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La telefonata a casa Fazio: mettiamogli paura
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Incredibile, come il dibattito sia sulla liceità delle intercettazioni, anziché sul loro mostruoso contenuto. Corriere della Sera, 3 agosto 2005

MILANO — «Il tenore di molte delle conversazioni intercettate — riassume il giudice Clementina Forleo — evidenzia che i rapporti tra gli indagati e altri personaggi» dell'inchiesta, «lungi dall'incanalarsi in fisiologici rapporti istituzionali o in rapporti meramente amicali, che legittimamente avrebbero potuto snodarsi parallelamente ai primi, appaiono contrassegnati da illegittime pressioni da un lato e da illeciti favoritismi dall'altro, in totale spregio delle regole». Eccone alcuni squarci, tratti dalla trama (finte cessioni di quote orchestrate a tavolino con la conoscenza in apparenza di Bankitalia, una frenetica ricerca di telefoni «puliti», l'operato della Consob sottoposto a minaccia in conversazioni tra un controllato da Consob e chi era un controllore come Bankitalia) disegnata dal centinaio di pagine dei provvedimenti firmati ieri dal gip Forleo.

Nel mirino Cardia e i controlli della Consob. E la moglie del Governatore rassicura Fiorani Sono le 21.40 del 27 giugno, e Cristina Rosati assicura a Fiorani di aver raccomandato al marito Antonio Fazio di richiamarlo:

Rosati: «Ma chiama subito (sottinteso: ho detto a mio marito, ndr), va', perché tu, dico, mica mi puoi trattare così Giampiero, eh».

Fiorani: «Poverino tuo marito, fa le cose che devono fare... veramente non se ne può più, anche oggi una giornata ancora bruttissima Cristina... ma no, perché questi maledetti (scusa il termine) della Consob mi han fatto ancora l'ennesimo ricatto, che abbiam forse rimosso e abbiamo spostato, però... Con Cardia che personalmente dice "ma ci sto ripensando", dopo che tutti i suoi collaboratori avevano approvato per intero il nostro progetto (...) È come ammazzarti col piede e poi schiacciarti, allora io mi sono arrabbiato e ho detto: benissimo, allora chiamate il mio avvocato, facciamo una letteraccia pesantissima, contro Cardia, mettiamogli paura anche noi a questo punto e vediamo di passare anche noi all'attacco perché sono veramente stufo stufo stufo, guarda veramente stufo... però improvvisamente loro davanti a questa minaccia allora alle sei mi tira fuori... ma allora forse la causa l'ha rimossa, forse va bene... insomma vigliaccate, Cristina, vigliaccate».

«Ora non sbagliamo»

A questo punto del colloquio, la moglie passa il telefono a Fazio, che rassicura Fiorani indicandogli il riequilibrio dei coefficienti patrimoniali (perseguito dalla Bpi attraverso quelle che la Procura ritiene finte cessioni di quote come alla Earchimede di Gnutti) come la mossa che potrebbe «risolvere tutto» ai fini del via libera di Bankitalia.

Fazio: «Guarda che stavo a scherzare quando ho detto che son venuto in ufficio per te».

Fiorani: «No, scusami no, ma Tonino mi spiace, anzi mi spiace da matti perché per colpa mia... sai questi ulteriori disagi!».

Fazio: «Ma che colpa tua, vabbè... va benissimo quello (incomprensibile)».

Fiorani: «Stavo raccontando che sono cose incredibili che hanno dell'inverosimile, cioè non è un Paese questo dove si può... non si può Tonino».

Fazio: (incomprensibile).

Fiorani: «No, pazienza, certo certo, hai ragione e faremo l'impossibile per dare una risposta ferma... però ti par giusto che davanti a una nostra risposta minacciosa improvvisamente lui (Cardia, ndr) è tornato sui suoi passi oggi e allora dice che il nostro prospetto va bene così... ma non può, non può un Paese così andare avanti a lavorare per minacce e basta, non si costruisce niente».

Fazio: «(incomprensibile) non bisogna sbagliare nessuna mossa adesso».

Fiorani: «No, infatti, guai... ma domani è importante (...) Ma non è programmato però di sentirlo Cardia, no, non pensavi di sentirlo?».

Fazio: «No, no, ma però ci penso io».

Fiorani: «Non è il caso...».

Fazio: «Tu vai avanti con quella cosa che...».

Fiorani: «Ok, domani facciamo anche quella, vedrai Tonino».

Fazio: «Ci son dei numeri molto buoni, insomma, ecco».

