Ci sono diverse ragioni per parlare dell'abitabilità di Milano. Il rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà, pubblicato sulCorriere della Seradel 13 Marzo, analizza le città italiane da questo punto di vista osservando, come spesso in queste classifiche, le difficoltà della nostra città. Il problema è che Milano sta cambiando profondamente sotto i nostri occhi e manifesta segnali di crisi proprio sul terreno dell'abitabilità, della vivibilità intesa in senso complessivo. Qualche dato: Milano ha perso dal 1973 a oggi circa 700.000 residenti, che si sono spostati prima nei comuni della provincia, poi nelle province confinanti. La città è diventata il cuore di una vasta regione urbana fortemente integrata. Al contempo ha assorbito oltre 200.000 immigrati provenienti per lo più dai paesi poveri del Sud del mondo e dell'Est Europa. Aveva 1.750.000 abitanti, ne ha oggi poco più di 1.300.000. Chi è rimasto è invecchiato, in famiglie sempre più piccole, mentre i giovani si sono trasferiti. Nello stesso periodo Milano ha affrontato un altro profondo cambiamento: ha perso 250.000 posti di lavoro nel settore manifatturiero, compensati dalla crescita sostenuta di posizioni nel settore dei servizi. Le case e gli opifici svuotati dalla popolazione residente e dalle industrie si sono riempiti di uffici, di showroom, di popolazioni provvisorie come gli studenti (ce ne sono 190.000 nelle nostre università), di lavoratori temporanei, di immigrati.
Ogni giorno arrivano a Milanocity-usersin auto (ne entrano circa 800.000) in treno (320.000 persone ogni giorno in stazione centrale), in aereo (37 milioni di passeggeri l'anno) e con altri mezzi pubblici. Si stima che la popolazione diurna di Milano sia circa il doppio di quella residente. Da una parte la città dei residenti, invecchiati, un po' impauriti e oppressi da problemi di congestione, inquinamento e abuso nei quartieri della movida, dall'altra la città-piattaforma delle funzioni dinamiche della Milano produttiva fatta di ricerca, finanza, moda, servizi avanzati, svago. Abitata questa da pendolari che faticano a raggiungerla nelle code interminabili di auto, nei treni malandati e nei bus spesso sovraffollati. È nella relazione fra queste due città che si gioca la questione dell'abitabilità: oggi la città-piattaforma schiaccia la città dei residenti. Occuparsi di abitabilità significa non pensare a progetti faraonici ma a ciò che può rendere la città accogliente, viva e in armonia, dando la casa ai giovani, ai lavoratori che fanno funzionare la macchina urbana, alle popolazioni temporanee. È necessario occuparsi degli spazi collettivi e dei luoghi della cultura che consentono l'incontro, del verde urbano, della valorizzazione delle aree agricole e naturali, della qualità dell'aria, delle forme e dei luoghi della mobilità, dei mezzi pubblici, della ciclabilità e di un uso delle auto non invasivo, dei servizi di welfare per la popolazione anziana e per l'accoglienza degli immigrati e delle nuove famiglie, di un decentramento vero di funzioni non marginali.
Il fatto nuovo è che l'abitabilità non è più solo un'esigenza degli abitanti: in un mondo sempre più interconnesso e globale è un fondamentale fattore di attrattività e quindi anche di successo economico.(Sandro Balducci è prorettore del Politecnico)