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Giangiacomo Schiavi
La scomparsa dello smog
25 Gennaio 2010
Milano
Una volta si diceva “un nuovo modello di sviluppo”: è proprio quello che servirebbe per Milano, e non solo, ma che paurosamente manca. Il Corriere della Sera, 25 gennaio 2010 (f.b.)

Sull’ inquinamento a Milano le parole hanno perso di senso: non basta più dire allarme o emergenza, non serve scrivere che la città soffoca o non respira. Una rassegnata accettazione al peggio ambientale contagia da mesi la politica e la pubblica opinione: se non fosse per un gruppo di mamme indignate, dell’aria avvelenata che da tredici giorni intossica i polmoni di bambini e anziani non si parlerebbe nemmeno. Dieci anni fa un’analoga esposizione ai pericoli delle polveri sottili avrebbe provocato il blocco del traffico, una settimana di targhe alterne, il divieto di uscire nelle ore di punta per le persone a rischio. Si esagerava prima o si sottovaluta oggi?

Colpisce il silenzio generale che accompagna la ritirata ecologica che da Milano si espande al resto d’Italia: tace il sindaco, non parla il governatore, è disinteressato il ministro. Nonostante gli appelli al civismo dei piccoli gesti, delle questioni ambientali si parla quasi con fastidio. Alle prese con la crisi e la lotta quotidiana per la sopravvivenza, il problema dell’aria avvelenata sembra rimosso dall’agenda politica. C’era una volta lo smog.

Bisogna andare all’altro secolo per trovare un’azione coordinata tra governi e Comuni, alla metà degli anni Novanta, quando smog e pubblica salute diventarono materia per accordi e interventi coordinati tra Regioni. Incentivi, domeniche a piedi, blocchi infrasettimanali del traffico, divieti alla circolazione dopo sette giorni di allarme. L’inquinamento era in cima alle preoccupazioni dei cittadini quando l’ex ministro della Salute, Sirchia, si sbilanciava con una provocazione: «Per salvare i polmoni dei bambini di Milano d’inverno portateli in Riviera...».

Non c’è nostalgia per quei blocchi che in passato hanno appiedato le domeniche degli italiani: come cerotti sul bagnato tamponavano appena la ferita. Avevano però un effetto sui cittadini e sulla politica: evitavano l’assuefazione ai veleni, ricordavano un problema irrisolto. Quello che si presenta ad ogni inverno nella pianura Padana, quando la pioggia non spezza l’assedio dei mefitici veleni. Anche se Napoli, Torino e Lodi stanno peggio, Milano ha la poco invidiabile fama di capitale dello smog. È per questo che dovrebbe dare un segnale. Qui l’Ecopass voluto da Letizia Moratti ha fatto pensare a una coraggiosa svolta: il sindaco ha rischiato il consenso imponendo un pedaggio alle auto inquinanti. Ma quando il divieto doveva essere allargato, sul bilancino del consenso è finito l’assessore che l’aveva voluto: ed è stato dimissionato. Così oggi siamo al nulla: lo smog cresce, la pioggia non arriva, l’allarme resta, nessuno agisce.

Ma non può vincere la neoindifferenza, credere che tanto non cambierà mai niente. Una task force di medici ed esperti dovrebbe decidere le politiche sulla qualità dell’aria da applicare a livello nazionale facendo uscire l’inquinamento dalle logiche di una infinita campagna elettorale. Si mettano i tecnici attorno a un tavolo e si concentrino risorse per la qualità dell’aria: una battaglia civile che vale per i figli, i nipoti, i pronipoti, il futuro.

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