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L'assalto alla costiera
24 Agosto 2007
Campania felix
Abusivismo edilizio come primo sintomo di degrado civico: il disastro del territorio in costiera amalfitana nell’inchiesta de Il Mattino e nelle interviste del Corriere del Mezzogiorno del 21, 22, 23 e 24 agosto 2007 (m.p.g.)

Uno sfregio dopo l’altro. Ma non paga nessuno

Enzo Ciaccio – Il Mattino, 21 agosto 2007

Abusi a destra, abusi a sinistra. E abusi in alto. E pure in basso. La terrazza crollata sugli scogli di Conca dei Marini era (ed è) letteralmente circondata da altri manufatti abusivi: eccoli, sono ancora lì, sgarri criminali alla natura, illeciti in mezzo agli illeciti, a mezzo passo dalla tragedia. Via i grandi teli, quelli che - con la scusa di proteggere i limoni - occultavano i cantieri fuorilegge. Ora resta la nuda pietra. E luccicano i sigilli, simbolo del «fermi tutti» e di uno Stato che non ce la fa ad arrendersi. Si tratta di costruzioni illegali messe sotto sequestro nei mesi scorsi dalla magistratura di Salerno dopo le indagini pazientemente effettuate via mare dagli uomini della Guardia di Finanza guidati dal capitano Alessandro Furnò e coordinati da Napoli dal comandante della sezione navale che ha giurisdizione fino a Sapri, il maggiore Giacomo D’Amico. Gli uomini delle Fiamme gialle, che fanno parte del Reparto operativo aeronautico e navale guidato dal colonnello Senese, hanno individuato in quell’area, durante i mesi scorsi, un grande solarium in cemento armato annesso a un Bed and breakfast già attivo, la nuova ala di una villa preesistente con conseguente realizzazione di nuove camere in cemento a pochi metri dal mare, una costruzione bloccata quando i lavori di rifinitura erano ancora allo stadio iniziale, un’altra villetta situata più in alto, quasi sulla strada nazionale, rispetto alla terrazza crollata. Tutto abusivo. Tutto illegale. Tutto ad altissimo rischio, pietre e cemento rubati senza criterio alla montagna sfregiata. E chi se ne importa del piano regolatore (di cui non si ha traccia) o dei vincoli della Soprintendenza (che invece esistono e restano rigorosi). Tutto sotto sequestro, con tanto di sigilli nella speranza (purtroppo assai vaga) che in tempi accettabili sarà possibile giungere a un dibattimento che consenta la sentenza. Già, ma perchè - allora - le forze dell’ordine che sono riuscite a intervenire su queste strutture illegali, stoppandone la realizzazione, nulla hanno potuto per impedire che fosse installata quella terrazza in legno di pino poi crollata seminando lacrime e lutti? Braccia allargate, di chi si sente sconsolato. Lasciano intendere gli uomini delle Fiamme gialle: «Possiamo intervenire laddove riusciamo a vedere lavori in corso. E cantieri in azione. Poco o nulla possiamo fare di fronte a una anonima terrazza in legno, di cui non conosciamo storia e connotati. Indagare? Senza elementi, è davvero complicato». Tranne il famoso Fuenti, quell’hotel abusivo diventato alla fine degli anni ’90 emblema, simbolo e fotografia di tutti gli illeciti perpetrati in Campania, nessuna struttura illegale è mai stata abbattuta qui in Costiera. Si procede a colpi di sequestro: finora ventidue, da parte delle Fiamme gialle, in questo 2007 che continua. 