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Bruno Franco; Perini Carlini
La voce del mattone
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Da il manifesto del 22 maggio 2005, notizie e risvolti inquietanti sulle connessioni tra speculazione immobiliare, politica finanziaria e scalata al potere (e, dietro, politica tout court)

«Salirò ancora»: rastrellato il 13,5% l'immobiliarista Ricucci è già il primo azionista di Rcs-Corriere della Sera ma vuole di più. L'altro immobiliarista Coppola: «Rcs piace anche a me». E il primo giornale italiano sciopera, e oggi non esce E' in atto una metamorfosi del potere e i nuovi padroni sono quelli dell'edilizia: carichi di immobili rivalutati dal boom, coccolati dalle banche, protetti dal governo, con sponde a sinistra. Arriva la banda del mattone

Immobiliaristi all'assalto di via Solferino

BRUNO PERINI

Nella scalata al Corsera Stefano Ricucci non si ferma. Anzi, a lui si affianca un altro immobiliarista: Danilo Coppola. Mentre scendono in campo i giornalisti, gli azionisti pensano di togliere il titolo Rcs dalla Borsa. Un'operazione costosissima

La «banda del mattone» all'assalto del Corriere della Sera. Potrebbe essere questo il titolo di giornata della battaglia che si sta giocando in via Solferino e dintorni per il controllo del più importante quotidiano italiano. Non si tratta soltanto di un'aspra guerra finanziaria che si gioca sul terreno editoriale ma di una vera e propria metamorfosi del potere: i nuovi rantiers, carichi di liquidità proveniente dall'alto valore degli immobili, foraggiati per questo da potenti istituti bancari come Capitalia, Popolare di Lodi o Intesa, protetti da alcuni settori del governo Berlusconi interessati a destabilizzare il Corriere della Sera, alleati in alcuni casi a centri di potere vicini ai Ds, come Unipol e Monte dei Paschi di Siena, sono dappertutto, nella battaglia per il controllo di Antonveneta, nella disfida in corso per il comando della Banca Nazionale del Lavoro e in mille altri meandri della comunità degli affari, pronti a dare l'assalto ai centri nevralgici del capitale a colpi di miliardi. Ieri, mentre l'immobiliarista Stefano Ricucci, snobbando le dichiarazioni di Giampiero Pesenti, Cesare Geronzi e Marco Tronchetti Provera, sfidava il patto di sindacato di Rcs, annunciando di essere pronto a rastrellare altro capitale del colosso editoriale controllato da Mediobanca, Fiat, gruppo Pesenti, Banca Intesa, Pirelli-Telecom, un altro esponente della «banda del mattone», tale Danilo Coppola, dichiarava alla stampa: «Il gruppo Rcs? Ci potrebbe interessare. Stiamo valutando cosa fare, potrebbe essere interessante entrare in questa partita». Ci manca una dichiarazione dell'immobiliarista Giuseppe Statuto, alleato di Coppola e Ricucci in Bnl, e la «banda del mattone» è al completo.Chi c'è dietro gli aggressivi raiders? A cosa mira Ricucci? Perchè continua a rastrellare azioni nonostante la potente barriera di sbarramento dei grandi azionisti di Rcs? Queste sono le domande più difficili a cui neppure esponenti di primo piano del gruppo editoriale sanno rispondere. Di certo Stefano Ricucci è visto di buono occhio dall'entourage di Palazzo Chigi e da alcuni esponenti della Lega, legati a loro volta al patron della Popolare di Lodi, Giampiero Fiorani, finanziatore dell'immobiliarista. Al governo Berlusconi non piace per nulla la piega che ha preso il Corsera di Paolo Mieli e piace ancora di meno quel salotto di signori che controlla il gruppo Rcs; dunque se qualcuno lo destabilizzasse non gli dispiacerebbe affatto. Il Cavaliere si toglierebbe una spina nel fianco una volta per tutte. Vi è tuttavia un altro asse politico finanziario al quale Ricucci è legato, che passa attraverso la società Hopa di Emilio Gnutti, (con il quale condivide un accusa di aggiotaggio e insider trading), l'Unipol, socio e membro del patto di sindacato di Hopa, e il Monte dei Paschi di Siena che ha come riferimento politico dichiarato il presidente dei Ds Massimo D'Alema. Sono le cosiddette «relazioni pericolose» dei Democratici di sinistra. Non è un caso che i Ds tacciano su tutta la questione e non è neppure un caso che nelle battaglie per il controllo delle banche, vedi Antonveneta e Bnl, l'Unipol sia sempre dalla parte più «innaturale», ovvero sia alleata con gruppi finanziari filo governativi. Si dice che Fassino non veda di buon occhio queste anomale alleanze ma l'Unipol risponde cinicamente che gli affari sono affari. Ieri sono scesi in campo anche i giornalisti del Corriere della Sera. I fronti aperti dalla redazione di via Solferino sono due: uno contro «una minaccia esterna crescente che ogni giorno occupa le cronache di Borsa», di fronte alla quale «non c'è una capacità di difesa dell'azienda», e l'altro contro l'atteggiamento «ottuso e burocratico del management, ovvero dell'amministratore delegato Vittorio Colao, che rifiuta di fornire al giornale «le risorse indispensabili, in uomini e mezzi, perché il Corriere possa difendersi ed onorare il primato in edicola». L'accusa nei confronti di Colao che viene sussurrata nei corridoi della redazione è pesantissima: «E' un ragioniere, è soltanto in grado di guardare ai conti e alla gara di redditività con la Repubblica ma è miope e ottuso quando si tratta di valutare la situazione da un punto di vista politico ed editoriale. Se non intervengono gli azionisti, la guerra con lui sarà durissima».Le parole dei giornalisti sono altrettanto affilate nei confronti di Stefano Ricucci: «Il rastrellamento di azioni da parte di Stefano Ricucci, in assoluta mancanza di trasparenza, alimenta inquetudini... continua infatti a mancare la decisione da parte dei protagonisti di rendere il Corriere inespugnabile». Cosa significa rendere inespugnabile il Corsera? L'ipotesi migliore che viaggia in via Solferino è quella di una fondazione o un'accomandita che faccia da garante al quotidiano, l'ipotesi peggiore è che il gruppo Rcs venga tolto dalla Borsa in modo da impedire qualsiasi scalata. Un'ipotesi questa che comporterebbe un enorme esborso di quattrini perché il patto di sindacato dovrebbe lanciare un'opa oltre la sua quota di controllo, acquistando a prezzi molto alti anche il pacchetto nelle mani di Stefano Ricucci.

