze: «In base all´articolo 17 della Costituzione, le riunioni in luogo pubblico possono vietarsi "solo per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica". Il divieto vale dunque per tutti ed è esclusa la possibilità di impedire a un singolo cittadino di partecipare a riunioni non vietate. Non solo. Sulle misure di prevenzione si discute ormai da anni. Limitare la libertà personale con pronuncia dell´autorità di pubblica sicurezza, e non del giudice, è già al limite della costituzionalità nell´ambito sportivo; se esteso alla piazza travolgerebbe tutto il sistema delle libertà costituzionali, violerebbe la riserva di giurisdizione indicata dall´articolo 13 della Costituzione e rischierebbe di riportarci a una situazione simile a quella originaria del Testo unico di pubblica sicurezza, così come varato in epoca fascista».

Contro il rischio di generalizzare una misura eccezionale si schiera anche Gaetano Azzariti, costituzionalista alla Sapienza di Roma: «Con una reazione emotiva e poco razionale agli avvenimenti complessi degli ultimi giorni - sostiene il giurista - il governo ancora una volta si contrappone all´autonomia e al ruolo della magistratura, alla quale sola spetta il potere di limitare la libertà di circolazione». E ancora: «Tutto questo è segnale di una cultura di governo più attenta alle questioni d´ordine pubblico, che alle garanzie di libertà dei cittadini, col rischio concreto di disattendere il chiaro quadro costituzionale improntato al garantismo».

Alla cautela invita Federico Sorrentino, docente di diritto costituzionale a Roma, «perché - premette - vanno comprese le legittime esigenze della sicurezza pubblica». Ma non per questo il giurista nasconde la sua «perplessità su una misura grave e di dubbia conformità al quadro costituzionale». L´estensione del Daspo al di là del ristretto ambito sportivo, infatti, «non incide tanto sull´articolo 21 della Costituzione relativo alla libertà di manifestazione del pensiero, quanto principalmente sull´articolo 17 che prevede la possibilità di vietare le riunioni per motivi di sicurezza, ma mai fa riferimento al singolo manifestante».

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