88 le persone denunciate, conferma Legambiente che ha studiato il fenomeno. Una cifra da brividi, 53 milioni di euro, il valore degli immobili giudicati illegali. A colpi di sequestro. Ma a ritmi burocratici che procedono al passo di lumaca. In compenso, fioccano le prescrizioni. Per scadenza di termini. E le sanatorie, che si succedono a grappoli, come ciliege avvelenate. E gli abbattimenti? Niente. Non una sola pietra dell’enorme villaggio illegale è stata buttata giù come imporrebbe la legge. Omissione inquietante. E scandalosa, visto che si parla di una delle coste più belle del mondo. I motivi di tale impotenza? Tanti. E da approfondire, perchè proprio nell’assenza degli abbattimenti si fonda, secondo gli operatori più attenti, il diffuso senso di impunità che divampa tra chi specula. «Un’impunità - sussurrano esponenti delle forze dell’ordine - che incentiva nuovi abusi e rende il fenomeno quasi ingovernabile nonostante la crescente opera di repressione». Fa notare il maggiore Giacomo D’Amico: «La costiera è lunga venti miglia. Coste alte, coperte da una fitta vegetazione. Abbiamo scovato abusi che perfino da mare risultavano quasi invisibili. A parte i famosi teloni dei limoneti, chi fa illecito ha imparato a mimetizzare perfettamente il cantiere fino a confonderlo con la montagna. Solo occhi esperti sanno guardare oltre quel che appare. Oggi? Il fenomeno mi sembra in una fase di stallo. Però state certi che, finita l’estate, riprenderanno a sfregiare la montagna. Segnalazioni di abusi? Dalla gente ce ne arrivano a valanga. E spesso ci spediscono pure le foto». Ravello è il paese più tartassato, almeno stando al numero dei cantieri sequestrati. Colpa delle sue frazioni, pare, difficilmente controllabili. Segue Amalfi, nella triste classifica. Poi Positano, dove però si annidano tanti «delitti perfetti», cioè illeciti così ben occultati che nessuno riuscirà mai a scoprire. Conca dei Marini e Furore seguono a breve distanza. «Dei tredici Comuni di Costiera - fanno notare gli uomini delle Fiamme gialle - solo pochi sono dotati di piano regolatore». Niente regole, dunque. Ciò in un’area tra le più appetite, dove un metro quadro di terreno ex agricolo arriva a costare diecimila euro. Niente regole, e - dove ci sono - facili da eludere. E così anche una piccola casetta sotto i limoni, costruita alla men peggio da piccole ditte di paese che trasportano gli attrezzi di notte a dorso di mulo o di asinello, qui si trasforma in un business da nababbi. Milionario. Anzi, ultra-milionario. E insaziabile. (1/continua)

