Tornerete presto nelle vostre case. Non pagherete tasse. La ricostruzione sarà veloce. Trasparenza assoluta nella gestione. Vareremo incentivi ed esenzioni fiscali per attirare investimenti delle imprese. Tra impegni solenni e chiacchiere a vuoto, per due anni il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sul terremoto de L'Aquila del 6 aprile 2009 ha spesso straparlato, dando quasi i numeri. E, numeri per numeri, ecco quelli che più degli altri documentano le sue false promesse, gli impegni assunti con gli aquilani e non mantenuti, il fallimento del modello di ricostruzione imposto alla città.
37.731 Sono gli sfollati che ancora attendono di rientrare nella propria casa. Troppi, dopo due anni. Di essi, 13.856 sono alloggiati nei 185 edifici del Progetto Case, i Complessi asismici ed ecocompatibili, dislocati in 19 aree intorno alla città; 7.099 sono sistemati nei Map, Moduli abitativi provvisori, sparsi nelle 21 frazioni dell'Aquila e degli altri Comuni del cratere; 844 utilizzano abitazioni acquistate dal Fondo immobiliare Aquila e concesse in affitto; 1.126 godono degli affitti concordati con la Protezione civile in tutte le località danneggiate dal sisma; 62 si trovano in altre strutture comunali. Ci sono poi 13.416 persone che beneficiano del contributo di autonoma sistemazione (600 euro mensili per ogni nucleo familiare), 1.077 sfollati ospitati in diverse strutture ricettive in Abruzzo e fuori e 251 persone alloggiate in caserme.
3.401.000.000 È quanto è stato speso sinora per il terremoto, tra emergenza, assistenza alla popolazione e primi lavori di ricostruzione. Una cifra colossale, anche se il ritorno alla normalità appare lontanissimo. Con un'ombra pesante sulla trasparenza dell'operazione: "Berlusconi aveva promesso massima informazione", denuncia il senatore democratico Giovanni Legnini, "ma nonostante una legge lo preveda, in Parlamento stiamo ancora aspettando il rendiconto del governo sulla gestione dell'emergenza".
4.000.000 Sono le tonnellate di macerie prodotte dai crolli. Il problema è che vengono smaltite al ritmo di 300 tonnellate al giorno. Si continuasse così ci vorranno 444 mesi, oltre 36 anni per liberarsene. Un disastro, lasciato in eredità dalla Protezione civile di Bertolaso che ha lasciato la città un anno fa senza mettere mano al problema.
90.000.000 Si tratta dello stanziamento per l'istituzione di una zona franca per l'Aquila che attraverso facilitazioni fiscali e altri incentivi avrebbe dovuto invogliare imprenditori italiani e stranieri ad investire nel territorio devastato dal sisma. L'allora presidente della provincia Stefania Pezzopane e il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente la proposero a Berlusconi e Gianni Letta l'8 aprile 2009, due giorni dopo il terremoto. Il Cavaliere si impegnò solennemente, ma due anni sono passati e la zona franca nessuna l'ha vista, mentre il tasso di disoccupazione a l'Aquila e dintorni continua a salire secondo alcune rilevazione oltre l'11 per cento.
1.200.000.000 Sono le tasse arretrate che gli aquilani devono al fisco. Berlusconi aveva lasciato sperare in una totale esenzione. Poi si è capito che era una semplice sospensione. Solo che è durata fino a giugno 2010, tre mesi in meno del periodo concesso ai terremotati dell'Umbria. E non basta: dopo avere ripreso a pagare dal luglio scorso le tasse correnti, gli aquilani hanno appurato che la restituzione degli arretrati dovrà avvenire in 5 anni e per il 100 per cento degli importi, mentre Umbria e Marche hanno cominciato a saldare le imposte sospese dopo 12 anni e solo per il 40 per cento del dovuto.
13.000 Sono i cantieri per le case E, le più danneggiate, che devono ancora partire sia nel centro storico che nel resto della città. Il ritardo è dovuto alla mancanza del prezzario delle opere e delle procedure per il finanziamento delle stesse, strumenti indispensabili che il commissario straordinario, il presidente della Regione Gianni Chiodi, è riuscito a varare solo alla fine di marzo. Un intoppo che sta rimandando alle calende greche il ritorno alla normalità. "Colpa anche della scelta della ricostruzione leggera voluta da Berlusconi", spiega Stefania Pezzopane, "che ha lasciato per ultimo il disastrato centro storico".