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Giuseppe D?Avanzo
L´amnistia ad personam
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Un paradosso che illustra la follia della situazione nella quale il potere dei malandrini ha gettato lo Stato. Da la Repubblica del 24 febbraio 2005. La copertina del libro con la sentenza del processo Iri-Sme

L´amnistia ad personam

Un paradosso che illustra la follia della situazione nella quale il potere dei malandrini ha gettato lo Stato. Da la Repubblica del 24 febbraio 2005

Se la soluzione fosse un´altra, a portata di mano e tagliente come l´ascia che trancia di netto il nodo troppo stretto? Se la soluzione fosse una legge d´un solo articolo che reciti: «Con la presente legge si estinguono i reati, quali che siano, commessi dal signor Cesare Previti e dai suoi complici. Entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e si applica ai fatti commessi anteriormente a tale data e ai procedimenti e ai processi pendenti alla medesima data». Sì, un provvedimento legislativo di carattere dichiaratamente personale con cui lo Stato rinuncia all´applicazione della pena nei confronti di un solo uomo, l´avvocato Cesare Previti

Un´amnistia ad personam che salva uno e protegge tutti; invece, di leggi ad personam che, per rispettare il carattere generale e astratto proprio delle leggi, mettono in pericolo tutti per salvare uno solo.

É un paradosso? Sì, lo è. Ma, in fondo, che cosa significa paradoxon se non «oltre l´opinione comune»? L´opinione comune è spesso sbagliata e i paradossi sono quasi sempre delle elementari verità che il tempo nasconde. Si potrebbe dire che quel tempo - il tempo di risolvere finalmente questa assurdità - sembra giunto. Se, dimenticando l´articolo 3 della Costituzione («Tutti i cittadini sono uguali dinanzi alla legge»), ragionassimo in modo concreto e pragmatico; se azzittissimo le tirate sui principi e sulla poliarchia del potere; se tenessimo conto di un responsabile equilibrio costi/benefici, non c´è dubbio che sarebbe questa strada - l´amnistia ad personam - la migliore, la meno pericolosa per gli italiani e la meno tragica per l´equilibrio costituzionale che regge la Repubblica.

Osservate che cosa ci può accadere se ci facessimo imprigionare dalla Costituzione e dalla ostinata petulanza di un capo dello Stato che pretende di proteggere la Carta dagli assalti all´arma bianca. Accadrebbe questo. Il Parlamento, subalterno al governo e al suo Capo, approva una legge che schiere di avvocati e pattuglie di penalprocessualisti hanno definito «criminogena». Non scoraggia il delitto, lo istiga. Approvata la legge (che gli ipocriti chiamano Cirielli-Vitali e non "Salva Previti!") usurai, ladri, pirati della strada, lenoni, corrotti, contrabbandieri legati a mafie e camorre, millantatori, bancarottieri - per dire di qualche categoria di lestofanti beneficiati dal provvedimento - avrebbero la rassicurante garanzia che, beccati con le mani nel sacco, lo Stato non si concede il tempo necessario per processarli. O, per dirla al contrario, concede a loro - ai lestofanti - il tempo di farla franca attraverso l´uscio largo della prescrizione del reato. La prescrizione è il tempo oltre il quale viene meno l´interesse dello Stato ad accertare il reato e a infliggere la pena. É prederminato per legge e la Cirielli-Vitali-Previti questo fa. Definisce il tempo della prescrizione. Lo dimezza. Quel reato che era cancellato (perché prescritto) in quindici anni ora lo si butta via in sette anni e mezzo. Tutti i reati che oggi si puniscono con la pena massima di otto anni sono destinati così ad essere prescritti con le accorte mosse dell´imputato. Buon per lui. Ma per noi? Se non si è usuraio, ladro, pirata della strada, lenone, corrotto eccetera eccetera non c´è nulla di che essere soddisfatti. Si annunciano soltanto pericoli e frustrazioni (se vittime di quei reati). Non basta. Se malauguratamente un reato lo si è già commesso e si è in galera, si può dire addio a ogni speranza di vedere osservato il carattere rieducativo e non punitivo della legge (articolo 27 della Costituzione). La legge che libera Previti condanna quei dannati - recidivi in semilibertà, agli arresti domiciliari, già ammessi al lavoro esterno - a un carcere organizzato come discarica sociale di sconfitti che non meritano un´altra opportunità, che non la meriteranno mai più. É il perverso risultato della manovra che, avvitata intorno al destino di un uomo solo (l´avvocato Previti), deve rendere liberi i delinquenti del futuro e schiacciare senza alternative i deliquenti del passato, qual che sia oggi lo stato della loro «rieducazione».