I sigilli, l’abbandono. E lo sfregio raddoppia

Enzo Ciaccio – Il Mattino, 22 agosto 2007

«Tra il ’96 e il 2000, col sindaco di Eboli Gerardo Rosanìa, abbattemmo quasi cinquecento costruzioni abusive che avevano deturpato la pineta. Non fu facile: subimmo minacce di ogni sorta. Per alcuni giorni il litorale di Salerno venne tappezzato di manifesti ingiuriosi. Eppure, buttammo tutto giù nonostante le proteste. Da allora, nella pineta fra Battipaglia e Eboli, a nessuno più è venuta voglia di erigere case abusive». Illegalità in costiera: quest’anno i carabinieri di Amalfi hanno denunciato 190 persone, di cui 24 anche perchè avevano violato i sigilli. 105 sono finora i cantieri sottoposti a sequestro. «Fenomeno in crescita», fa sapere il capitano Enrico Calandro, che comanda la compagnia di Amalfi. «Ma di abbattimenti - aggiunge amaro - non si intravede traccia». «Già, in costiera non si abbatte. E ciò, oltre che l’ambiente, danneggia anche i Comuni che vedono intaccato il loro diritto-dovere di pianificare il territorio»: il sostituto procuratore Angelo Frattini si occupa di reati ambientali dal 1993. In questi anni ha maturato la convinzione che bisogna abbattere con determinazione tutto quel che è fuorilegge. Abbattere, senza se e senza ma. «È l’unico modo efficace - avverte - per combattere la tentazione agli abusi». Perciò ricorda con foga la famosa (e riuscitissima) operazione di Eboli, dove il Tar, il tribunale amministrativo regionale, non concesse neppure una sospensiva. E racconta: «A buttar giù i manufatti illeciti dovrebbero essere soprattutto le amministrazioni comunali, che la legge mette in condizione di poter agire seguendo un iter molto più rapido rispetto a quello giudiziario, oberato da troppe pratiche e assillato dai tempi di prescrizione che, per questi reati, sono molto ridotti». I sindaci però si giustificano: spiacenti, non è così semplice. Abbiamo pochi vigili urbani. Le sospensive incombono. E non abbiamo i soldi per abbattere. Il magistrato sorride. È una polemica garbata, però mica inedita: «I Comuni - fa sapere - possono attingere a fondi regionali. E poi, se non ricordo male, il sindaco di Eboli non ebbe remore a far ricorso a un mutuo pur di procedere agli abbattimenti. Si tratta peraltro di spese per le quali ci si può poi rivalere su chi ha commesso l’abuso». Discussioni a parte, resta un appuntamento: alla ripresa di settembre la procura di Salerno chiederà ai sindaci della costiera di partecipare, insieme alla prefettura e alle forze dell’ordine, a una riflessione comune sui temi dell’abusivismo. Così come a Salerno è stato già fatto per la lotta all’inquinamento del mare, si intende avviare un confronto serrato con i primi cittadini sul che fare, quando e come. Aggiunge Frattini: «Nutriamo molta fiducia nel satellite che la Regione Campania farà partire tra poco e nel progetto di legge che accentua le sanzioni e individua nuove ipotesi di reato. Però vorremmo capire a quale sorte sono destinati tutti quei manufatti che, sequestrati da anni, giacciono abbandonati come ruderi negli angoli più suggestivi della costiera». Già, i ruderi fuorilegge. Un obbrobrio nell’obbrobrio. Da Maiori e Minori, sulle colline e a ridosso del mare. Fino a Vietri, dove a otto anni dall’abbattimento (unico esempio, peraltro realizzato tutto a spese dei proprietari) del famoso hotel Fuenti resta un enorme buco osceno a offendere la montagna sventrata. Brutto. Orrendo. Peggio di quel che era stato costruito. Spiega Maria Teresa Mazzitelli, proprietaria del Fuenti: «Dopo aver abbattuto, stiamo lavorando al consolidamento dei costoni. Abbiamo ottenuto autorizzazione da ben diciannove fra enti e associazioni, ma finalmente il nostro progetto è esecutivo: dove c’era il Fuenti sorgerà un’enoteca, un ristorante, una zona benessere. Tutto nel rispetto dei luoghi e nell’ottica di mantenere viva la tradizione eno-gastronomica campana. Al posto della ex discoteca, invece, sorgerà un hotel a cinque stelle. Quando? Entro il 2009. E speriamo che di noi si cominci finalmente a parlare in positivo». Lontano dalla costiera, ma con l’occhio disincantato di chi conosce la materia, l’urbanista Guido D’Angelo commenta: «Abbattere? Non abbattere? Mi chiedo perchè nessuno ricordi una norma del 1987, quella che impone ai Comuni, dopo novanta giorni dalla mancata demolizione di un manufatto abusivo, di acquisire la sua proprietà al proprio patrimonio disponibile. Se la norma fosse applicata, i Comuni della Costiera risulterebbero da tempo ricchissimi proprietari di innumerevoli beni immobili. Che potrebbero affittare. O addirittura vendere al miglior acquirente». (2. Continua)