Fiorani: «E lo so, lo so, infatti».

Fazio: «Adesso non mi dire quello che... insomma bisogna andare avanti, ecco, va bene adesso, eh va bene?».

Fiorani: «Chiarissimo chiarissimo, grazie ancora».

Fazio: «Quello poi risolve... quello poi risolve tutto, va bene?».

Fiorani: «Ma è chiaro, siamo arrivati fino a qua, figurati, domani facciamo».

Fazio: «Va bene, appunto, se ci fosse quello va bene».

Fiorani: «E certo, grazie Tonino».

Fazio: «Stai tranquillo, ciao».

«Facciamo l'ambaradan»

A ruota, alle 21.50, Fiorani chiama Ricucci e gli dice che «su un passaggio bisogna riflettere», in quanto «fatti bene i conti, andiamo a beccarci uno sforamento dei coefficienti patrimoniali»: quindi è necessario fare tutto «l'ambaradan» dopo il 30 giugno. Ma Ricucci ha un problema: è la Deutsche Bank, dice, che sarebbe rigida nell'apporre sugli atti dell'operazione la stessa data in cui essa viene posta in essere.

A rassicurare Fiorani, angosciato dal fatto che Fazio non gli abbia ancora dato l'agognata autorizzazione di Bankitalia, una sera è la stessa moglie del governatore. Fiorani, intercettato, viene chiamato da un tale Gigi che dispone di un'utenza di cellulare che il provvedimento giudiziario di ieri indica essere «risultata intestata al Senato della Repubblica».

Rosati: «Oh che non mi vuoi più bene».

Fiorani: «No, no».

Rosati: «Sono gelosa... sono gelosa».

Fiorani: «Tu adesso mi vieni a dire...».

Rosati: «Senti, tu adesso mi devi fare una promessa».

Fiorani: «Sì».

Rosati: «Devi, fino a domani, devi stare zitto, non parlà con nessuno. Sei in una botte di ferro, stai tran-quil-lo»».

Fiorani: «Vedrai che non sarà così. Io non ho sbagliato, Cristina, non ho mai sbagliato».

Rosati: «Manco io ho sbagliato, manco io ho sbagliato, e lo sai bene».

Fiorani: «Stavolta abbiamo purtroppo un presentimento diverso mio e tuo... però di presentimenti, guarda».

Rosati: «Appunto, appunto, appunto Giampi, sì».

Fiorani: «Vedrai».

Rosati: «Guarda, qui non è solo, guarda è la reputazione di mio marito, di 40 anni di vita».

Fiorani: «Ma lo fanno fuori, Cristina, lo fanno, c'è qualcuno che vuole farlo fuori, Cristina...».

Rosati: «Ma lo so (...) Stai tranquillo, stavolta guardo io, e tu lo sai, figurati, ho provato».

Fiorani: «Lo so,lo so».

Rosati: «Davvero tutti i passi. Guarda io l'altra sera mi sono vista veramente persa, e lo sai, mi sono mossa tempestivamente».

Fiorani: «Poi hai scoperto che non c'era motivazione (...) Quello che è successo te lo dirà Gigi, è una cosa incredibile, cioè c'erano delle incomprensioni da parte della struttura... non solo, non ricevevano più i miei... Ho dovuto, ho dovuto forzare la mano io con tuo marito e Diego (incomprensibile) A questo punto, Cristina, comunque pazienza, dai».

Rosati: «No, no, no no, non ti voglio sentì parlare così... non stare arrabbiato... Io che fai, mi butto dal balcone domani?».

Fiorani: «No, no, ma perché tuo marito è talmente buono, tuo marito è talmente buono, è talmente, è talmente... sì».

Rosati: «No, no, ascolta, Titanic mica l'hanno fatto già due volte... non si buttano 40 anni dalla finestra. Ma guarda, io, io sono notti che non dormo neanch'io, ma non, io stasera guarda, chiamala pazzia, chiamala cosa, io stasera sono molto tranquilla, molto molto... quindi ci risentiamo caso mai più tardi, tu c'hai quel numero che ti ho dato...».

«Tu sei l'aquilone devi volare alto»

Che cosa rappresenti la moglie di Fazio per Fiorani, lo esterna lo stesso banchiere lodigiano in una intercettazione così sunteggiata dal brogliaccio degli inquirenti: «Fiorani le dice di essere il loro aquilone e di volare alto... Fiorani dice che loro possono tirare le fila, ma l'aquilone che deve volare lontano è lei».

