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La scuola protesta: soldi per la formazione, non per le Grandi opere
13 Settembre 2010
Spazio pubblico
Articoli da un ampio servizio de l'Unità (13 settembre 2010) sulla manifestazione dei precari della scuola a Messina e Reggio Calabria

Precari sullo Stretto

Primo giorno di scuola

di Manuela Modica



«Invece di spendere soldi per il Ponte, metteteli in cultura, istruzione». Alla vigilia del primo giorno di scuola irrompe ancora la protesta dei precari. Così inizia un anno dalle mille difficoltà. Per loro. Per tutti.



Per chi suona la campana oggi? Per tutti. Per chi riaprirà i cancelli, le aule, e per chi non aprirà neanche la porta di casa. Ma la campana suona anche per chi con la scuola non c’entra nulla: «Perché lesinare sull’istruzione è lesinare sulla civiltà di una nazione». Maria Pina Panella è un insegnate di lettere di 31 anni. Parte sabato sera a mezzanotte da Foggia per scendere lo stivale e partecipare alla grande manifestazione promossa dal comitato dei precari della Scuola di Agrigento, e ricordare che «così non si produce ricchezza morale, né economica». La campana suona per l’Italia intera. «Senza il sapere il lavoro di domani non c'è. Il sapere è tradito in Italia», ha detto a Torino il segretario del Pd, Pierluigi Bersani.

Mezza Italia ieri in piazza a protestare. Da Trapani, Siracusa, Agrigento, Bari – il comitato promotore – che raccoglie tutte le città siciliane, maanche la Calabria e la Puglia, l’adesione di Flc –Cgil, Sel, il Pd. Sono partiti da piazza Cairoli e hanno marciato fino alla riva dello Stretto, per bloccare il traghettamento pubblico per ore, perché «i soldi del ponte sono nostri». Un luogo simbolo, per dire che i tagli «non sono giustificati». E un dispiegamento di forze dell’ordine che produce ben 25 denunce per reati contro l’ordine pubblico. Mentre si appellano al Presidente della Repubblica: «Carissimo Presidente - recita commossa Maria Rita Gadaleta -, siamo qui come comitato perché a 150 anni dall’unificazione vogliamo riscrivere la Storia di questo Paese: non vogliamo un ponte di cemento ma di solidarietà».

Vogliono essere ascoltati, perché si sentono ignorati: «Per le televisioni noi non esistiamo», sottolinea ancora la Panella. Così quando arriva la Rai, i cori si allontanano dalla Gelmini per zoomare su Minzolini: «Vergogna, vergogna», gridano contro le televisioni. Vogliono ribattere a quel che dice Maria Stella Gelmini, «ché lei si può parlare, e menziona sempre queste percentuali: 98 per cento della spesa scolastica va agli stipendi. Così tutti pensano sia giusto che vada meglio bilanciata con la didattica: ma cos’è la didattica senza gli insegnanti?», ripete più volte Samanta Bruno, precaria palermitana: «È importante dirlo perché il ministro indisturbato ripete sempre questa tiritera, intanto, che spostino la spesa sulla sola didattica non ci crede nessuno ». C’è ansia di parlare, c’è il panico, tra questa gente, di non essere ascoltati. Così mentre il ministro della Pubblica istruzione sostiene di fare quadrare i bilanci, 25mila precari, in tutta Italia, mancano dall’inquadratura. Sono venuti qua a rappresentarli sulle due rive dello Stretto, per combattere una «battaglia di civiltà e democrazia». Intonano cori: «Vogliamo un solo disoccupato, ministro Gelmini sei licenziato», è lei la protagonista della manifestazione, quella della «riforma epocale: licenziamento totale». Alla quale chiedono «Manderai tua figlia in una classe di 33 alunni?». Un Ministro che «non viene in commissione», spiega Tonino Russo, del Pd, componente della commissione Cultura della Camera:«Un comportamento che segue una logica di disprezzo delle Istituzioni che parte dal Presidente del consiglio. Si tratta del più grande licenziamento di massa che il Paese abbia mai conosciuto».

Numeri che si declinano in storie, in vite: «Inizia la Scuola e non sappiamo niente di niente. Né io né mio marito: siamo rovinati», racconta Roberta Trombetta, docente di disegno da 20anni.E oltre i docenti anche i collaboratori, i bidelli. Roberto Vinciguerra, si agita, tira per la giacca, parla di corsa, ha paura di non essere ascoltato. Tocca rassicurarlo, può fare con calma, sarà ascoltato, con attenzione, così riesce a spiegare: «A 19 anni, cioè 24 anni fa, ho iniziato. E ora sono senza lavoro: non so che fare. Non ho più niente».