Quelle ruspe bloccate dal vortice dei ricorsi

Enzo Ciaccio – Il Mattino, 23 agosto 2007

Il record? Non appartiene ai titolari di una casa-vacanze di Praiano (duemila abitanti, due vigili urbani più uno stagionale) che, tra il 2004 e il 2006, si sono beccati (fonte: dati comunali) nove sequestri, dodici ordinanze di demolizione e tre denunce per violazione di sigilli. Il risultato? La casa-vacanze, grazie alla fitta ragnatela di sospensive, sanatorie e richieste di condono, è oggi in piena, «legittima» attività, lieta di ospitare - bed and breakfast - turisti più che soddisfatti che promettono di ritornare. Norme bislacche, comunque la si pensi, se alla fine producono simili paradossi. A quella casa-vacanze, il Comune è stato costretto a rilasciare pure il certificato di agibilità. Commenta il sindaco, Gennaro Amendola: «Se mi fossi astenuto, avrei commesso reato. Insomma, chi ha ragione qui in costiera deve spesso arrendersi alle assurdità». Costiera dei miracoli. O dei prodigi all’incontrario. Dove abbattere un abuso è ritenuto un’utopia. «Essendo di Amalfi, non ho mai fatto vacanze», ha scritto con tenerezza Gaetano Afeltra, innamorato dei suoi luoghi. I magistrati più impegnati criticano i sindaci, i sindaci più sensibili si difendono criticando le norme. Sullo sfondo, un immobilismo legislativo che, secondo molti primi cittadini, mummifica l’esistenza dei 36mila residenti nei tredici Comuni, castigandoli in un groviglio di vincoli che invece di aiutare gli onesti si rivelano spesso indistinti, anacronistici e in contraddizione fra loro. «Abbattere? Non scherziamo: prima della sentenza del consiglio di Stato - dice Antonio De Luca, sindaco di Amalfi - chi ricorre alle ruspe rischia di finire incriminato. Propongo di riformare la legge: quelli che rubano, mica possono far ricorso al Tar. Dunque, si impedisca a chi commette abuso di invocare la sospensiva. Insomma, per me va cambiata la norma. Ed è una questione di pura volontà politica». «Sì - concorda Gennaro Amendola, il sindaco di Praiano - però occorre anche snellire le procedure: nel mio municipio giacciono più di mille pratiche di condono. Negli ultimi cinque anni, ne abbiamo esaminate 400. Duecento si sono trasformate in condoni. Ma è una faticaccia. Il tempo medio dell’iter di una pratica è di otto mesi, cioè un’eternità. Qui in costiera chi commette un abuso sa di avere a disposizione almeno tre anni di tempo prima di essere chiamato a risponderne. Un ricorso al Tar si discute non prima dei due anni. In sei anni da sindaco, non sono riuscito a effettuare nemmeno una demolizione. Ho avviato tre importanti procedimenti di abbattimento, ma il Tar me li ha bloccati. Ci vuole una politica sovracomunale, propongo che la Regione costituisca un Commissariato straordinario per le demolizioni in costiera. Altrimenti, i casi come quello della succitata casa-vacanze o dell’hotel Tritone sono destinati a moltiplicarsi». L’hotel Tritone? Perchè questo esempio? E che vuol dire? Spiega il sindaco Amendola: «Quella struttura, dal 1996 a oggi, ha incassato ben diciannove ordinanze di demolizione, ma senza alcun esito. È lui il vero recordman della Costiera: tra i soci, di minoranza, c’è anche il consigliere regionale e presidente della commissione per la riforma dello statuto, Salvatore Gagliano, che è stato anche sindaco qui a Praiano per sei anni». «Diciannove ordinanze? Ah sì? Non credevo che fossero tante. A me sembra un numero esagerato. Mi scusi, ma mi viene proprio da sorridere...». Lui, il consigliere Gagliano, non appare turbato dalle accuse e dalle cifre. Nè sorpreso: «Anzi - spiega - me lo aspettavo: a Praiano oggi c’è un sindaco comunista che ce l’ha con me, e non solo perchè sono schierato con Alleanza nazionale». Scusi, ma diciannove ordinanze di demolizione sembrano davvero tante. O no? «Tutti gli alberghi e le case della zona vivono simili condizioni, cioè sono in perenne diatriba per le sanatorie o i condoni. Il Tritone ha storia antica, c’è da cinquant’anni. Dunque: 19 ordinanze in 50 anni. Mi pare una media accettabile. Non scherzo. Di sicuro, è più bassa rispetto a quel che possono vantare tante altre strutture che operano in zona». Insomma, è dunque questa la «normalità» in costiera? «No no, attenzione: sto dicendo che la storia dell’hotel Tritone è legittima al 90 per cento. E che quella di tanti manufatti edificati nei dintorni è al 90 per cento illegittima. Perciò, non mi scandalizzo. Nè faccio demagogia. La Regione usi una buona volta i poteri che ha. Se si decide di abbattere, si abbatta tutto quel che c’è di illecito. A cominciare, per esempio, dall’abitazione del papà dell’attuale sindaco di Praiano». Come si dice? Chi è senza peccato... «Qui in Costiera, mi creda, nessuno è senza peccato». E incalza, Gagliano. Sorridendo: «Vogliamo parlare dell’Auditorium a Ravello? O dell’approdo turistico previsto a Praiano in zona 1 A, cioè in un’area inedificabile? C’era perfino il parere favorevole della Sovrintendenza, che in troppi considerano vangelo. Era stato già appaltato, l’ho fatto bloccare. La verità è che sette anni fa, da sindaco, ho adottato il piano regolatore. Forse è questo che dà fastidio». (3.Continua)

