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Valerio Calzolaio
L’ambiente vuoto di Matteoli
10 Febbraio 2007
Articoli del 2006
Un’ulteriore truffa del governo Berlusconi; condita da bugie e sgarbi istituzionali. Da l’Unità del 22 marzo 2006

Ennesima beffa scientifica, ennesimo sbrego istituzionale, ennesimo inquinamento politico del ministro contro l'ambiente. Domani mattina in pompa magna elettorale, 17 giorni prima del voto, a camere sciolte, il candidato deputato di An Altero Matteoli presenta una Relazione sullo stato dell'ambiente, la prima e l'unica dei governi Berlusconi, con 39 mesi di ritardo rispetto alla scadenza normativa. La legge istitutiva del ministero (luglio 1986) impone di presentare «al Parlamento» una relazione sullo stato dell'ambiente «ogni due anni». La prima risale all'aprile 1989, la seconda al marzo 1992, poi nulla nelle due brevi legislature fino al 1996. I governi del centrosinistra ripresero il ritmo, rispettando l'impegno: due relazioni nei cinque anni di legislatura, la prima a luglio 1997, la seconda a gennaio 2001, entrambe presentate «al parlamento», ovvero a camere operative, con aule aperte, commissioni funzionanti, ordinaria dialettica democratica.

L'attuale ministro contro l'ambiente non ha rispettato impegno e scadenza, nel gennaio 2003 non si è nemmeno scusato del ritardo, il suo capo di gabinetto ha dichiarato il falso in diretta in una trasmissione rai dell'aprile 2005 (citando una presentazione «pochi mesi or sono», mai avvenuta). Ora presenta non al parlamento, ma ad amici e complici, giornali e televisioni una relazione di propaganda elettorale, basata su dati Apat già noti, strutturata sui rapporti mancati del ministero (con l'energia, l'industria, i trasporti, l'agricoltura. il turismo, le aree urbane), con utili allegati purtroppo poco credibili (il governo commenta i protocolli della convenzione delle Alpi che non ha voluto ratificare e un nuovo codice dell'ambiente che non è in vigore!). Tipo lettera Berlusconi ai bimbi appena nati o autoencomio Martino ai giovani non di leva. Propaganda. Domani a Villa Madama. Nella lettera di invito si informa, in modo bizzarro e istituzionalmente sgarbato, che «il Presidente della Repubblica è stato invitato a presenziare la cerimonia»: queste cerimonie si concordano, non si improvvisano! A peggiorare le cose si intuisce una pressione sulla Presidenza che il 17 febbraio ha ricevuto lo schema di decreto legislativo che «terremota» tutta la legislazione ambientale italiana (accompagnata da minacciose dichiarazioni del capo di gabinetto Togni). Dovete sapere che è un testo di 318 articoli e 45 allegati, quasi 1000 pagine, complicate anche solo da pubblicare in un fascicolo della Gazzetta Ufficiale, prive di un essenziale requisito formale (il parere della Conferenza Unificata, quello delle regioni è contrario), prive di una parte essenziale delegata con legge (le aree protette), contestate da molte regioni (con annunciati ricorsi alla Corte Costituzionale), già denunciate dalla Commissione Europea con atto ufficiale del 13 dicembre (tenuto nascosto dal ministro alle istituzioni italiane), piene di impatti negativi sulla certezza del diritto e sul rispetto della natura.

Il Presidente della Repubblica ha chiesto inevitabili svariati chiarimenti. Difficile che si possa rispondere in breve tempo, senza modifiche, senza passaggi collegiali. L'emanazione del decreto ha una scadenza normativa: la legge 308/2004 di delega prevede l'adozione entro 18 mesi, dunque entro l'11 luglio 2006. Quella è la scadenza per l'eventuale firma. Prima ci saranno le elezioni e la legittimazione democratica di una nuova maggioranza parlamentare. Dovete sapere che il governo Berlusconi chiese al parlamento di riscrivere tutta la legislazione nell'agosto 2001, all'inizio della legislatura del centrodestra, come alibi per poter «abolire» di fatto ogni funzione del ministero dell'ambiente concepito come intralcio ai superponti e alle gallerie di Lunardi, ai condoni fiscali e edilizi di Tremonti, agli attacchi al paesaggio di Urbani, alle emissioni di Marzano e Scajola, alle alleanze con Bush contro il protocollo di Kyoto. Visto che la storia andava per le lunghe, nel maggio 2003 il ministro contro l'ambiente fece scrivere a tutti i dirigenti del ministero di «volersi astenere, discutere o anche solo impostare attività» connesse alle materie della delega (cioè tutte!), ribadendo dopo pochi giorni che era «inutile che gli uffici perdano tempo a lavorare sugli stessi temi che poi saranno esaminati nell'ambito della predisposizione dei testi previsti dalla delega».

Con tre voti di fiducia sia al Senato che alla Camera (voti sul governo, non sul provvedimento di merito), la delega è giunta solo a gennaio 2005, il decreto legislativo delegato solo ora, alibi per non aver fatto nulla per tutti i cinque anni. O, meglio, per aver fatto solo favori e danni: commissariato parchi, abolito domeniche ecologiche e città dei bambini, boicottato la strategia europea di riduzione delle emissioni, tagliato fondi e progetti di regioni e comuni su difesa del suolo o qualità dell'aria, favorito l'inquinamento elettromagnetico, e poi ovviamente promosso consulenze clientelari e lottizzazioni partitiche (da cui, fra l'altro, la laurea honoris causa, da ragioniere ad ingegnere!).

Tanto che ora non hanno nemmeno i soldi per il funzionamento ordinario, per l'affitto, per le pulizie. Forse in campagna elettorale dovremmo denunciare di più questo scandalo! E annunciare un patto ambientale con gli italiani, la riconversione ecologica dell'economia e nelle istituzioni, in ogni manifestazione, in ogni intervista, di ogni partito dell'Unione.

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