Intervento

La democrazia è a rischio anche tra i banchi

di Maria (Milli) Virgilio



Non c’è più spazio per confronti aperti e discussioni accese I dirigenti scolastici sono sotto pressione e costruiscono degli ordini del giorno in cui dei problemi non si parla più



È in atto nella scuola pubblica un capovolgimento della democrazia e della legalità costituzionale. Alle illegittimità della Riforma Gelmini/Tremonti (lo ha scritto il Tar Lazio) offrono fedele riscontro le amministrazioni scolastiche periferiche, soprattutto dove la protesta è più forte. Quanto alla democrazia scolastica e al rispetto della legislazione scolastica, possiamo stare tranquilli: sono leciti la presa di parola da parte degli operatori scolastici, l’uso dell’ironia e, come leggiamo sui giornali, i rapporti con la stampa. Peccato che questo valga solo per i superiori gerarchici. Solo per approvare le scelte governative. Solo per sedare le voci critiche e non disturbare il manovratore. Non vale infatti quando a esercitare la libertà di manifestazione del pensiero (che si lega strettamente alla libertà di insegnamento) sono docenti gerarchicamente subordinati che devono svolgere il loro ruolo didattico, educativo e formativo (per legge «attraverso un confronto aperto di posizioni culturali?»), e dunque agire in modo critico e costruttivo.

Quando la scuola pubblica è in crisi e il Governo la affonda, invece di rafforzarla (violando la legge - lo ha scritto il Tar Lazio - e scavalcando il Parlamento), allora vengono silenziati i docenti che non ci stanno. Quando le voci dissenzienti di studenti, docenti genitori, cittadini sono molte, questi momenti divengono conflittuali.

I superiori devono negarlo. Ma gli educatori degni di questo nome (subordinati,ma non supini) conoscono bene lo strumentario gerarchico e burocratico sfoderato contro i non acquiescenti. Per prima vengono stravolte le regole dell’autonomia scolastica e della vita democratica: nei collegi dei docenti e negli organi collegiali chi ha a cuore la scuola come bene comune non può dire quello che pensa, né dentro né fuori la scuola. Gli organi collegiali non vengono riuniti. Il Dirigente costruisce l’ordine del giorno escludendo i temi caldi che interessano i più. Si impedisce la presentazione di mozioni critiche. Viene ostacolata la consultazione dei verbali. Nei confronti di chi non cede si rispolvera il potere disciplinare. Dobbiamo essere consapevoli dicome in questo modo si sta deteriorando la quotidianità scolastica e la funzione stessa promozionale della scuola. Dobbiamo reagire per ripristinare ogni legalità violata. Altrimenti gli enti locali, pressati dalle esigenze concrete, verranno indotti a supplire ai tagli servendosi di servizi convenzionati e estendendo le privatizzazioni (sussidiarietà?). Le Regioni continueranno ad affidarsi solo alla mediazione politica con il governo, limitandosi a salvaguardare per via giudiziaria solo i loro poteri di autonomia legislativa in materia scolastica (federalismo scolastico?). Così riusciranno solo a strappare qualche posto in più, ma non riusciranno a contrastare lo sfascio complessivo.

L’analisi

Gelmini apre l’anno alla scuola del Gemelli. Meglio evitare fischi

di Fabio Luppino

Tanto certa della svolta «storica » impressa alla scuola il ministro Gelmini oggi eviterà accuratamente di andare a prendere applausi al classico Mamiani o al Parini di Milano. Neppure nei disastrati istituti delle mille periferie abbandonate da questo governo al degrado, anche culturale. No, il ministro con un atto di coraggio alla rovescia andrà, secondo indiscrezioni, lì dove nessuno avrà soprattutto la forza di muoverle critiche: nella scuola del Policlinico Gemelli di Roma. Un gesto toccante, indubbiamente. Avrà accoglienze festanti.