Da rudere a villa in una notte

Enzo Ciaccio – Il Mattino, 24 agosto 2007

L’abuso più subdolo è quello fra le mura di casa. Perchè è invisibile. Da terra, da mare, da cielo. È meno che un’ombra. Che inganna, imbroglia, gioca a nascondino. «Un mese fa abbiamo sequestrato un immobile di 180 metri quadri. Valore: un milione di euro. I proprietari avevano ottenuto il sì alla ristrutturazione, ma solo per 36 metri quadri. Tutto il resto, era puro arbitrio»: il capitano Enrico Calandro comanda la compagnìa dei carabinieri di Amalfi. Fra un blitz e l’altro, qui sulla costa dei pirati, racconta di operai che scendono ai cantieri di notte a dorso di asinello, di cantieri in cui si lavora di sabato e di domenica, da mezzanotte all’alba, di manovali che alla vista delle forze dell’ordine se li mastica il buio e li ritrovi voilà al primo sole fra i vigneti, impupazzati da contadini, a far finta di vendemmiare. Formichine aumm aumm. Termiti devastanti. Maghi nell’uso delle cariche esplosive. E dei martelli pneumatici, con cui squarciano la roccia calcarea per rubacchiare spazi alla natura. Ma quale analisi del suolo. Ma quale progetto. E ben conoscono le vie di fuga, fra limoneti e terrazze, camaleonti di mezza costa dalla pelle color montagna. Godono di complicità. Di silenzi. Di protezione. «Eppure - spiega il capitano - trattasi di piccole ditte locali, di poveracci senza pretese però abilissimi a tirar su quattro mura in fretta e furia. Meglio se dotate di palestra, piscina e solarium sugli scogli». «Sì, ma la verità è che qui siamo imbalsamati - contesta Antonio De Luca, sindaco di Amalfi - ai miei concittadini è vietato dotarsi perfino dell’ascensore che conduce al cimitero. Per poter riparare un pavimento, debbono aspettare 70 giorni. Se c’è infiltrazione, ci si allaga». De Luca è come un fiume in piena. E denuncia: «Sono il proprietario dell’hotel dei Cappuccini: per ottenere il sì al restauro conservativo ho impiegato dieci anni. Tempi da incubo, è normale che si diventi abusivi. Mi vietano di costruire le strade interpoderali, costringendo gente anziana a non poter uscire di casa. Dicono no pure ai parcheggi in roccia. Però il ministro Pecoraro Scanio in costiera viene in elicottero. Croazia, Grecia, Spagna: lì vigono legislazioni meno ossessive. Spiegatemi: perchè - se affitto una villa ad Amalfi - non può essere dotata di piscina? Quale sarebbe il reato? Con simili vincoli, non sarebbe stato possibile costruire nemmeno il Duomo». C’è chi ha calcolato che un’opera pubblica in costiera ha bisogno di sedici autorizzazioni per poter partire. Troppe. E magari mancano quelle più efficaci. A non mancare invece sono le contraddizioni. Il sindaco De Luca racconta che ad Amalfi per i parcheggi in roccia c’è il no della Regione Campania e il sì della Sovrintendenza. Per la strada alternativa al centro storico, invece, c’è il sì della Regione e il no della Sovrintendenza. «Io mi sento crocefisso - confessa Domenico Marrone, che il sindaco lo fa a Positano - ho impiegato quattro anni per completare l’ultimo abbattimento, svuotando le casse comunali. Alcune procure sequestrano i servizi igienici delle case illegali rendendole inabitabili: perchè qui ciò non accade? D’inverno, quando gli abusivi impazzano, posso contare su cinque vigili. Spesso, con i riposi, in servizio ce ne sta uno solo». Vincoli eccessivi? «Sì - ammette Marrone - ma grazie ai piani particolareggiati farò presto in modo che sia meno difficile effettuare i piccoli ampliamenti. Lo sa che nel mio paese ci sono cooperative edilizie che aspettano il via libera da trent’anni?». «Il vero nodo - spiega Alfonso Giannella, sindaco di Vietri - per me è nei piani regolatori. Quando esistono, sono troppo vecchi. Il nostro conta dieci anni, va aggiornato». Nove chilometri quadrati, sette grandi frazioni, novemila abitanti: a Vietri operano undici vigili urbani, e pazienza se d’estate la popolazione cresce di tre volte. È a Vietri che nacque l’hotel Fuenti, è qui che fu abbattuto. Sindaco, a quando la riqualificazione dell’area? «Spero al più presto. Quella montagna ferita suscita angoscia e rabbia». «Io ce l’ho con i condoni: rappresentano una vera e propria istigazione a delinquere - sbotta Raffaele Ferraiuolo, ex sindaco di Furore e presidente della Comunità montana - basta col perdonismo, dunque. Dateci più tecnici e ben preparati. A Furore, 900 abitanti in collina, siamo finalmente riusciti a frenare l’esodo verso le Americhe, la Germania, l’Inghilterra. Grazie al turismo, che finalmente decolla. Attenti, vi dico: il non fare nulla, in una zona rurale, può generare più abbandono e disastri di chi commette abusi. Sarebbe utile un ente intermedio, capace di fare da cerniera tra Regione e Comuni: ma che fatica farsi ascoltare». «A me - confessa Gennaro Amendola, il sindaco di Praiano - preoccupa il fenomeno delle case-vacanza: proliferano clandestine, sfuggendo ai controlli urbanistici, fiscali e sociali. Perciò non esistono più case da destinare alle giovani coppie. E non parliamo delle ville in affitto: si va dai 4mila euro a settimana fino a cifre inimmaginabili». «No, non mi va affatto - dice il sindaco di Ravello, Paolo Imperato - che se la prendano tutti con noi primi cittadini. Rivisitiamo le norme, acceleriamo le procedure. Ma per favore, distinguiamo i diversi gradi di abuso. Altrimenti, sparando nel mucchio, restiamo tutti in balìa del caos». (4. Fine. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 21, 22 e 23 agosto)

