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Le grandi operette
23 Novembre 2007
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Una critica, come al solito fondata su dati seri, di Andrea Boitani , Marco Ponti e Marco Spinedi sulla shopping list bipolare. lavoce.info, 22 novembre 2007

Le grandi opere della Legge Obiettivo del governo Berlusconi (con l'eccezione del Ponte sullo Stretto), sono state fatte proprie dall'attuale governo, malgrado nel programma elettorale di quest'ultimo figurasse l'intenzione di mostrare chiari segnali discontinuità rispetto all'approccio da shopping list dell'esecutivo precedente. I fondi però sono pochi e alcune opere devono essere rinviate o cancellate dalla lista. Anche se si tratta di opere poco utili, le proteste sono vibrate. Meglio lasciare che gli enti locali che protestano se le finanzino da soli.

Opere escluse

Il problema con la shopping list di Di Pietro, come in passato con quella di Lunardi è che i fondi continuano a non essere sufficienti per tutti gli investimenti, e questo fatto provoca vivaci reazioni degli interessi esclusi: in particolare, per la linea Alta Velocità Genova-Milano (“Terzo valico”) sono da segnalare le reazioni dell’ex-ministro Lunardi, del sindaco di Genova e del governatore della Liguria (anch’egli ex-ministro dei trasporti), tutti uniti sotto un'unica bandiera. Questa linea non è stata proposta per il finanziamento dalla Commissione Europea, per l’ovvio motivo che non si tratta di un collegamento internazionale, ma ciò non ha mitigato le proteste. Altre reazioni negative sono emerse per l’autostrada tirrenica (Livorno-Civitavecchia).

Vediamo più da vicino le due opere “escluse”, che in effetti sono tra le meno difendibili dell’elenco dell’ex-presidente del Consiglio. La nuova linea ferroviaria Milano – Genova è stata più volte dichiarata non necessaria dal gruppo dirigente di FS, dopo accurate analisi della domanda possibile e della capacità residua delle due linee già esistenti. L’ex-ministro Lunardi commissionò il rifacimento di tali analisi alla società Ispa, che aveva ogni interesse a dichiarare fattibile il progetto anche in presenza di ritorni economici molto modesti. Ispa dichiarò anch’essa il progetto non fattibile, prima di essere sciolta d’autorità dalla Commissione Europea poiché chiaramente finalizzata a mascherare spesa pubblica (agli occhi di Bruxelles, e dei contribuenti italiani, si può aggiungere). Il governo allora dichiarò che avrebbe comunque “garantito” il 100% dei finanziamenti, eludendo i risultati delle analisi e la modesta funzionalità del progetto.

L’autostrada Livorno – Civitavecchia attraverserebbe una delle aree meno abitate del paese e più pregiate dal punto di vista ambientale (ma di questo aspetto non ci occupiamo) e si affiancherebbe a una strada statale quasi interamente a quattro corsie (la SS1, Aurelia). Facendo i conti, anche sulla base di ipotesi molto favorevoli al progetto, le speranze di dimostrare una qualche utilità dell’opera sono molto scarse (1). È così che lo studio ufficiale (ovviamente affidato a un soggetto non neutrale) postula che alla Aurelia attuale vengano posti limiti di velocità pari a 30-40 km-ora, cioè, di fatto, che si chiuda. ANAS approva.

Proteste vibrate, numeri nascosti e discrezionalità

Tornando alle proteste degli esclusi (che, verosimilmente, si moltiplicheranno), il loro aspetto peculiare è che ciascuna area adduce “forti” motivazioni a difesa dell’indispensabilità dell’opera che la riguarda: il nord più sviluppato a causa del traffico che già c’è e, simmetricamente, il sud al fine di indurre sviluppo, che genererà poi il traffico, ecc.

Un’altra motivazione, addotta come essenziale per le opere transfrontaliere (non perdere i finanziamenti europei) dovrebbe attenuarsi, dopo aver verificato che per l’opera più critica, la linea Alta Velocità Torino-Lione, tali finanziamenti coprono circa il 5% dei costi totali. Come era prevedibile, del resto, date le somme disponibili a livello europeo (8 miliardi per 27 paesi), e i costi reali dell’opera [link Prud’homme, la voce, 25/05/07: “L’analisi costi-benefici boccia la Torino-Lione”]. Ma di questi numeri difficilmente la pubblica opinione sarà informata. Il finanziamento (peraltro non ancora certo) sarà presentato come un successo che rende indispensabile che i contribuenti italiani contribuiscano con il 98% mancante (senza contare gli “sforamenti” successivi (2). Tuttavia la discrezionalità politica nell’assegnazione delle risorse sembra davvero irrinunciabile, e per questo motivo nessuna analisi “comparativa” è alle viste. Tutte le opere sono a priori “strategiche per il Paese”, e quindi non valutabili secondo la prassi internazionale.

Una dimensione da tenere presente in questo atteggiamento è che i destinatari dei fondi sono quasi esclusivamente imprese nazionali (non solo in Italia), perché il settore delle opere civili non è facilmente apribile alla concorrenza. Consideriamo, per esempio, l’unica opera “cancellata” dall’attuale Governo, il Ponte sullo Stretto (neanche una delle più inutili, in realtà): subito si decide di allocare quei fondi alla stessa area geografica. Ma chi ha detto che i progetti di cui ha bisogno quell’area debbano ammontare a tre miliardi di Euro, e non a due o a quattro? Significativa appare la prevalenza delle logiche spartitorie su quelle funzionali ed economiche.

Rischi maggiori e mali minori

C’è però, se sono vere le premesse, il rischio concreto e grave che la costruzione di opere di dubbia utilità non sia il problema economico maggiore. Infatti una logica spartitoria/elettoralistica porta ad allocare le (scarse) risorse a pioggia, in uno schema perfettamente funzionale a quella logica: consentire l’avvio di un grande numero di opere molto “visibili”, per le quali tuttavia arriveranno fondi insufficienti a terminarle (e il sistematico gonfiarsi dei costi rispetto a quelli preventivati va in questa direzione). Infatti nessuno dei decisori risponderà né dei costi né dei tempi, come è apparso recentemente evidente per il progetto di Alta Velocità ferroviaria. Lo “stop and go” delle costruzioni può da solo incrementare di alcune volte il costo-opportunità delle opere (per il solo fatto che le risorse rimangono immobilizzate per un lungo tempo). Una stima per il passante ferroviario di Milano ha raggiunto la quantificazione del 100% di aumento del costo dell’opera per la collettività.

Paradossalmente, l’affermazione del sindaco di Genova e del governatore ligure di voler autofinanziare la linea AV Milano-Genova con risorse locali va nella direzione corretta, già seguita dai francesi. Questo atteggiamento, infatti, sicuramente aprirebbe un dibattito democratico sulle priorità di spesa, da cui probabilmente sorgerebbero forti spinte a minimizzarne i costi (spinte oggi assenti, o addirittura di segno opposto). Il problema, tuttavia, è che anche qui vi è il serio rischio di ricorrere a schemi di “finanza creativa”, tali da occultare l’onere ai veri pagatori di ultima istanza. L’Italia ha un’ottima tradizione in questo campo.

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