loader
menu
© 2024 Eddyburg
Franco Ferrarotti
La «rurbanizzazione» cittadina
14 Ottobre 2010
Articoli del 2010
Utili brandelli di un testo interessante del padre della sociologia urbana in Italia. il manifesto, 14 ottobre 2010

La contrapposizione fra centro e periferia non regge più. Dopo la polis monocentrica classica e la città industriale agglutinante, che si espande indefinitamente a pelle di leopardo, mossa dai sottostanti interessi economici e dai rapporti materiali di vita, sta emergendo un nuovo aggregato urbano, dinamico e policentrico. Nella presente fase di transizione, il centro ha sempre più bisogno della periferia. Se questa si fermasse, tutta la vita urbana si arresterebbe. Le due grandi categorie storiche della città monocentrica e della città industriale agglutinante non sono più sufficienti. Nasce una realtà urbana imprevista. Si può anche parlare di realtà post-urbana. (...) Lo sviluppo urbano è mosso dalle nuove esigenze di visibilità e di partecipazione di masse umane di recente inurbate (urbanizzazione senza industrializzazione), dal gioco degli interessi socio-economici, dai diritti di proprietà dei suoli, dalla corsa alla privatizzazione del pubblico allo scopo di garantire il parassitismo della rendita fondiaria e la massimizzazione dei profitti per la speculazione edilizia.

(...) Nessun dubbio che realtà urbane come quella dell'odierna Los Angeles, tipico esempio di realtà post-urbana, con le free ways che la cingono, la stringono e la «tagliano», funzionando anche come drive in e drive through, appiattiscono la città in un fitto crocevia e ne fanno un paradossale insieme di centoventi sobborghi in cerca di una città che non c'è o non c'è più. Il nuovo aggregato urbano ha da recuperare un senso al di là della pura congestione della città industriale, storicamente accentrata anche per la facile dissipabilità del vapore, all'epoca della prima Rivoluzione industriale primaria fonte di energia. Il nuovo aggregato urbano recupera il senso della convivenza urbana ponendosi come realtà policentrica, articolata e dinamica, non puramente dispersa, polverizzata. Per questa ragione, è dubbio che si possa avere una nuova città, policentrica e post-urbana, senza un'idea nuova di città o, più precisamente, senza ridefinire il rapporto fra spazio e convivenza. (...)

Le migrazioni di grandi masse umane su scala planetaria rendono il concetto tradizionale di cittadinanza chiaramente inadeguato. Non si tratta né di jus soli né di jus sanguinis. Il polítes ateniese, il civis romanus, lo stesso citoyen della Rivoluzione dell'89, che è considerato tale solo se proprietario di un lembo di terra francese, indicano figure più esclusive che inclusive. Non sono quindi in grado di accogliere, né giuridicamente né esistenzialmente, i nuovi arrivati, quegli immigrati extracomunitari di cui le economie dei paesi tecnicamente progrediti non possono fare a meno. (...) Purtroppo, è giocoforza constatare che la logica della città industriale sta prevalendo su scala planetaria. Occorre oggi un nuovo profilo del costruire. Urbanisti e architetti non progettano nel vuoto sociale. Bisogna imparare a costruire senza violentare la natura o snaturare il territorio, sfigurare il paesaggio. Una sfida ardua. Implica l'andare oltre il progetto singolo, nella sua peculiarità di invenzione artistica, scoprire e rispondere alle domande del luogo, acclimatare il progetto al territorio, alla sua conformazione fisica, far incontrare l'estetica e la geografia.

(...) Ma un'alternativa al grattacielo c'è. È il nuovo aggregato urbano policentrico. Centro e periferia sono ormai categorie concettuali obsolete. Città e campagna non si fronteggiano più come ancora al termine del Secondo conflitto mondiale. L'effetto di padronanza della città si è esteso, ha coinvolto l'hinterland, ha investito e trasformato la campagna. Urbano e rurale costituiscono ormai un continuum. Non è più lecito parlare di urbanizzazione. Bisogna far ricorso a un neologismo non troppo elegante ma perspicuo: «rurbanization», vale a dire la congiunzione di rus, «campagna», e urbs, «città». Ciò significa che la periferia non è più periferica e che il centro non ha da de-centrarsi, pena il soffocamento, il declino e la morte. (...) Occorre un patto di collaborazione, quanto meno di non belligeranza, con la Natura. L'iniziativa più rivoluzionaria è in realtà un ritorno: la riscoperta del modo di costruire mediterraneo. (...) L'impostazione predatoria oggi va rovesciata con un nuovo stile del costruire, uno stile fondato su un concetto di natura non nemica, bensì collaboratrice. La nuova architettura si inserisce nell'ambiente senza violentarlo.

* Di «Cultura della metropoli» si discuterà oggi [14 ottobre] e domani in un convegno alla Sapienza di Roma (dalle 9, facoltà di Scienze umanistiche)

ARTICOLI CORRELATI
31 Dicembre 2010

© 2024 Eddyburg