loader
menu
© 2024 Eddyburg
Nicola Cacace
La sindrome americana, Cacace su Rampini
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Nicola Cacace recensisce “Le paure dell'America” edito da Laterza, su la Repubblica del 19 febbraio 2004.

“Don't cut Medicare for Bombs and Missiles, non tagliate la Sanità pubblica per pagare bombe e missili. Era uno degli striscioni più in voga durante le manifestazioni contro la guerra, particolarmente affollate in California…. Ai primi di settembre 2003, quando il presidente Bush ha avvisato il paese che gli servivano altri 87 miliardi di dollari per mantenere l'ordine e ricostruire le infrastrutture devastate dalla guerra contro Saddam, molti californiani hanno pensato alle loro scuole a corto di fondi, alle ferrovie a pezzi, alla rete elettrica decrepita, e si sono detti: forse sarebbe stato meglio se Bush avesse dichiarato guerra alla California ed avesse invaso noi”.

Federico Rampini, editorialista e corrispondente di “Repubblica” da S. Francisco, descrive le fragilità del paese più potente al mondo.

E descrive le angosce di milioni di americani in un bel libro “le paure dell'America” edito da Laterza. Il libro ha un duplice merito, si legge come un romanzo pur descrivendo situazioni e dati reali. Le insicurezze che dominano la vita quotidiana degli americani e le debolezze di un'economia che ha perso 3 milioni di posti lavoro accumulando un doppio deficit abissale dei conti pubblici e dei conti con l'estero, dall'ingresso di Bush alla Casa Bianca, sono infatti sempre documentate con evidenza statistica e riferimento alle fonti.

Per capire il cambiamento che l'America ha realizzato negli ultimi venti anni bisogna ripercorrere il cammino vittorioso dei neoconservatori americani in economia ed in politica. Per tutti questi le tasse sono una coercizione dello Stato e la Social Security è uno spreco di ricchezza, per cui entrambi sono da abolire. Il disastroso deficit pubblico, comune alle amministrazioni repubblicane di Reagan e Bush, padre e figlio, è un modo per dissanguare lo Stato sociale. Il movimento dei neoconservatori americani in questo senso è stato rivoluzionario, perché ha ripudiato gran parte delle istituzioni su cui si fondava da oltre mezzo secolo, dal New Deal di Delano Roosvelt in poi, il patto sociale. Oggi il vecchio patto sociale non esiste più, con i sindacati ridotti al lumicino, la Sanità sempre più privata e prerogativa dei ricchi, la scuola sempre più costosa, l'etica dei Managers alla Enron sempre più piegata alla logica del profitto a breve non scevra da comportamenti illegali. Oggi le condizioni di lavoro sono sempre più precarie o flessibili come si dice da noi: le ferie godute dal lavoratore americano di medie e grandi aziende nel 2002 sono state mediamente di 9,5 giornate (dati Ministero del lavoro), la maternità pagata (paid maternity leave) privilegio solo del 2% delle lavoratrici madri, la Social Pension è all'incirca un terzo del salario, molti vecchi continuano a lavorare per non morire di fame, 50 milioni di americani sono senza protezione sanitaria perché non troppo poveri per il Medicare e non abbastanza "ricchi" da pagarsi una assicurazione privata.

La fine dall'America Dream, per cui ogni padre poteva lasciare il figlio in una posizione migliore, si ricava soprattutto dalla dimensione delle diseguaglianze crescenti. Nel trentennio 1970-2000 il salario medio reale è cresciuto solo del 10% mentre la ricchezza reale (Pil) cresceva quasi del 100%. Questo significa che il 90% degli aumenti di produttività sono andati al capitale e solo il 10% al lavoro. "Nello stesso periodo, la retribuzione media annua dei cento amministratori delegati più ricchi è passata da 1,3 milioni di dollari -39 volte il salario del lavoratore medio- a 37,5 milioni, cioè più di mille volte la paga del lavoratore medio".

Oltre l'attacco al Welfare e alla condizione dei lavoratori, il successo dei neoconservatori ha prodotto il declino della società civile. "Di che natura è la società civile in un paese dove vota solo il 38% dei cittadini, ed una percentuale ancora più bassa tra i giovani ed i meno abbienti?" Quest'analisi non viene da frange radicali ma da uno dei più autorevoli studiosi della società civile, Robert Putnam, che vi aggiunge un monito:le tendenze sociali e politiche di lungo periodo che nascono negli USA si trasmettono 10 o 20 anni dopo negli altri paesi industrializzati, Europa in testa. L'allarme di Putnam è in parte alleviato da un'altra considerazione, che Bush figlio alle ultime elezioni ha preso 500mila voti meno di Gore (che non era un fulmine di guerra). L'America non è solo quella di W Bush e dei neoconservatori, ma anche quella di milioni di cittadini che, con i Kerry e gli Edwards, i candidati democratici che hanno buone speranze di contrastare Bush alle prossime elezioni, sono sempre più apertamente critici verso politiche che stanno facendo dell'America all'interno, il paese tra i più difficili da vivere per la generalità dei suoi figli, all'estero il paese tra i più isolati al mondo. Infatti le paure dell'America di cui Rampini parla, non sono solo quelle dei suoi cittadini.

"Le paure dell'America possono sembrare poca cosa rispetto alle paure che l'America suscita negli altri".

L'antiamericanismo non è fenomeno recente post Afganistan e post Irak. Jean Paul Sartre quarant'anni fa, vedeva nell'America la patria del conformismo quando proprio lì, a cominciare dalla California, nasceva con prepotenza una società agitata dall'effervescenza della contestazione, della rimessa in discussione delle regole, di tutte le sue abitudini sociali e dei fondamenti stessi della cultura. Persino quando si addebitano agli USA due infami peccati originali come il genocidio degli indiani d'America e lo schiavismo, molti europei dimenticano che i primi responsabili di quei misfatti avevano ancora nazionalità inglese, francese, spagnola e portoghese. Ma l'antiamericanismo è arma usata regolarmente come clava di lotta politica. La destra americana accusa la sinistra di antiamericanismo dai tempi del senatore Mc Carthy negli anni 50 (la cui caccia alle spie comuniste infiltrate in tutti i settori della società, cinema compreso, avveniva sotto l'egida di una commissione d'inchiesta senatoriale "sulle attività antiamericane") fino ai giorni nostri, quando i neoconservatori accusano di tradimento Howard Dean, Ted Kennedy e tutti i critici sulla guerra in Iraq, persino l'attuale candidato democratico J. F.Kerry, che pur votò a favore al Senato ed oggi è molto critico sul dopoguerra. Se una morale può trarsi dal bel libro di Rampini è che l'americano medio oggi soffre per le politiche dei neoconservatori, che l'America ha gli anticorpi per ribaltare la situazione e che non vi è nulla di più antiamericano che cercare di soffocare il dissenso.

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg