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Enrico Pugliese
Napoli sotto l’emergenza
14 Febbraio 2007
Articoli del 2006
Per cercare di capire che cosa c'è sotto l'horror del nuovo colore locale, da il manifesto del 1° novembre 2006

Non è facile capire cosa sta succedendo di questi tempi a Napoli. Non è facile neanche trovare il bandolo della matassa: l'origine del malessere che sta avendo la sua tragica espressione negli ammazzamenti di giovani da parte di giovani e altri fatti di sangue. Ma c'è di peggio: comincio ad avere il dubbio che non ci sia neanche tanta voglia di capire. E questo non solo per l'alternativa davvero insensata tra invio dell'esercito o rafforzamento della polizia. L'esistenza stessa di questa alternativa implica l'assunto che si tratti solo ed esclusivamente di una questione di repressione. Questo è al contempo sbagliato e crudele. D'altro canto né un giovane poliziotto inesperto, né un ragazzetto militare, per quanto bullo (io preferisco quelli spaventati), possono agire con efficacia in un contesto a loro estraneo, in situazione in cui la strada o il vicolo sono sotto il controllo di criminali.

Ho misurato le parole e non ho parlato di «controllo del territorio da parte della criminalità organizzata», come fanno solitamente non solo i giornalisti sbruffoni,ma anche spesso le autorità statali e amministrative (e almeno queste ultime per coerenza dovrebbero dimettersi per manifesta incapacità).

Una sorta di comodo «cupio dissolvi» va ora di moda a Napoli. Sembra di rileggere La pelle di Malaparte. Tutto è camorra e la camorra fa tutto: esporta cadaveri cinesi, produce prodotti contraffatti per miliardi in Campania e li vende in tutto il mondo, organizza le elezioni e fa le stragi. Su questo sono tutti d'accordo. Viene perciò da chiedersi che ci stiano a fare il governatore o i dirigenti della dogana o quelli della guardia di finanza. E con questo non voglio neanche dire che «c'è una parte sana della città». Già ce lo racconta tutta la stampa ma la cosa è in parte ovvia in parte neanche del tutto vera. Cos'è la parte sana della città? Quella che abita al Vomero( e ha mostrato di essere seccata perché il quartiere è raggiungibile con la Metropolitana da Scampia) o a Posillipo e si limita a praticare il crimine in colletto bianco? O i berlusconiani per bene collusi con gli ambienti camorristi?

Un altro fondamentale elemento di confusione riguarda il discorso sulla cultura e la mentalità. Essa discende dalla distinzione tra parte sana (quella borghese, la parte per bene) e parte corrotta: parte legata alla camorra e soprattutto lontana dallo stato. Le chiacchiere sullo spirito di clan contrapposto alla civicness di Putnam (che mancherebbe a Scampia) hanno anch'esse invaso i giornali nazionali. A Napoli avrebbe vinto la cultura della camorra, la cultura dell'antistato (dimenticando gli stretti nessi tra camorra e stato).

Che ci sia una perdita di fiducia nelle istituzioni a Napoli mi sembra fin troppo ovvio ed evidente. La fiducia è durata fin troppo con i tassi di disoccupazione registrati in città. E per quel che riguarda un giovane o una donna di Scampia non si può certo imputare alla loro mentalità il fatto che non trovino lavoro. La cosa non ha neanche a che fare genericamente con la «latitanza delle istituzioni», ma con l'assenza di uno straccio di politica economica e per l'occupazione in una città devastata dalle dismissioni (così bene descritte da Ermanno Rea). E ancora per quel che riguarda i giovani, anziché raccontare i record nei tassi di abbandono scolastico nei quartieri - come si dice ora - «a rischio » bisognerebbe da subito investire sulla scuola e sul doposcuola. Mentre ora sta per saltare (per colpa delle beghe nelle clientele locali) il progetto chance. Altro che esercito. Bisognerebbe inviare maestri. O perlomeno permettere di lavorare a quelli che già ci sono. Prima che di ordine pubblico, l’emergenza è sociale.

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