Manuela Cartosio, Bersani in campo: a Rimini per benedire l’asse del nord, il manifesto, 15 agosto 2006
Domenica prossima decolla il meeting Niellino di Rimini. Cosa ci va a fare Bersani a parlare di don Giussani?, si è chiesto un offeso Antonio Socci. Nessuno l’ha filato più di tanto. Il ministro diessino al meeting parlerà anche di un libro sulla figura del fondatore. Ma di certo non è solo per quello che l’hanno invitato. Pierluigi Bersani, tanto al governo che all’opposizione, è un abbonato fisso a Rimini. Da un pezzo intrattiene ottimi rapporti con la Compagnia delle Opere.
C’è certamente lo zampino di Bersani nello smarcamento della Cdo dal centrodestra, testato in alcune elezioni amministrative al Nord prima delle ultime politiche nazionali. Bersani, inoltre, si occupa di imprese e di economia.
Per la destra becera, è lo sponsor delle Coop rosse. Per la Cdo, invece, è un campione della «sussidiarietà».
Si intuisce il profilo di Bersani (oltre che di Enrico Letta) dietro l’operazione varata a fine luglio in Lombardia: Formigoni ha rilanciato il federalismo a doppia velocità e Ds e Margherita ben volentieri si sono accodati, spaccando l’Unione (i particolari li trovate riassunti nell’intervento di Pino Vanacore). Il federalismo «a richiesta» e «asimmetrico», che necessita di un accordo bipartisan, e i lavori in corso per scomporre e ricomporre i poli saranno i protagonisti al meeting di Rimini. L’intenzione dichiarata di Formigoni, che resta il politico di punta per i ciellini, è di raccogliere a Rimini ok ulivisti di rango nazionale al suo progetto. Che smentiscano lo stop venuto da Linda Lanzillotta, ministro degli affari regionali, all’accelerazione lombarda.
Sia Bersani che Letta nei giorni scorsi sono rimasti zitti. Scommettiamo che del federalismo alla lombarda parleranno a Rimini e non per bocciarlo. Non sarà «un inciucio», come lo definisce Rifondazione, ma qualcosa di grosso bolle in pentola.
Il governatore lombardo ha quasi snobbato lo stop della Lanzillotta, lasciando intuire d’avere in tasta il sì di qualche pezzo da novanta nel centro sinistra. «La nostra iniziativa ha spiazzato molti. Ma i tempi della pura conservazione sono finiti. É ora di uscire dalle proprie tane comode e calde. E di lasciarsi alle spalle il bipolarismo da guerra», ha dichiarato signorilmente Formigoni.
Più inviperite e scomposte le reazioni Di Ds e Dl lombardi allo stop della Lanzillotta. «E’ stata eletta in Lombardia, ma non capisce niente del Nord», ha detto Luciano Pizzetti, capogruppo della Quercia al Pirellone. «Sul federalismo vogliamo andare avanti, non accetteremo dilazioni da Roma», ha aggiunto, «per noi non esistono governi amici, ma solo quelli che fanno o non fanno le cose». Tanto i Ds che la Margherita hanno chiesto, dalle pagine locali di Repubblica, le dimissioni di Riccardo Sarfatti, portavoce dell’Unione al Pirellone. «Prende ordini da Roma e vota sempre contro». La seconda cosa è vera. Ma che altro dovrebbe fare il capo dell’opposizione se non votare contro Formigoni?
Pino Vanacore, Quell’abbraccio mortale a Formigoni, il manifesto 15 agosto 2006
L’ordine del giorno votato nel consiglio regionale lombardo dal centrodestra, da Ds e dalla Margherita, con la contrarietà delle altre forze di opposizione e l'astensione del coordinatore dell'Unione, non è stato un temporale estivo destinato a dissolversi in fretta.
