Ho letto con qualche giorno di ritardo l’intervento su l’Unità di Federico Oliva, Giuseppe Campos Venuti e Carlo Gasparrini del 18 scorso (riportato di seguito n.d.r.) che contestano la critica di Vittorio Emiliani alle proposte dell’università di Groningen per il centro storico dell’Aquila. Essendo stato, mi pare, il primo – in una conferenza stampa dell’associazione Bianchi Bandinelli, poi in un intervento su eddyburg e altrove – a denunciare le stoltezze dell’università di Groningen mi sento in obbligo di riprendere quanto avevo a suo tempo sostenuto. Mi riferisco al documento Rendere le Regioni più forti in seguito a un disastro naturale. Abruzzo verso il 2030: sulle ali dell’Aquila. Si intitola così il documento dell’OCSE e dell’università di Groningen per il Forum dell’Aquila del 17 marzo 2012, se Oliva e gli altri non lo conoscono, e si riferiscono ad altro, sarebbe bene che lo leggessero. Nello studio, finanziato dal ministero dello Sviluppo economico (Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica) e da CGIL, CISL, UIL, si leggono cose inverosimili. Non riesco a credere che sia stato scritto da istituzioni autorevoli come l’Ocse, l’università di Groningen, il ministero dello Sviluppo e le confederazioni sindacali. Mi riferisco alla parte seconda del documento, in particolare al paragrafo 2.4 L’aquila: concorso internazionale di architettura e candidatura al titolo di Capitale europea della cultura. Molto in sintesi, eliminando preamboli e preliminari, si propone di “utilizzare moderne soluzioni architettoniche e ingegneristiche per modificare gli interni degli edifici con lo scopo di creare luoghi moderni destinati alla vita quotidiana, al lavoro e al tempo libero, conservando e migliorando allo stesso tempo le facciate storiche degli edifici. I requisiti architettonici possono essere incentrati sulla celebrazione del passato, vista come mezzo di costruire un futuro nuovo e sostenibile” (pag. 11).
Sta scritto proprio così. E non è finita. Per realizzare lo scempio si dovrebbe organizzare un concorso internazionale di architettura consentendo “che venga modificata la destinazione d’uso” degli edifici, permettendo altresì ai proprietari di “modificare la struttura interna delle loro proprietà (in parte o in totalità)”. Alla giuria del concorso dovrebbero partecipare “architetti di fama mondiale e di livello internazionale” e per pubblicizzare l’iniziativa al concorso “verrebbero affiancati un documentario televisivo e altre operazioni di comunicazione che valorizzino la natura della sfida.” Aiuto!
Non mi risulta che il citato documento sia mai stato smentito dal ministro Barca o da altre autorità nazionali e locali. Mi compiaccio sinceramente che Oliva, Campos e Gasparrini condividano la Carta di Gubbio e le posizioni di Antonio Cederna, ma come fanno a conciliarle con le stupidità dell’Ocse e dell’università di Groningen?
L’Aquila, salvaguardiadel centro storico
Federico Oliva, Carlo Gasparrini, Giuseppe Campos Venuti - L’Unità, 18 ottobre 2012
All’esposizione di Vittorio Emiliani degli errori compiuti nella ricostruzione de L’Aquila nei primi tre anni (L’Unità di venerdì 12 ottobre), manca un tassello fondamentale per valutare lo stato attuale della vicenda e, soprattutto, l’entità e la qualità della svolta impressa dal ministro Barca, nominato dal governo inviato speciale per la ricostruzione. L’esortazione di Napolitano all’inaugurazione dell’Auditorium di Renzo Piano, è in sostanza la presa d’atto di un cambiamento sostanziale dell’azione pubblica relativa alla ricostruzione impressa dal ministro; tradotta nei rapporti predisposti dalle tre commissioni di esperti dal ministro nominate, che hanno lavorato a titolo assolutamente gratuito.
In particolare la commissione presieduta dal presidente dell’Inu Federico Oliva e composta anche da Carlo Gasparrini e Giuseppe Campos Venuti, ha ampiamente argomentato sulle ragioni per le quali bisognava cambiare rapidamente e radicalmente pagina rispetto alla politica emergenziale voluta dal governo precedente che aveva privilegiato la logica delle new town e bloccato di fatto, attraverso la filiera straordinaria, il recupero del centro storico de L’Aquila su cui si sofferma anche Emiliani. La commissione ha proposto inoltre di partire proprio dal centro storico per immaginare il futuro di tutta la città, con una strategia capace di coniugare la conservazione fisica dei luoghi della memoria più profonda, con la contestuale attivazione di un percorso virtuoso di rilancio economico, sociale e identitario compatibile con questa conservazione. Il futuro del centro storico è, infatti, parte integrante di un’idea di futuro dell’intera città esistente, dell’identità e del ruolo che si riconosce a tutte le sue parti e alle loro reciproche relazioni e interdipendenze.
Dal punto di vista delle metodologie del recupero del centro storico de L’Aquila, il documento della commissione urbanistica individua con chiarezza la necessità di una salvaguardia dei tessuti originari della città di antico impianto, attraverso «la conservazione della loro struttura morfogenetica, architettonica e costruttiva». È una linea di pensiero e azione che si inserisce pienamente nel solco delle riflessioni e delle esperienze pluridecennali sul recupero dei centri storici in Italia, dalla Carta di Gubbio ad oggi.
La posizione espressa dall’Oecd e dall’università di Gronigen - che non fa affatto cenno ai concetti di distinzione tra «monumento» ed «edilizia minore» e di sola «conservazione delle facciate» paventati da Emiliani - è stata citata nel documento della commissione urbanistica, esclusivamente per condividere la necessità di alcune operazioni concorsuali in campo architettonico. Egli uomini dell’Inu, che insieme all’Associazione dei centri storici ha lavorato a L’Aquila negli anni 2009 e 2010 contro la linea del governo di destra, hanno ancora una volta confermato la linea di Gubbio e di Cederna, che Campos Venuti applicò a Bologna come assessore comunale all’Urbanistica negli anni Sessanta.