«Adesso serve uno choc. L'Unesco vada via dalla Costiera»

Intervista a Vezio De Lucia di Gabriele Bojano – Corriere del Mezzogiorno, 21 agosto 2007

«Gli appelli alla fine non servono molto. C'è bisogno di qualcosa di più, di uno scatto di coscienza collettivo. Ma anche di uno choc forte, il nostro Paese ormai reagisce solo di fronte a cose clamorose. Ecco, anche revocare alla Costiera amalfitana il riconoscimento Unesco di Patrimonio Mondiale dell'Umanità secondo me può essere utile. Perchè l'Unesco deve continuare a tutelare un bene che le istituzioni pubbliche non mostrano di apprezzare? Anzi, mi auguro proprio che ciò succeda. Come dicevano i latini: oportet ut scandala eveniant, è necessario che gli scandali avvengano».

Di fronte alla tragedia annunciata del crollo della terrazza abusiva di Conca dei Marini, Vezio De Lucia non può non sottolineare lo sdegno e l'amarezza per tutto ciò che in questi anni non è stato fatto per la tutela ambientale della Costiera amalfitana e sorrentina. C'è sconforto dall'alto della sua esperienza di urbanista sensibile alle ragioni del territorio che diventa rabbia quando parla da redattore di un piano urbanistico territoriale per la Costiera rimasto per 20 anni perfetto sulla carta.

Professore, lei dieci anni fa firmò con altri intellettuali un appello per salvare la Costiera dall'abusivismo edilizio

«Già, sono trascorsi dieci anni e purtroppo nel frattempo la situazione è peggiorata, l'abusivismo si è sviluppato con un ritmo vertiginoso ».

Di chi è la colpa?

«C'è latitanza da parte di Regione, Provincia e Comuni che dimostrano assoluta insensibilità verso questo territorio. Se ne infischiano tutti, questa è la verità. Devono succedere i disastri come quello di Conca perchè si ponga finalmente mano ad una riflessione».

Eppure non fu lei a redigere nel 1987 il Piano Urbanistico Territoriale che aveva tra gli obiettivi il no secco all'abusivismo edilizio visto come fenomeno criminale?

