loader
menu
© 2024 Eddyburg
Jerry Lanson
La solitudine suburbana nell'era di internet
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Una micro-riflessione sui temi dello spazio, della tecnologia, della società. Nessuno può dirsi escluso, in questo caso. Dal Christian Science Monitor, 18 febbraio 2005 (f.b.)

Titolo originale: Our waste howling “cyberness” – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Lexington, Massachusetts – Tenere un blog, ho scoperto, è stimolante: tanto quanto cantare nel frigorifero. L’eco delle mie parole si dissolve in fretta nel silenzio.Può essere, che le mie parole suonino noiose a chiunque le incrocia. Ma sospetto invece che la mancanza di frequentatori nel mio blog abbia più a che fare con l’esistenza di milioni di bloggers, là fuori, che svuotano la propria anima ... soprattutto addosso a sé stessi. E mentre passano – anzi, passiamo – sempre più ore davanti al computer, andiamo sempre più estraniandoci da quel che resta della comunità locale.Spesso mi manca l’America di una volta, quella che ho visto nelle foto storiche più che sperimentato nella vita reale. Un’America di portici e verande sul fronte, di città e villaggi dove si conoscono vicini non solo di nome, ma si trova il tempo di parlarci insieme.La mia famiglia si è trasferita nei sobborghi quando avevo cinque anni. A metà anni ’50 a Long Island, noi ragazzi potevamo scorazzare, e spesso si giocava a bandiera o a palla in mezzo alla strada. Qualche volta scoppiavano dei litigi, e occasionalmente ci si scambiavano anche orribili insulti sull’etnia di appartenenza. La vita non era certo perfetta. Ma era pulsante. Oggi nel sobborgo dove abito, a Lexington, Massachusetts, ci sono pochi ragazzi che giocano per strada. Molti più sono quelli che hanno un programma di sports organizzati, lezioni di musica programmate, studio programmato. Se la vita è una lunga scalata al successo, è anche diventata più solitaria, e frammentata.

E questo vale anche per il loro genitori. Le case di oggi sono parecchio più grandi. Ma sospetto che ci sia un sacco di gente che si sente persa, in tutto quello spazio aggiunto, e corre verso il computer nella speranza di incontrare qualcuno.Io, tanto per fare un esempio, non sono tanto convinto che il computer sarà mai uno strumento utile per stabilire legami veri, di tipo personale. Un professore del MIT un paio d’anni fa ha inventato la cosiddetta e-neighbors nel mio quartiere, pensata come un esperimento per vedere come avrebbero interagito dei vicini, messi in contatto tramite computer. Ho scritto, entusiasta, che mi piaceva giocare a poker, a bridge, o a qualsiasi altro gioco a carte. Non mi ha risposto nessuno. Forse altri, nel quartiere, sono diventati amici occasionali. Ma da quanto sono riuscito a capire, l’intero sistema ha prodotto solo un modo per trovare un idraulico, un falegname, un tosaerba o un potatore di alberi. Compilate il modulo.

Nel frattempo, io continuo a sperare in una partita a carte, in un bar animato, in un posto dove si possano sentire delle opinioni personali e vederle in carne ed ossa, non battute su uno schermo e spedite nel cyberspazio, ad aspettare qualcuno che vaga nel deserto. Non credo che internet – anche se può far conoscere le persone – offra vera amicizia. Ma dubito che anche i quartieri di oggi possano farlo. La gente non te ne da occasione.Dopo una nevicata, qualche giorno fa, stavo portando a passeggio Casey, il mio cane, e sono passato di fianco a due vicini che spalavano la neve. Sulla mia destra c’era un vecchio, vicino agli ’80. Faceva evidentemente fatica, a ripulire il passaggio pedonale. Al di là della strada, un giovane capofamiglia, trentenne, stava dando i tocchi finali alla perfetta pulizia, con soffiatore motorizzato, del suo tratto di marciapiede. Se anche si era accorto dell’anziano vicino una decina di metri più in là, non lo dava a vedere. E evidentemente non si era offerto di dare una mano.Tornando indietro dopo il giro dell’isolato, ho scambiato un saluto con l’anziano: “Faccia con calma – gli ho raccomandato – non si sforzi”.”Ha perfettamente ragione” mi ha risposto.L’altro aveva lasciato il suo soffiatore motorizzato nel vialetto, ed era rientrato.

Nota: qui il testo originale al sito del Christian Science Monitor (f.b.)

ARTICOLI CORRELATI
19 Ottobre 2016
31 Dicembre 2008
6 Dicembre 2007

© 2024 Eddyburg