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Eugenio Scalfari
La tartaruga lo scorpione e il tallone di Prodi
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Il punto di vista del fondatore de la Repubblica (dal numero del 29 maggio 2005) sulla crisi dell’Ulivo

VENTIMILA tifosi italiani che sugli spalti dello stadio Ataturk di Istanbul tifavano per la loro squadra del cuore, alla fine del primo tempo cominciarono a preparare il viaggio di ritorno a casa. Alcuni abbandonarono addirittura il campo, sicuri ormai del risultato finale: il Milan conduceva la partita con un 3 a 0 che sembrava senza appello, la squadra del Liverpool era distrutta, senza gioco, senza idee, senza fiato, undici fantasmi con la sconfitta nelle gambe e nel cuore. Poi, dopo altri settantacinque minuti di gioco e cinque rigori dopo i tempi supplementari, è finita come è finita: il Liverpool ha rimontato e vinto, ha portato a casa la coppa della "Champions" e il Milan ammutolito e annientato ha preso la triste via del ritorno.

Penso che questa immagine sia stata presente alla mente di tutti i sostenitori dell´Ulivo e dell´Unione di centrosinistra quando lo scontro tra la Margherita e Prodi ha provocato un trauma altrettanto improvviso, una crisi di fiducia profonda accompagnata da rabbia e incredulità. Si potranno rimettere insieme i cocci di questo sfascio? Si potranno sanare le ferite, riannodare i fili spezzati, recuperare una credibilità così spensieratamente dissipata?

Per ora, da una parte e dall´altra, si cerca di gettare acqua per domare il fuoco e i più impegnati in quest´opera di pacificazione sono i Ds. Ma spegnere l´incendio non basta. Bisogna ricostruire ciò che le fiamme hanno distrutto, recuperare speranze, progetti, fiducia, reciproco rispetto. Soprattutto rispetto nei confronti degli elettori, della loro delusione, del loro desiderio di unità così incautamente frustrato dall´egoismo di partito.

I commenti dei giorni scorsi hanno equamente spartito i torti, gli errori e le ragioni tra le due parti contendenti. E certamente un contrasto così devastante non può essere addossato ad un solo protagonista. Resta tuttavia inevasa una domanda che è al centro dell´implosione provocata dall´assemblea della Margherita di nove giorni fa: perché è stato deciso di silurare la lista unitaria dell´Ulivo che avrebbe dovuto rappresentare la Federazione riformista nelle elezioni del 2006?

Le risposte date dal gruppo dirigente della Margherita sono note: vogliamo intercettare i voti moderati in uscita dal centrodestra; continuiamo a operare nel quadro della Federazione delle forze riformiste; riconfermiamo la nostra fiducia nella leadership di Romano Prodi; non vogliamo annegare la nostra identità cattolico-liberale in un partito unico dominato dai post-comunisti.

Infine, la scelta di presentarci con il simbolo Margherita nella scheda per il voto proporzionale riguarda soltanto il 25 per cento dei seggi della Camera dei deputati. Tutti i seggi del Senato e il 75 per cento di quelli della Camera sono in gara col sistema maggioritario rappresentato da un simbolo unitario, che è quello dell´Unione. La scelta di liste separate riguarda soltanto il 12,5 per cento del totale. Perché dunque fare un dramma per una decisione tecnica che non ha alcun significato politico? Perché strapparsi i capelli per così poco?

* * *

Queste le risposte di Rutelli, Marini, De Mita, Franceschini, confortati dal voto dell´80 per cento dei componenti dell´assemblea federale del loro partito.

Risposte, anzi motivazioni, fornite subito, prima ancora che l´assemblea votasse, e poi ribadite in dichiarazioni, interviste, conferenze-stampa con martellante ripetitività per nove giorni fino ad oggi.

Come non credere a tanta ossessiva insistenza? Ma – se permettete – come crederci? Quelle risposte infatti sono assai poco persuasive anche per chi desidererebbe esserne persuaso per tornare a sperare in una vittoria che sembrava a portata di mano ed è invece improvvisamente svanita, proprio come è accaduto mercoledì scorso allo stadio di Istanbul.