L'atto è apparso subito grave e gratuitamente lesivo di un’unità che il giorno prima si era espressa nel voto contrario al documento di programmazione regionale. Non è stato un colpo di caldo, ma un’operazione pianificata nei giorni precedenti, condotta senza trasparenza e scontando a priori una rottura interna all'opposizione. Né si è trattato di un innocuo, non condivisibile, documento sulle priorità dell'assetto viario. Dietro il «federalismo autostradale» si nasconde l'ambizione di Roberto Formigoni di rilanciare la sua leadership, compromessa dalla breve parentesi romana e dalla sconfitta del referendum sulla devolution, bocciata anche nelle principali città lombarde, a partire da Milano.
Far leva sull'articolo 116 della Costituzione come «via ordinaria » per ottenere poteri speciali e risorse aggiuntive, per sostenere la sussidiarietà, è operazione non condivisibile,ma anche di rottura della solidarietà nazionale. Non si spiegherebbero altrimenti le reazioni dei presidenti della Calabria e della Campania che, in buona sostanza, hanno affermato che «poteri speciali in assenza di chiare regole fiscali, in grado di garantire la perequazione delle risorse a livello nazionale, sono peggio della devoluzione di Bossi».
Questo adagiarsi su Formigoni da parte di Ds e della Margherita è solo in parte spiegabile con i tentativi in atto di aprire orizzonti a esperienze di «larghe intese». C'è in Lombardia una crisi del modello di sviluppo e del modello sociale. Crisi denunciata, ad esempio, dalla Banca d'Italia nel rapporto sullo sviluppo delle regioni, ove si evidenzia che è il declino della Lombardia a trascinare quello dell'Italia e non viceversa.
Il punto è come si risponde a questa crisi. A destra e in una parte del centrosinistra si pensa di rispondere in termini meramente quantitativi. Da coloro che hanno votato a favore dell'ordine del giorno del 27 luglio viene denunciato il gap infrastrutturale rispetto ad altre regioni. La «Brebemi», opera viaria considerata dagli esperti inutile, diventa una necessità, ma non ci si cura dell'emergenza idrica, causata in parte dalla perdita degli acquedotti che supera il 50%. Non ci si cura della qualità dello sviluppo e dell'inclusione sociale. Nel Dpef regionale 2007-2009 non ricorre una sola volta la parola solidarietà, per non parlare del termine uguaglianza, sparito totalmente dal lessico del Pirellone.
In realtà, la Lombardia ha bisogno di una via dello sviluppo, puntando su investimenti pubblici capaci di generare una nuova specializzazione industriale, sostenibilità ambientale e inclusione sociale. Ma guardando ai dodici anni di governo Formigoni si deve constatare che la capacità di spesa della Regione non è aumentata: il disavanzo è cresciuto (oltre novemila miliardi di vecchie lire), è costato ai cittadini più tasse e più interessi passivi che sottraggono risorse agli investimenti. Contestualmente, i bilanci della Regione sono meno trasparenti, e meno nitidi sono i ruoli di società come Finlombarda, Lombardia Informatica o Infrastrutture Lombarde Spa: aumenta la vocazione ad operare al di fuori delle regole della pubblica amministrazione e della concorrenza (la Cgil lombarda ha avviato un ricorso alla Corte di Giustizia europea).
I cittadini lombardi sono oggi meno uniti e più insicuri, la percezione soggettiva della povertà (8% della popolazione) supera la povertà oggettiva (4,7%).Una sensazione di fragilità controversa, ma anche il risultato dell'indebolimento delle reti collettive: il fai da te non è alla portata di tutti e i poveri hanno meno occasioni di inclusione. La Lombardia ha un abbandono scolastico superiore alla media nazionale. Secondo i dati della campagna Sbilanciamoci!, la Lombardia si colloca al ventesimo posto, l'ultimo nella graduatoria nazionale, per la situazione ambientale, all'undicesimo per l'esercizio dei diritti, al nono per la partecipazione e le pari opportunità, e solo al settimo per la salute.
Segnalo un altro indizio della nuova stagione bipartisan al Pirellone. Nella discussione in aula sull'assestamento del bilancio 2006 non un solo emendamento del centrosinistra è stato accolto, né per gli anziani, né per il sostegno al reddito, né per il diritto allo studio. Ma, come per magia, il 28 luglio è stata presentata una legge per interventi contro la povertà che stanzia 210mila euro a favore del Banco Alimentare della Compagnia delle Opere. Accanto alle firme di Forza Italia, An, Lega e Udc ci cono quelle dei Ds e della Margherita.