Ora bisogna sapere che la maggioranza approverà questa legge in Senato entro il 18 marzo (quel giorno il Parlamento chiude in attesa delle elezioni regionali). E il dado sarà tratto. Il gioco comincia e annuncia altre distruzioni questa volta non della nostra sicurezza collettiva, ma dell´equilibrio delle istituzioni che regola la vita collettiva.

Dopo la Cirielli-Vitali-Previti verrà la riforma dell´ordinamento giudiziario che, corretta dalle quattro incostituzionalità rilevate da Ciampi, dovrà restituirci la magistratura di cinquant´anni fa, impiegatizia, burocratizzata, conformista, soprattutto obbediente al potere politico. Questa legge è stata presentata dal governo e dall´imperito ministro della Giustizia come «epocale». Ma, se «epocale», perché ha lasciato il passo alla «Salva Previti!»? É già pronta, è già stata corretta, Ciampi può soltanto approvarla, dice il Guardasigilli. E allora perché non approvarla rapidamente visto che, per la propaganda manipolatoria, risolve tutti i problemi e la lentezza della giustizia italiana? Risolti i problemi della macchinosità della giustizia, si potrebbe forse anche "vendere" meglio i tempi dimezzati della prescrizione e, dunque, non è ragionevole licenziare prima la riforma dell´ordinamento e poi la Cirielli?

Sono domande ragionevoli che non tengono conto della ratio delle riforme. Quella ratio non la si rintraccia nell´organizzazione della giustizia che è disgraziata, nell´ordinamento giudiziario che si può correggere, nelle contorte procedure del processo penale e civile, nell´ipercriminalizzazione, ma nel destino di Cesare Previti. Come liberarlo dal buco nero in cui le scorciatoie professionali lo hanno cacciato? È il nodo: il processo a Previti (sono due, sono in appello, in primo grado è stato condannato a 15 anni di reclusione). Se si tiene ferma la convinzione che quel che conta per il governo (e il suo Capo) è sollevare Previti dalla minaccia del carcere, questa storia istituzionale la si può raccontare in un altro modo e ha il profumo della minaccia o del ricatto, fate voi.

Il governo, di diritto e di rovescio, sopra e sotto il banco, sta dicendo alla magistratura italiana: vedete, signori in toga, ho la forza per proteggere Previti dalle vostre sentenze. Costi quel che costi, sono disposto a farlo, anche al prezzo di rendere l´Italia l´Eldorado dei farabutti. Posso fare di peggio e di più. Posso deformare lo stesso ordine giudiziario piegando la Costituzione. Voi giudici, eravate soggetti soltanto alla legge e l´intera magistratura autonoma e indipendente: bene, diventerete dipendenti dal giudizio del governo. Non volete affrontare queste forche caudine, sapete che cosa fare? Quel che c´è da fare è assolvere Previti in appello o annichilire i processi di primo grado in un modo o in un altro, «tanto il cavillo lo si trova sempre?». Tra il minaccioso oggi e l´approvazione definitiva della "Cirielli" e della riforma «epocale» c´è questa opportunità: distruggere come fossero castelli di carte i processi a Previti. É questo, al di là di ogni tentativo, l´unico terreno di "mediazione" possibile. Perché mettere a repentaglio l´intero sistema giudiziario e, dei magistrati, il lavoro di ieri e le carriere di domani per l´ostinazione di considerare un obbligo che tutti i cittadini siano uguali dinanzi alla legge?

Costi/benefici, si diceva. Dunque. Nella colonna dei costi c´è la deformazione della Costituzione; la subalternità di un potere di controllo all´esecutivo; una giustizia a doppia faccia: crudele con i deboli e generosa con i forti; un magistrato di ridotta imparzialità sia che accusi sia che giudichi. O, nulla di tutto questo, ma una magistratura umiliata, nel caso in cui i giudici cedano alle pressioni. Nella colonna dei benefici c´è soltanto che Cesare Previti è stato giudicato (e condannato) come uguale tra uguali. Vale la pena? In assenza di un Parlamento capace di ritrovare le ragioni del suo ruolo di contrappeso al potere dell´esecutivo, nel deserto di un Palazzo vuoto di spiriti liberi, il paradosso si riaffaccia. Amnistia ad personam per Previti. E´ la migliore delle peggiori soluzioni che vengono proposte.

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