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Jacopo Gardella
L'altro orizzonte dell'urbanistica
3 Luglio 2010
Milano
Quello che la stampa non coglie quasi mai a proposito dello sviluppo della metropoli è, appunto, la sua dimensione metropolitana, e non comunale.La Repubblica ed. Milano, 3 luglio 2010 (f.b.)

Non è originale parlare di periferie. Quotidiani e periodici ne descrivono da tempo lo stato penoso. Ma alla descrizione impietosa dello stato di fatto non sembra facile contrapporre un disegno propositivo. Occorre anzitutto liberarci dal diffuso equivoco per il quale periferia e centro sono entità contrapposte e antagoniste.

Allo stesso modo è errato pensare che periferia e territorio circostante siano sciolti da reciproci rapporti. È vero il contrario: periferia e centro-città sono parti di uno stesso organismo; così come lo sono periferia e territorio. Queste tre realtà socio-geografiche oggi non possono concepirsi separate e divise.

Un tempo, in Europa, la periferia non si sapeva cosa fosse. Vi era solo la città murata, isolata in mezzo alla campagna e chiusa entro un recinto fortificato. Oggi, nell´anello periferico che circonda le città, si assiste a un disordinato e ininterrotto moltiplicarsi di costruzioni "a macchia d´olio". Un fenomeno che presenta terrificanti analogie con la malattia del nostro secolo: il cancro. Visto che ormai è impossibile eliminare il male commesso, che cosa si può ancora fare per arrestarlo?

La risposta è semplice: occorre interrompere le costruzioni all´interno sia del perimetro costruito, sia dell´anello periferico; e collocare i futuri insediamenti all´esterno della zona urbana, nel territorio ancora libero e poco edificato che si estende intorno, fuori e lontano dalla città. Ma a questi nuovi insediamenti occorre dare una forma conclusa; e mantenere tra di loro una distanza ragionevole, così da creare unità circoscritte e riconoscibili, separate da intervalli di campagna, da zone di verde agricolo, da parchi per ricreazione e svago. Altrimenti si verifica il pauroso fenomeno dello "sprawl" (che in urbanistica equivale ad "espandersi in modo disordinato"), ossia la proliferazione ininterrotta e spinta indifferentemente in tutte le direzioni; la copertura dell´intero territorio con una miriade di edifici dissimili, eterogenei, ammassati senza ordine né criterio; la scomparsa di ogni differenza fra aree costruite ed aree verdi.

Tutta la zona a Nord di Milano è ormai costruita fittamente, tanto da formare un´unica continua successione di fabbricati che si estendono dalla metropoli fino ai piedi delle Prealpi. La zona a Sud, al contrario, è ancora libera da costruzioni. Ma proprio per questo motivo deve essere lasciata intatta. E allora dove indirizzare lo sviluppo della città? In quale parte del territorio prevedere le future costruzioni? La risposta è elementare: i nuovi insediamenti vanno collocati entro un raggio di distanza che non sarà più metropolitano ma diventerà regionale; non più a ridosso dell´area urbanizzata, ma nell´ampia distesa della pianura lombarda.

Il problema urbanistico di Milano è costretto a trovare soluzione spostandosi sempre più lontano: partito dal centro città, prima si è esteso alla periferia, poi si è dilatato nel territorio, e ora raggiunge la regione. Qui sarà necessario coinvolgere anche le città di provincia e ritrovare un nuovo rapporto tra queste e la metropoli. Milano, capoluogo della Lombardia, soltanto se dirige il suo sviluppo verso l´intera regione, potrà un giorno risolvere i suoi problemi urbanistici.

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