«Sì, è stato l'unico approvato con legge regionale, nel 1987, due anni dopo la legge Galasso. Era un piano paesistico rigorosissimo, perfetto. Prevedeva anche interventi alternativi alla viabilità, come la realizzazione di funicolari».

Mai attuato?

«No, la politica che avrebbe dovuto realizzarlo e sostenerlo con un'azione continua di controllo e di repressione si è ben guardata dall'attuarlo. Basti pensare che ancora oggi la maggioranza dei comuni della Costiera è priva di piano regolatore. È mancata la volontà precisa di operare in questa direzione, anzi non si è persa occasione per derogare da quel piano».

È un'accusa ben precisa la sua. Può farci un esempio che dà la dimensione di questa deregulation?

«Il caso più clamoroso è l'albergo realizzato a Pozzano, a Castellammare, al posto del cementificio».

Un mostro come quello di Alimuri?

«Non mi parli di Alimuri, per cortesia. Quella è una falsa repressione, è un'opera che andava demolita e basta. La strada della compensazione va a sostegno della proprietà, degli interessi peggiori».

Torniamo agli abusi edilizi in Costiera. Qui non è la criminalità organizzata a costruire...

«Non cerchiamo sottigliezze sociologiche, crimini sono gli abusi nel Napoletano, espressione diretta della malavita, crimini sono quelli compiuti in Costiera dai professionisti con l'aura di persone apparentemente rispettabili. Anzi, questi sono ancora più gravi».

E perché?

«Perché è grave vedere come ci sguazzano in queste situazioni la società borghese e i ceti professionali».

Riproporrebbe oggi un appello per la tutela della Costiera?

«È probabile che si rifaccia, anche se alla fine gli appelli non servono molto. Ci vorrebbe invece uno scatto di indignazione da parte della società civile, una reazione collettiva di rifiuto ad accettare la devastazione di un bene comune di tale importanza ».

Qualcuno teme che dopo il disastro di Conca la Costiera possa perdere il riconoscimento di Patrimonio Unesco. È possibile?

«Mi auguro che succeda una cosa del genere. C'è bisogno di uno choc forte per reagire. Troppo poco gli interventi dei carabinieri e di qualche magistrato. E anche voi della stampa potete fare di più».

In che modo?

«Se ci fosse un martellamento quotidiano, non un'azione affidata solo al fatto di cronaca, a quella che Antonio Cederna definiva 'notiza, maledetta notizia'. Ecco, mi piacerebbe una rubrica fissa: 'vediamo cosa succede in Costiera'».

«L'abuso edilizio? Per la borghesia ormai è un vanto»

Intervista a Diego Marmo di Antonio Fiore – Corriere del Mezzogiorno, 22 agosto 2007

NAPOLI — «E' dagli anni Sessanta che sento dire che in Campania il pericolo è rappresentato dalla criminalità organizzata. Il che è sacrosanto, ci mancherebbe. Ma non vorrei che tutto questo tuonare contro la camorra ci impedisse di accorgerci che abbiamo a che fare anche con una criminalità delle persone cosiddette "perbene", e che comunque non hanno niente a che fare né con la macro né con la microcriminalità». L'intervista con l'urbanista Vezio De Lucia sul tema degli abusi edilizi pubblicata ieri sul «Corriere del Mezzogiorno » sollecita le riflessioni di Diego Marmo, capo della Procura di Torre Annunziata: «Sì, è vero. Soprattutto in Costiera l'abuso è commesso non certo dai clan ma da albergatori, oppure da professionisti che hanno lì la seconda o terza casa e che la utilizzano a fini speculativi, non certo abitativi».

Tutte persone considerate «rispettabili», dice De Lucia.

«Certo. Ma bisogna tener conto che tutti questi reati non possono essere il "do di petto" di un singolo, ma nascono da accordi, amicizie, disattenzioni, connivenze».

Connivenze con chi?

«E' evidente: con la pubblica amministrazione. Andiamo: luoghi come la Costiera sorrentina o amalfitana dovrebbero e potrebbero essere guardati a vista e monitorati ogni giorno».

E infatti, tra breve tutta la Campania sarà sotto il costante monitoraggio del satellite, non la farà franca nemmeno un tramezzo abusivo.