Meno poetica, e tutta da comprendere prima di trarne arbitrarie conclusioni, è quello che Fiorani dice alla moglie di Fazio il 18 luglio.

Fiorani: «Poi domani ti porterò il documento, il primo documento di versamento che t'ho fatto da... mmh, da noi e poi da anche altri che saranno fatti, su quel conto corrente di conto terzi, ricordi...».

Rosati: «Eh, poi questo ne parliamo perché... coso sì, va benissimo».

È persino umoristico quanto la moglie di Fazio e Fiorani si preoccupino di essere sotto controllo e poi finiscano per esserlo lo stesso. Il 14 luglio alle ore 11.30, riassume un brogliaccio, la moglie di Fazio «chiama il Governatore che le comunica di aver intrattenuto una lunga telefonata con Fiorani, il quale è molto contento, ma la donna comunica che non passa più da loro perché ha paura, aggiungendo che la sera prima anche Gigi Grillo era preoccupato». Grillo è un senatore di Forza Italia, sostenitore di Fazio. «Va segnalato — aggiungono gli inquirenti — che il Governatore comunica alla moglie di aver appreso che erano state disposte delle intercettazioni e che in particolare Fiorani era "sotto controllo". La moglie appare meravigliata dal momento che "quella persona", in contatto con "l'onorevole... amico di Grillo", aveva riferito "cose completamente diverse"».

Una novità di rilievo, per il cuore delle indagini, arriva dalle deposizioni di due dei consulenti esterni con i quali Fazio e il suo capo della Vigilanza, Francesco Frasca, aggirarono il no all'autorizzazione a Fiorani che gli ispettori di Bankitalia Castaldi e Clementi non avevano accettato di modificare. Se infatti il professor Merusi si è «appellato al segreto professionale», il professor Ferro Luzzi il 14 luglio ai pm «ammetteva di non aver mai letto l'atto della Consob e di non conoscere altri particolari della vicenda che invece avrebbero dovuto essergli comunicati, avendo a suo dire la Banca d'Italia abusato delle sue prestazioni professionali, per le quali non ha chiesto né ricevuto compenso».

Quando l'1 luglio «Fiorani chiama a un telefono dell'Unipol un tale Gianni, costui chiede al banchiere di dire "ai tre amici" che dovranno vendere all'Unipol al prezzo dell'Opa, "per poter rompere il fronte"». Il 2 luglio Fiorani sempre a Gianni (Giovanni Consorte?) «parla della riunione con Ricucci, Coppola e Gnutti, e riferisce di aver fatto presente che è lui, il Gianni, l'"allenatore", e che quindi loro devono adeguarsi. Con Ricucci "ci vuole pazienza"».

«Pronti col bazooka»

Il 28 giugno, nel seguito della telefonata delle 11.14, Fiorani e Gnutti tornano sul loro incubo Consob.



Fiorani: «Speriamo oggi pomeriggio la Consob... noi siamo pronti con i bazooka, con i bazooka siamo pronti, eh, non vogliamo sorprese, per cui qualunque sorpresa ci fosse noi siam pronti a partire, perché loro non possono permettersi di impedire che un'offerta vada sul mercato, noi partiamo con la diffida formale che abbiamo già steso... E quindi Cardia non può pensare di sognarsi le cose e poi... ma è solo lui il problema... solamente lui per logiche interne e... di qualunque tipo se non l'ha capiti oppure per altre cose, non possiamo scherzare con il fuoco».

Gnutti: «Cazzo, fare una telefonata invece... ai massimi livelli e dire che "oh guarda che oggi..."?» Fiorani: «Ah ma c'ho pensato anche a quello... ormai guarda che siccome la chiamata lui l'ha già ricevuta, io ho l'impressione che gli uomini lavorano nel migliore delle ipotesi per paura... allora bisogna partire noi con le minacce».

Gnutti: «Noi lo facciamo di quarantotto».

Ancora il 28 giugno, ma alle 13.11, Fiorani racconta a un suo manager il discorso che dice di aver fatto a un soggetto vicino al presidente della Consob Cardia, propedeutico alla riunione pomeridiana.

Fiorani: «Gli ho detto testualmente: guardi, professore, io mi auguro che tutto quanto funzioni bene oggi, mi raccomando a lei, mi raccomando al Presidente, lo dice al Presidente, non facciamo che si alzi un ulteriore livello di conflitto che ne abbiamo già abbastanza, ma se così sarà noi dovremo farlo ahimè... Ho detto: dipende da te e dalla persona a cui vai a riferire a mezzogiorno... che sia molto chiaro il messaggio!».

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