Per Obama si fa dura: gli Stati uniti sono nel tunnel della crisi economica, ma in fondo non si vede luce, solo buio ancora più profondo. I dati sull'andamento del Pil non lasciano speranza: nel quarto trimestre la discesa annualizzata è stata del 6,2%, il 60% in più di quanto le stime preliminari avevano accertato. E le prospettive sono ancora peggiori come confermano i dati sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione: da parecchi settimane oltre 600 mila persone perdono il posto di lavoro. E quasi nessuno ne trova uno nuovo.
Ieri l'Fbi ha diffuso il tradizionale rapporto sulla criminalità negli Usa. Ne emerge uno spaccato sulla situazione economica del paese estremamente significativo: nel primo semestre - quando l'economia stava già rallentando, ma cresceva - i "delitti" erano stazionari con una tendenza alla diminuzione; nel secondo semestre c'è stata una netta inversione di tendenza: i delitti contro il patrimonio, gli scippi, le rapine sono in crescita vertiginosa. Insomma, la gente si arrangia come può visti anche gli esempi che arrivano dall'alto. Cioè dai banchieri creatori degli asset tossici che se la cavano a buon prezzo, spesso portandosi a casa belle liquidazioni.
Ora la speranza si chiama Obama: ha ereditato una situazione disastrosa della quale non ha colpe. Gli ostacoli che gli pone il Congresso sono notevoli, ma l'uomo ha dimostrato di saperci fare e l'aggravarsi delle crisi economica potrebbe spezzare molte rigidità. Come accadde ai tempi di Franklin D. Roosevelt, ai tempi della grande crisi. Ieri anche Krugman, il premio Nobel per l'economia, un liberal spesso critico sul programma di Obama, ha ammorbidito la sua posizione. Probabilmente per la svolta sanitaria del neo presidente, ma anche per i progetti sulle energie alternative in grado di sviluppare la ricerca (basti pensare ai pannelli solari senza silicio) che ha visto per anni gli Usa all'avanguardia e grande esportatori di know how. Di più: con lo sviluppo delle energie alternative Obama intende ridurre la dipendenza energetica dal petrolio (a regime 2 milioni di barile di petrolio in meno al giorno). Il che renderà meno "necessarie" le guerre imperialiste nel medio oriente. Inoltre sarà possibile creare 3,5 milioni di posti di lavoro che di questi tempi non sono pochi.
L'impressione è che Obama si stia muovendo con la logica dell'elastico: infila provvedimenti sui quali anche la destra non si oppone (gli sgravi fiscali per stimolare la domanda privata di consumi), media sul ritiro dell'Iraq, ma poi ci infila provvedimenti come quello sulla sanità pubblica. Occhio: Obama non è un socialista, come non lo era Roosevelt. Forse lo era un repubblicano anomalo come Fiorello La Guardia, sindaco di New York che poi divenne stretto collaboratore del presidente. Questo significa che Obama si muove nell'ottica di una restaurazione del sistema su basi più democratiche, con un rilancio del benessere. E questo a molti non piace, ma può dare input importanti alla sinistra nostrana. Quella antagonista paralizzata dal minoritarismo; quella del palazzo, sempre più affannata nella rincorsa al berlusconismo.