* * *

Cominciamo dall´ultima di quelle motivazioni, cioè l´influenza marginale della scelta di silurare il simbolo «Uniti nell´Ulivo»: essa si smentisce da sola.

Se si tratta d´una decisione così poco importante, perché non può essere modificata? Perché non si vuole neppure ridiscuterla con gli alleati e con la stessa minoranza dissidente della Margherita? Un´intransigenza così inflessibile nel difendere una scelta che si giudica priva di significato politico e di effetti rilevanti, fa nascere inevitabilmente il sospetto che si tratti di un pretesto che copra in realtà altre questioni. Un sospetto che non aiuta a recuperare la perduta credibilità, anzi peggiora la situazione.

Intercettare i voti moderati in uscita dal centrosinistra: questa sì, è una buona motivazione anche se le prove a supporto sono piuttosto scarse. Nelle ultime elezioni regionali la lista unitaria c´era in tutte le grandi regioni ed ha registrato ampio successo. Nelle regioni con liste distinte tutti partiti del centrosinistra hanno guadagnato voti (salvo Rifondazione). La Margherita ha avuto dovunque buoni risultati. Benissimo, ottima notizia per tutti.

I sondaggi fin qui effettuati da stimate agenzie e pubblicati nei giorni scorsi da tutti i giornali dicono che oltre il 40 per cento degli elettori della Margherita non approvano la decisione presa dall´assemblea di quel partito. Può darsi che tra un anno questo dissenso si sia riassorbito, ma può anche darsi di no. Se si votasse oggi, come si comporterebbero questi elettori delusi e arrabbiati? Si può legittimamente supporre che una parte di loro deciderebbe di non votare? In tal caso il danno sarebbe grave per la Margherita e per l´intera coalizione.

Non varrebbe la pena di approfondire la questione? L´altra motivazione riguarda il partito unico riformista.

La Margherita non lo vuole e nessuno può obbligarla a cambiare idea. Ma che c´entra la lista unica dell´Ulivo? Lì non c´è il simbolo della Margherita, ma neppure quello degli altri partiti, c´è soltanto l´Ulivo. Tutti hanno accettato di fare un passo indietro in nome dell´unità.

Tutti, tranne uno.

L´altro giorno ho incontrato casualmente Ciriaco De Mita e gli ho chiesto di chiarirmi alcune di queste mie perplessità. Mi ha risposto: io non sono contrario ad un contenitore unitario ma prima bisogna avere pensieri, programmi, volontà comuni, poi si arriva al contenitore.

L´inverso non si può fare.

Debbo dire: ha ragione. Almeno in teoria, l´inverso non si può fare. In pratica però si fa, eccome se si fa. Prendiamo il caso di De Mita, quando era più giovane e guidò il suo partito e anche un governo di centrosinistra.

Ebbene De Mita, proprio lui, non aveva né idee né progetti né volontà comuni con molti dei suoi compagni di allora. Non aveva certo nulla in comune con Salvo Lima, con Cirino Pomicino, con Franco Evangelisti, con Publio Fiori, con Forlani, con Bisaglia, con Rumor. Insomma non aveva nulla o ben poco in comune con il centrodestra della Dc. Era più grande la distanza tra lui e questa parte del suo partito che quella, tanto per dire tra lui e Ugo La Malfa.

Però lui in quel contenitore unitario ci stava, così come oggi sta con Rutelli che, fino a prova del contrario, è un post- radicale, un post-verde e non pare ancora che sia diventato democristiano. Allora, qual è il problema? Diteci qual è il vero problema e sarete creduti. Ma non vi nascondete dietro un dito perché un dito non è mai riuscito a nascondere la verità.

* * *

Certo, Prodi, ha commesso parecchi errori. Sono stati tutti impietosamente elencati in questi giorni: è andato avanti a strappi, non ha fatto crescere la Federazione riformista, si è occupato troppo della sinistra e troppo poco del centro, ha preferito decisioni solitarie sfuggendo a quelle collegiali.

