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Teresa Monestiroli
La rivoluzione del cemento
2 Febbraio 2011
Milano
Ricapitolando, quello che, grandi (oscure) strategie a parte, riserba per ora l’urbanistica cittadina, caso per caso, da la Repubblica ed. Milano, 2 febbraio 2011 (f.b.)

Costruire la città su se stessa senza consumare suolo - pilastro del Piano di governo del territorio - significa riempire i (pochi) buchi della città consolidata e riqualificare le aree dismesse e spesso abbandonate al degrado. Aree che un giorno potrebbero ospitare 18 milioni di metri cubi di costruito su 6 milioni di metri quadrati di superficie, pari a 144 nuovi Pirelloni: 26 quartieri ex novo che offriranno alloggi a 100mila persone, oltre a 5 milioni di metri quadrati di verde, nuovi servizi e infrastrutture.

Sono i cosiddetti "ambiti di trasformazione urbana": fazzoletti di terra più o meno grandi e sparpagliati per la città dove l´amministrazione ha deciso di concentrare la maggior parte delle volumetrie che il nuovo piano regolatore produrrà. Sette scali ferroviari chiusi di proprietà delle Ferrovie, cinque caserme del demanio e alcune zone di proprietà comunale (Porto di Mare) o privata (via Stephenson) che da anni aspettano un piano di riqualificazione. Una grande opportunità di rinascita per la città, ma anche un possibile business per chi ha fatto del mattone la gallina dalle uova d´oro. Perché oltre all´housing sociale obbligatorio (di media il 35 per cento del costruito dovrà essere destinato a residenza a prezzi calmierati) e alla percentuale di verde stabilita dal Comune, gli immobiliaristi potranno realizzare interi nuovi quartieri. Come? Impossibile dirlo oggi perché il Pgt fissa solo le quantità.

L’assunto che l’assessore all’Urbanistica Carlo Masseroli sbandiera come la grande rivoluzione di Milano è infatti quello della flessibilità o, per dirla con le sue parole, delle «poche regole, ma chiare». Un principio che se per l’amministrazione è il punto di forza del nuovo piano per qualcuno è il suo punto debole. Perché per assicurarsi uno sviluppo equilibrato della città, dicono in molti, c’è bisogno di una regia che governi le trasformazioni, mentre la flessibilità su cui si costruisce l’intero Pgt rischia di diventare una resa alle esigenze del mercato. Ma vediamo, nello specifico, quali saranno i grandi cambiamenti in città che, se le procedure burocratiche non dovessero subire altri intoppi, potrebbero iniziare a concretizzarsi tra il 2020 e il 2025.

[IN CENTRO]

Tre sono gli ambiti di trasformazione che insistono all’interno della cerchia dei Bastioni: la caserma di via Mascheroni dove dovrebbe trasferirsi l’Accademia delle Belle Arti di Brera, una fetta di binari dismessi della stazione Cadorna, dove si potrà edificare fino a 100mila metri quadrati di superficie, e il carcere di San Vittore. Arenato il progetto della Cittadella della giustizia, che prevedeva il trasferimento a Porto di Mare del carcere e degli uffici del Tribunale, è difficile che San Vittore venga spostato. Ma se così fosse, nell’area di 65 mila metri quadrati dovrà nascere un parco di circa 13 mila metri.

[A NORD]

Uno degli ambiti di trasformazione più grandi di Milano è quello che comprende l’ex scalo Farini - qui si potranno costruire fino a un massimo di 650mila metri quadrati (di cui il 20 per cento di housing sociale) e sorgerà un grande parco grande il 65 per cento della superficie totale - e la Bovisa con il progetto del parco scientifico dedicato all’università e alla ricerca in attesa di realizzazione da anni. Sempre a Nord però potrebbero vedere nuove destinazioni d’uso le gallerie abbandonate della stazione Centrale tra via Sammartini e via Ferrante Aporti, le caserme di via Montello e via Messina, l’area di via Litta Modigliani e l’ex scalo di Greco.

[A OVEST]

Sulla direttiva che porta all’Expo - zona che fra qualche anno diventerà strategica - sono due gli ambiti di trasformazione che potrebbero cambiare il volto della periferia. Uno è via Stephenson, dove la maggior parte dei terreni è di proprietà di Salvatore Ligresti. Qui Masseroli ha immaginato una Défense in stile meneghino, con un indice di volumetria a 2,7 (il più alto di tutto il piano) per fare di questo luogo, oggi scollegato da tutto, un quartiere d’affari con 50 grattacieli. L’altro è Cascina Merlata, un’area di oltre un milione di metri quadrati che un domani potrebbe essere ben collegata al centro da una rete di infrastrutture che ne alzerebbero improvvisamente il valore di mercato.

[A SUD-EST]

Al di là dei terreni del Parco Sud su cui sarà vietato costruire ma che produrranno volumetrie da trasferire altrove, la zona a Sud comprende quattro scali ferroviari da ripensare (San Cristoforo, Romana, Rogoredo e Porta Genova) e l’area di Porto di Mare che conta un milione e 200 mila metri quadrati su cui potranno spuntare altri edifici. La parte Est invece vede due importanti ambiti di trasformazione di interesse pubblico: il Forlanini e Cascina Monluè, entrambi con un indice di edificabilità pari a 1.

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