Cercare applausi così è l’ultimo atto di una campagna demagogica servita a nascondere una realtà drammatica. Ieri c’è stata anche la copertura di Berlusconi che di certo non mette piede in una scuola da sessant’anni, in una scuola vera, di quelle scrostate, con i banchi segnati e le finestre chiuse da serrande mai riparate perché nonci sono soldi. Più inglese, più informatica, più impresa, più internet? Ma lo sa il premier cosa prevede la riforma del suo ministro? Magari un test Invalsi in merito farebbe capire quanta distanza c’è tra la destra benpensante e la scuola in carne e ossa, derelitta da loro negli ultimi due anni, a partire da chi la fa, i professori. Una umiliazione per i genitori che hanno già ricevuto gli appelli dei capi d’istituto (quando ci sono, perché ne mancano sedicimila e si moltiplica dunque la figura del preside reggente, che per governare un’altra scuola riceve solo 700 euro in più, una miseria) a collaborare per la cartaigienica, le fotocopie, i toner, la pulizia delle aule, qualcos’altro?

La cosiddetta riforma delle superiori stronca vite e carriere. Migliaia di professori a cinquant’anni da oggi rinunciano a lavorare, perché nessuno li chiamerà. E non è affatto vero che saranno riassorbiti nei prossimi otto anni. La matematica non è un’opinione: tra quattro anni, quando la riforma andrà a regime in modo integrale anche nei licei, le ore per insegnare saranno molte meno delle attuali, già drammaticamente ridotte. I precari saranno sempre gli stessi, anzi di più.

La «svolta storica» di Gelmini riguarderebbe anche il merito. Ma come si fa ad assecondare i meritevoli quando in una classe ci sono anche 35 alunni e quasi mai meno di trenta...

Come si fa a garantire il diritto all’istruzione ai disabili e ai non disabili quando il rapporto disabili prof di sostegno si alza, sempre più ragazzi per un docente, a dispetto di certe statistiche usate da giornali ben orientati a suonare fanfare, spesso senza conoscere sulla materia, al rigore fasullo di viale Trastevere.

L’ultima tirata demagogica riguarda la valutazione degli insegnanti. Magari, lo chiedono i professori stessi da anni, perché è certo, come in ogni dove, che a scuola ci sono i furbi e quelli che non si risparmiano mai, che fanno da docenti e da assistenti sociali, da madri e da padri di figli non loro in una società dove non si investe per superare le disgregazioni familiari. Ma come fa a dirlo un ministro che andò a cercare, con spregio del pericolo, la commissione menosevera per accedere alla professione di avvocato?

Flash mob della Rete degli studenti Casco giallo contro «le macerie»

Casco giallo in testa per proteggersi «dalle macerie causate da Gelmini e Tremonti», al suono della prima campanella del primo giorno di scuola gli studenti organizzeranno flash mob davanti alle scuole di numerose città della penisola: lo annuncia la Rete degli studenti.

«NON DAREMO RESPIRO»

«Partiremo con una protesta - affermano- che nondarà respiro al ministro Gelmini e alla sua opera distruttiva. Il13settembre cominceremo a ricostruire quello che le forbici della Gelmini hanno distrutto: saremo davanti alle nostre scuole con dei caschetti gialli da lavoro, per proteggerci la testa dalle macerie che la Gelmini e Tremonti hanno causato e daremo inizio alla nostra ricostruzione». Per «flash mob» si indica un gruppo di persone che si riunisce all' improvviso in uno spazio pubblico, mette in pratica un'azione insolita generalmente per un breve periodo di tempo per poi successivamente disperdersi.

«Non si può considerare la scuola un'azienda in dissesto economico, i saperi un capitolo di bilancio sul quale risparmiare, le nostre vite uno spreco di denaro» protestano gli studenti, che annunciano di voler essere loro, insieme a tutte le componenti della scuola, a «ricostruire pezzo su pezzo le nostre scuole». Oggi, quindi, si comincia con le scuole di Venezia (liceo Foscarini), Torino (via Bligny e corso Dante), Roma(liceo Tasso e liceoMontessori), Frosinone (liceo classico Turriziani) Perugia (piazzale Anna Frank), Grosseto (istituto agrario Leopoldo II di Lorena). per poi proseguire a Bologna il 14 (istituto tecnico Aldini), a Palermo il 15 (VittorioEmanuele III), il 16 a Caltanissetta e il 25 a Lentini. DAVANTI AL MINISTERO Nel pomeriggio di oggi, infine, gli studenti saranno davanti al Ministero della pubblica istruzione a Roma, per continuare la protesta «fino a una grande mobilitazione studentesca in ottobre».

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