Personalmente seguo poco queste cose. Può darsi che questi difetti li abbia. Diciamo: do per scontato che li abbia. Ma dovevate saperlo, voi della Margherita, visto che proprio lui è stato uno dei fondatori di quel partito.

Allora perché l´avete accettato, anzi voluto come candidato leader, fin da quando andò a guidare la Commissione di Bruxelles? E avete insistito sul suo nome in tutti i cinque anni successivi fino ad oggi? Adesso vi accorgete dei suoi difetti e vi sembrano così gravi da indurvi ad una decisione così traumatica e non condivisa da nessun altro dei vostri alleati. Voi però rispondete che Prodi è ancora e sempre il vostro leader. Ebbene, siamo franchi: la credibilità di questa affermazione è prossima allo zero e, purtroppo per tutti, si tratta d´una percezione oggettiva amplissimamente diffusa, dentro e fuori del centrosinistra.

* * *

Ieri D´Alema ha rilasciato un´intervista al nostro giornale. Le sue argomentazioni coincidono più o meno con le domande che anch´io mi sono permesso qui di formulare come cittadino elettore e quindi legittimamente interessato a questa tristissima e pasticciatissima vicenda.

D´Alema ha avuto il pregio di parlar chiaro, il che coi tempi che corrono è sempre più raro. Salvo su un punto: D´Alema confida che la Margherita cambi idea sulle decisioni di nove giorni fa. Ma non cambierà idea e questo D´Alema lo sa benissimo.

Una cosa è certa: se la situazione rimane al punto in cui attualmente si trova, saranno i Ds a dover decidere sul «che fare». Opporre il simbolo della quercia a quello della margherita? Sarebbe la soluzione più semplice ma avrebbe tra i vari effetti quello di escludere i partiti più piccoli dal proporzionale, magari compensandoli con collegi della quota maggioritaria. Ma Prodi?

Il leader dell´Unione non potrebbe far parte di una lista di partito e dovrebbe candidarsi soltanto nel collegio di Bologna sotto il simbolo dell´Unione. Ogni riferimento all´Ulivo scomparirebbe dalle schede del voto.

Oppure: tutti i partiti della Federazione riformista potrebbero aggiungere al loro simbolo un ramoscello d´ulivo (vegetale più, vegetale meno) e il nome di Prodi come riferimento.

Oppure ancora: i Ds non presentano il loro simbolo e vanno avanti con quello che Paolo Franchi ha battezzato «l´Ulivetto», cioè una federazione riformista senza la Margherita.

Come si vede le soluzioni tecnicamente ci sono, ma il pasticcio politico resta enorme. E rimane inevasa – lo ripeto – la domanda rivolta al gruppo dirigente della Margherita: perché l´avete provocato? Viene in mente la famosa storiella dello scorpione che, dovendo attraversare un ruscello, chiese alla tartaruga di portarlo dall´altra parte.

Stai tranquilla, le disse, non ti pungerò perché se lo facessi moriremmo tutti e due in mezzo al guado. La tartaruga si convinse e accettò di traghettarlo ma in mezzo al guado lo scorpione la punse.

Prima di morire della velenosa puntura la tartaruga chiese allo scorpione perché mai avesse fatto un gesto così inconsulto e la risposta fu: non volevo ma questa purtroppo è la mia natura.

Non voglio paragonare Rutelli, Marini, Franceschini e anche De Mita allo scorpione e il resto del centrosinistra alla ingenua tartaruga, Prodi compreso. Ma l´immagine che tutti abbiamo dinanzi agli occhi è questa. Oppure quella, equivalente, del Milan allo stadio Ataturk di Istanbul.

Dovrebbero tremare tutti al solo pensiero, mentre il Paese, in tutt´altri affanni affannato, guarda con la coda dell´occhio a questo deprimente spettacolo che interessa soltanto gli addetti all´infimo lavoro di un´infima politica politicante.

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