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Renzo Guolo
La spirale dell´odio tra l´America e l´Islam
17 Agosto 2005
Articoli del 2004
Mentre il ministro degli esteri italiano dichiara di condividere la guerra preventiva, gli USA di Bush continuano ad accumulare carboni ardenti sulla testa dell’Occidente. Da la Repubblica del 17 novembre 2004

MARINES che entrano nella moschea crivellata di colpi. Poi uomini a terra: guerriglieri feriti nei combattimenti del giorno prima. In attesa di soccorsi mai arrivati. Infine un marine che punta il fucile e spara alla testa di uno di loro: un uomo che giace immobile sul pavimento.

Queste drammatiche sequenze, fissate da Kevin Sites della Nbc, hanno fatto il giro del mondo. Nemmeno la complicità che inevitabilmente si stabilisce tra i giornalisti embedded e i reparti che li incorporano e proteggono poteva censurare una simile violenza.

Sono immagini destinate a sollevare aspre polemiche. E non solo in Occidente. Anche se l´autore dell´esecuzione a freddo è stato arrestato, quel gesto aumenta a dismisura la percezione, già assai negativa, che i musulmani hanno dell´America. Come in precedenza Abu Ghraib, quel colpo di fucile nega nella sua essenza il progetto americano di esportare la democrazia nel mondo islamico. Se la democrazia non è solo procedura elettorale ma insieme di regole e di istituti di garanzia che permettono di evitare abusi di ogni genere, il volto con cui si manifesta nelle piane mesopotamiche non è certo dei migliori. E non basteranno le elezioni di gennaio a rifargli la cosmesi.

L´America afferma di aver invaso l´Iraq per liberarlo dagli innegabili soprusi di Saddam e trasformarlo in un paese democratico. Condivisibili o meno, tali premesse impongono agli Usa un preciso dovere: quello di comportarsi coerentemente con quei propositi. In una situazione in cui i jihadisti, nel tentativo di aizzare i musulmani, dipingono la guerra come prova provata della volontà occidentale di "distruggere l´islam", gli Stati Uniti devono attenersi il più strettamente possibile alle regole di guerra condivise dalla comunità internazionale. Niente, nemmeno una teologia politica niente affatto secolarizzata che la rappresenta come l´alfiere del Bene contro il Male, può permette all´America di varcare quel confine. Nonostante, o forse proprio per l´11 settembre, all´America di Bush spetta una paradossale, ma non per questo meno prescrittiva, "condotta morale della guerra".

Immagini come quelle di Falluja, già serialmente riprodotte in tv come al Jazeera o nei siti dell´islam on line, alimentano quel conflitto di civiltà che, a parole, tutti dicono di voler evitare. Nella circostanza non valgono nemmeno le giustificazioni secondo cui non sono meno feroci, da parte jihadista, gli sgozzamenti, le decapitazioni rituali, le esecuzioni con colpi di pistola a bruciapelo degli ostaggi. Non ultima quella di Margaret Hassan. Perché, semmai esiste una superiorità occidentale nei confronti di altre civilizzazioni, questa consiste proprio nella capacità di evitare la tentazione della reciprocità negativa. Non è l´universalizzazione dell´orrore che ci fa sentire orgogliosi di appartenere all´Occidente. Fortunatamente abbiamo o superato da tempo il "complesso di Kurtz", il personaggio conradiano che si spinge sino in fondo al baratro dell´orrore per svelare i limiti della "dialettica dell´illuminismo".

Combattere in Iraq secondo le regole significa non solo impartire alla catena di comando severe disposizioni perché non avvengano fatti come quelli di Falluja. Ma anche permettere che la Mezzaluna Rossa o i servizi sanitari locali soccorrano i feriti, siano combattenti o popolazione civile. A Falluja non sono solo gli iracheni a parlare di "catastrofe umanitaria". A detta degli stessi militari americani la distruzione della città, provocata da bombardamenti aerei, dai tiri dei tank, dagli scontri strada per strada, è impressionante. Il rifiuto Usa di lasciare entrare un convoglio umanitario in città, almeno nelle aree sotto controllo, va a violare quelle regole minimali che tentano di mettere in forma il dramma della guerra. Un atteggiamento che non aiuta né l´America, né l´intero Occidente, che dalla radicalizzazione dell´odio nel mondo islamico non traggono certo vantaggi.

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