Come prevedibile e come previsto su queste colonne, il furor mediatico di inizio legislatura del nostro ministro dell’Economia, la sua creatività nell’inventarsi ogni giorno nuove tasse e nuovi programmi di spesa dai titoli immaginifici, si sta rivelando un vero e proprio boomerang.
Ha l’unico effetto di scatenare l’ira o la creatività dei suoi alleati nel proporre nuove misure ad hoc, spesso nuove tasse. Un governo che aveva promesso in campagna elettorale una forte riduzione delle imposte, finisce così per riuscire solo ad aumentare la pressione fiscale e a brevettare (con tanto di rivendicazione internazionale) nuovi balzelli, che hanno spesso un effetto ben diverso da quello previsto. E chi aveva accusato Visco di avere introdotto una tassa sull’acqua minerale rischia ben presto di certificare di suo pugno l’entrata in vigore della tassa sull´aranciata. Siamo passati dalle "fiscal suasion" sui banchieri, con tanto di minaccia di tasse sui loro extraprofitti, agli aiuti copiosamente concessi agli istituti di credito con il decreto anticrisi. Dopo esserci abituati (o rassegnati a seconda del punto di vista) alla Robin tax, una tassa che doveva togliere ai ricchi petrolieri per dare ai poveri, stiamo in questi giorni apprendendo che si procederà esattamente al contrario, togliendo ai poveri per dare ai produttori di petrolio. In effetti con un prezzo dell’oro nero sceso da 160 a 30 dollari al barile si può anche capire…
Il fatto è che varando tasse su misura per gli spot televisivi, introducendo sempre nuove arbitrarie asimmetrie di trattamento legate al contingente, non si sa né da dove si parte, né dove si arriva. Gli effetti di queste misure rischiano di essere molto diversi da quelli anticipati e, inevitabilmente, scateneranno nuove richieste di compensazioni altrettanto arbitrarie. Concentriamoci sugli ultimi episodi. Grazie alle indagini condotte da questo giornale abbiamo un quadro più completo dei beneficiari della social card, della carta acquisti di 40 euro mensili attribuita sulla base di una serie di criteri, alcuni dei quali del tutto indipendenti dalle condizioni di bisogno dei cittadini (come l’età, la cittadinanza o il numero di utenze di gas ed elettricità). I dati Inps ci dicono che quasi l’85% dei trasferimenti è andato a famiglie del Centro-Sud. Non sorprende tanto lo squilibrio territoriale nella distribuzione di risorse destinate al contrasto della povertà, quanto l´entità di questo squilibrio. È un prodotto dei criteri arbitrari introdotti dal Governo e del fatto che l’ammontare del trasferimento non varia a seconda delle condizioni di bisogno. Le misure di contrasto alla povertà adottate in altri paesi integrano il reddito dei beneficiari in base alla loro distanza da una data soglia di povertà, portando i beneficiari al di sopra di questa soglia. Un reddito minimo garantito introdotto con regole uniformi su tutto il territorio nazionale, senza restrizioni di età e senza escludere gli immigrati, anche quelli che hanno regolare permesso di soggiorno e che hanno lavorato e pagato le tasse da noi, e tenendo conto del fatto che il costo della vita (dunque anche la soglia di povertà) varia da regione a regione, avrebbe una distribuzione territoriale molto meno svantaggiosa per le Regioni del Nord. In particolare, un terzo delle risorse andrebbe a poveri residenti nelle regioni settentrionali, più del doppio di quanto sta avvenendo con la social card.
Il fatto che la social card benefici solo i cittadini meridionali ha scatenato l’ira della Lega Nord, già insoddisfatta per il trattamento sin qui riservato dal governo ai suoi territori. Ha chiesto come compensazione per i torti subiti dal Settentrione solo un nuovo balzello, tra l’altro destinato ad essere pagato soprattutto da chi risiede nelle Regioni settentrionali. Si tratta di una nuova tassa di 50 euro sul rinnovo del permesso di soggiorno, che si aggiungerà ai 70 euro già oggi versati dagli immigrati che vogliono regolarizzarsi e che ricevono spesso l’agognato (e costoso anche in rapporto ad altri paesi) permesso dopo che questo è già scaduto. È una tassa destinata ad incentivare la residenza illegale nel nostro paese. Peccato perché le recessioni globali, come quella che stiamo attraversando, offrono un’occasione irripetibile per ridurre fortemente l’immigrazione clandestina. Vi sono infatti forti flussi di immigrazione di ritorno e chi rimane ha più incentivi a regolarizzarsi per accedere alle assicurazioni sociali (come i sussidi di disoccupazione). Inoltre la crisi colpisce soprattutto gli Stati Uniti. Questo ci permette di attrarre da noi cervelli che sin qui hanno scelto di lavorare oltreoceano anziché cercare la loro fortuna in Europa. Non saranno contenti nell’apprendere di questa nuova tassa, loro destinata in nome del popolo Padano.
Riassumendo, siamo passati dalla Robin tax alla Padania tax, che tassa i poveri immigrati per dare ai petrolieri. Il paradosso infatti è che questa tassa concorrerà a finanziare il Gheddafi transfer, un pacchetto di trasferimenti alla Libia previsti nell´ambito del Trattato siglato ad agosto dal nostro paese coi nostri vicini produttori di petrolio. Ci scusi il ministro se proviamo a imitarlo nella sua creatività semantica. Non potremmo mai ambire ad essere altrettanto creativi sia nel numero che nella denominazione dei nuovi balzelli. Ma un consiglio al ministro ci sentiamo comunque di darlo: per favore nelle sue lunghe interviste parli anche di economia. Servirà a spiegare a tutti, a partire dai suoi alleati, il perché di scelte che ai comuni mortali appaiono del tutto arbitrarie.