Formigoni alle scorse regionali ha perso settecentomila voti, l'esito del referendum non gli consente trionfalismi. E'davvero sorprendente che, proprio quando crescono le condizioni permettere in discussione il vero laboratorio della destra in Italia, l'Ulivo lombardo puntelli il governatore. Sono puntelli che scardinano l'Unione in Regione e pesano persino sul governo Prodi. ( L’autore è di Unaltralombardia)
Nota: contemporaneamente conferma, se necessario, questo articolo dalle pagine milanesi di Repubblica (f.b.)
Andrea Montanari, Sangalli: bene il polo autostradale ma al Nord serve anche la Brebemi, la Repubblica, 15 agosto 2006
«Bene il patto sulle autostradale, ma ci vuole anche la Brebemi per evitare la rottura del Nord». Il presidente della Camera di Commercio e di Confcommercio Carlo Sangalli condivide la proposta di Regione e Provincia di coinvolgere anche il Comune sulle nuove opere: «Milano deve dimostrare come il buon governo diventi anche capacità del fare nelle infrastrutture».
Presidente Sangalli, le larghe intese possono partire dalle nuove autostrade?
«La proposta politica di Roberto Formigoni è molto interessante perché si occupa di cose concrete e cerca vaste intese».
E dunque?
«Quello di questi giorni mi è parso un confronto direi quasi post-ideologico. Il tema, secondo me, non è solo ciò che Milano chiede al governo, ma ciò che Milano può dare in più al Paese. A cominciare dall´innovazione».
In altre parole?
«Mi pare si sia chiarito anche il ruolo di chi controlla e di chi gestisce il sistema autostradale, quello delle istituzioni e dei concessionari. E se in futuro chi controllerà sarà più vicino ai cittadini sarà meglio per tutti e sarà un reale esercizio di sussidiarietà. Il tema delle risorse, però, resta. E su questo l´intervento del pubblico è decisivo».
Ma le casse pubbliche sono vuote.
«Come camere di commercio abbiamo proposto una strada aggiuntiva, quella del project financing, con l´investimento dei privati, a partire dalla Brebemi. Noi ci crediamo, come metodo e come priorità per il territorio».
Per il governo solo Pedemontana e Tem sono delle priorità.
«La Brebemi come la Pedemontana hanno un compito essenziale, quello di evitare la rottura del Nord. Con l´alta velocità, le nuove infrastrutture dell´aeroporto di Malpensa quelle della nuova Fiera si ragiona sempre più in termini di macroregione del nord-ovest. Ma per tutto il Paese è essenziale saldare il nord-ovest con il nord-est. Ed è proprio sulla parte centrale del Corridoio 5 che abbiamo le difficoltà maggiori e i rallentamenti più evidenti. E sono tutti nella nostra regione. Ecco perché la Brebemi non è un´infrastruttura locale, ma una priorità nazionale».
Come giudica i primi passi del tavolo Milano voluto dal governo Prodi?
«Un buon inizio. Qualcuno la chiamerebbe concertazione, io preferisco definirla una collaborazione necessaria, o meglio un matrimonio d´interesse. Da un lato, il governo ha interesse a proporsi a un Nord che non lo ha sostenuto, dall´altra Milano deve dimostrare la sua capacità del fare nelle infrastrutture».
Si spieghi meglio.
«I trasporti e l´accessibilità sono un tema di sviluppo, che interessa alle imprese, al territorio, alle istituzioni. Ma soprattutto un tema legato alla qualità della vita. E quindi politico. Direi addirittura di democrazia sostanziale tra i cittadini "privilegiati", che possono avere le autostrade, l´alta velocità ferroviaria, la compatibilità ambientale, servizi pubblici, e quelli che, invece, scontano costi aziendali aggiuntivi, restano imbottigliati per ore, si devono muovere solo con le proprie auto perché i servizi pubblici non sono all´altezza».