«Come se in Costiera occorresse il satellite. Basta una barchetta per perlustrare il litorale, o una passeggiata a piedi per accorgersi delle centinaia di abusi. Né si tratta di abusi "arrangiati", tirati su in fretta, in qualche caso si tratta addirittura di costruzioni di un certo pregio, fatte quasi per farsi notare. E'evidente, dunque, che tutto ciò non può realizzarsi senza una rete di...»

Di omertà?

«Chiamiamola una rete di disattenzione. Anche perché questi edifici, una volta realizzati, hanno bisogno di acqua, di elettricità. E certo i proprietari non possono connettersi da soli, ma hanno ovviamente bisogno di entrare in contatto con la pubblica amministrazione per stipulare i necessari contratti».

Mi faccia qualche esempio di amministrazioni «distratte».

«Il sistema è molto esteso. Ma basterebbe cominciare a fare più attenzione ai dettagli: che so, evitare che nel tale Comune la carica di assessore all'edilizia sia ricoperta proprio da un geometra molto attivo nel campo delle costruzioni... Ma mi preme soprattutto esprimere una preoccupazione: non vorrei che appelli nobilissimi e apprezzabili come quelli recenti del cardinale Sepe o del prefetto Pansa vengano utilizzati dalla borghesia come alibi: tutti uniti contro il pericolo criminalità organizzata (che esiste eccome), ma poi ognuno continua a farsi i fatti propri. Sono il primo a battere le mani al cardinale Sepe quando invita la classe dirigente a uscire dai palazzi: ma facciamolo per stigmatizzare il comportamento delle persone cosiddette "perbene", altrimenti è pura retorica».

Lei sta dipingendo una borghesia perennemente dedita all'abuso edilizio.

«Guardi che l'abuso edilizio è solo una parte delle illegalità che vengono quotidianamente commesse "insospettabili", e che mai potrebbero essere ascritte alla categoria "camorrista". Solo per parlare dei casi più recenti di cui il mio ufficio si è occupato, basta citare l'inquinamento ambientale causato dalle autobotti cariche di rifiuti speciali che hanno sversato direttamente a mare a Piano di Sorrento: gli autori erano tutte persone incensurate, senza alcun legame con la malavita come la intendiamo comunemente. E le piccole fabbriche dove si lavora il pomodoro che scaricano i loro rifiuti nelle fogne collettive? Sono tutte di artigiani incensurati, mica di sanguinari boss. E il caseificio di Agerola che usava il cemento per dare colore e consistenza alla ricotta? E i ristoratori che congelano, scongelano e ricongelano i prodotti non utilizzati? Altro che camorristi. E le morti bianche, un flagello ormai quotidiano? Morti di camorra? No. Conseguenze atroci di una serie di reati che, purtroppo, non scandalizzano più nessuno. E che spesso non vengono percepiti come "colpe" né da chi li commette, né da chi li apprende dai giornali o dalla tivù».

Così l'abusivismo è vissuto e giudicato come un peccato veniale.

«Lei è ottimista. Uno che riesce a farla franca e a tirare su una bella casa con vista panoramica vede aumentare la considerazione attorno a sé. Viene ammirato come una persona furba, intelligente, uno che ci ha saputo fare. Una volta, con uno che aveva commesso una illegalità, i bravi borghesi evitavano persino di prendere un caffè. Adesso, invece, chi infrange la legge è circondato dalla stima e dal rispetto generale».

Anche perché quasi mai gli abusi vengono individuati in tempo. E ancor più di rado vengono puniti. Un caso eclatante e «esemplare » alla rovescia è il recente accordo tra Stato, Regione e privato sull'ecomostro di Alimuri, che ha suscitato molti dubbi e perplessità per le troppe "garanzie" offerte a chi l'abuso lo ha commesso. E intanto l'ecomo stro resta lì, alla faccia di chi ne chiede l'abbattimento immediato come segno di «tolleranza zero» verso simili reati contro l'ambiente.

«Su Alimuri abbiamo in Procura un fascicolo aperto poiché la vicenda ricade nel territorio di nostra competenza, dunque non posso esprimere opinioni. Posso solo dire che i tempi della magistratura non coincidono con quelli della politica. O con quelli che dovrebbero essere i tempi della politica».

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