Caro Augias, mi fa paura vedere la coalizione che ha buone carte per vincere le elezioni rispondere alle logiche dei bonus e delle una tantum con bonus ancor più eclatanti, incentivi selettivi che sopperiscono una povera omogeneità simbolica. Mi fa paura ipotizzare, in caso di vittoria, come rispettare le promesse di un pericoloso gioco al rialzo di fronte ad ammonizioni europee scansate per un soffio ed alla necessità di diminuire il deficit pubblico il più rapidamente possibile. Mi fa paura vedere, in uno dei meno caotici salotti politici televisivi, che la sola credibile risposta alle deliranti affermazioni dei neo-autonomisti sono citazioni filosofiche inadatte alla Tv. Mi fa paura non ascoltare risposte serie ma comprensibili, dotte ma non complesse, comprensibili ma non idiote. Mi fa paura leggere che un italiano su tre vorrebbe vivere all'estero, ma non per un finalmente raggiunto spirito europeo o di sana curiosità, bensì per pura, semplice, disperazione.
Mi fa paura sapere che la maggior parte dei disperati sono giovani con un elevato livello di studio, e che l'ingresso nel terzo millennio lascia l'Italia sull'uscio, in bilico fra una non irraggiungibile modernità competitiva e scenari da terzo mondo che rischiano di inghiottirci. Perché non trovo nessuno che, di fronte a tutto questo, sappia rassicurarmi?
Marco Lombardi.
lombardimarco77@libero. it
Ha scritto alla persona sbagliata gentile Lombardi. Le cose che le fanno paura spaventano anche me. Quasi ogni giorno mi chiedo perché mai una coalizione di gente in genere seria e responsabile faccia una così misera o goffa propaganda elettorale. Intendiamoci bene, in parte la cosa è voluta. Mandare in giro 280 pagine di programma è meno impegnativo che mandare in giro dieci frasi semplici e nette; è anche meno pericoloso. Giorni fa il collega Sebastiano Messina faceva notare che a proposito di sanità cinque parole («Abolirò le liste d'attesa») sono molto più efficaci di dieci pagine. E poco conta che l'autore sia un inveterato sparaballe. La pubblicità ci ha insegnato che il messaggio conta più del suo eventuale adempimento. In un libro appena uscito l'esperto di comunicazione Edoardo Novelli ("La Turbopolitica" Bur) racconta molto bene come la politica abbia cambiato faccia, funzione, approccio. La propaganda è diventata pubblicità; gli elettori, clienti; i simboli, marchi. In questa gara si possono tornare a promettere le stesse cose già vanificate da cinque anni di governo; e la sinistra, ancorata a valori, storia, tradizioni, è in chiaro svantaggio. Fiacchi gli slogan, poveri i manifesti, anche perché i soldi veri stanno tutti dall'altra parte. Ci sarebbero dei punti d'attacco efficaci. Le foto di alcuni padri costituenti con lo slogan «Questi uomini hanno scritto la Costituzione» la faccia di un ilare Calderoli: «Quest'uomo è stato incaricato di rifarla». Oppure: «Ci aveva promesso un nuovo boom l'unico boom è stato quello delle sue aziende profitti più che raddoppiati in cinque anni». Oppure: «La mafia strozza il Sud, in cinque anni quest'uomo non ha mai pronunciato la frase «Dobbiamo combattere la criminalità organizzata». Lo so, è propaganda aggressiva. Ma chi dice che bisogna prendere schiaffi (i comunisti, le toghe rosse, i brogli elettorali) senza gridare la verità?