L'ambita preda

FRANCO CARLINI

Non chiamateli palazzinari. Quelli che stanno assaltando il Corriere della Sera, i cui redattori sono oggi in sciopero, hanno sì iniziato la loro carriera con qualche tonnellata di cemento, ma nulla hanno a che fare con la leggendaria generazione del sacco di Roma. I quali avevano orizzonti da agro pontino e ambizioni limitate all'arricchimento personale. Con quei costruttori Stefano Ricucci ha in comune solo il gonfiore del volto e il petto villoso che lo fanno assomigliare a un personaggio di Alberto Sordi, ma per il resto il grande gioco, di cui sembra attore non protagonista, ha ben altro rilievo: banalmente è un pezzo della democrazia in Italia, se quel valore si fonda, tra le altre cose, su una stampa almeno relativamente indipendente. Il Corriere della Sera non è mai stato un giornale aggressivo con i poteri economici e politici. Anzi spesso è stato spontaneamente e spietatamente dalla loro parte, ma da almeno tre direttori in qua ha accentuato il suo ruolo critico, nelle cronache prima ancora che nei commenti. Insomma ha fatto del giornalismo. Andrà anche notato che un analogo ruolo severo sta svolgendo negli ultimi mesi il quotidiano della Confindustria e questo fenomeno non è banalmente attribuibile a un Montezemolo in versione antigovernativa: evidentemente la degenerazione del paese è troppo acuta per vivacchiare.

La leggendaria risposta di una riga di Ferruccio De Bortoli a un articolo dell'avvocato Previti che lo invitava a cena, resterà da manuale di giornalismo. Diceva soltanto «No grazie. fdb». Ma anche così sarebbe sbagliato vedere nella scalata in atto solo una reazione rabbiosa del berlusconismo ferito. Non è detto affatto che Ricucci sia l'ultimo terminale di una catena che comincia con B come Berlusconi, continua con C come Caltagirone e prepara la Reconquista di via Solferino. Appassionati del complotto potrebbero sostenere che la C di Caltagirone porta anche a Casini, e dunque ad altri scenari della politica.

Ci si asterrà dunque dal filosofare, ma per gli storici sarà interessante ragionare sul segreto: l'amministrazione Bush ha dichiarato guerra apertamente a Newsweek, chiedendo scuse che non verranno, e lo stesso fece Tony Blair nei confronti della Bbc, la cui direzione è riuscito a rimuovere. Questi conflitti durissimi sono almeno avvenuti in pubblico e ognuno può prenderne atto e parte.

Nella vicenda di Rcs Media Group emerge invece il peggio del capitalismo finanziario ed è un peggio organico, non una degenerazione: un ex signor nessuno, stipulando un'alleanza di potere con altri poteri, può andare in una banca di provincia e ottenere credito per comprare allo scoperto miliardi di azioni altrui, di qua e di là, senza altra garanzia che altre azioni acquistate a credito. Come lui possono fare lo stesso una ventina di altri finanzieri di Brescia: sono fabbricanti d'armi o di tondino, ma la materia prima non conta, quello che importa è l'essere nel giro del denaro a pronta presa. Tra di loro ci sono dei pregiudicati (persone già condannate per insider trading) ma sembrano godere del tacito favore del maggior partito della sinistra italiana il cui silenzio sull'intera faccenda bancaria davvero preoccupa, così come Antonio Fazio, nel ruolo presuntuoso di riorganizzatore del capitalismo italiano, è ormai indifendibile. Che poi nell'occasione i colleghi del Corriere pensino che sia anche il momento di chiedere qualche soldo in più aggiunge un piccolo tocco di bizzarria all'intera faccenda. Più solidarietà avrebbero chiedendo lo sciopero generale della categoria.

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